STEFANIA SAPORA

        COGITO ergo SUM.....ergo DIGITO

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Recensione a Pantaleo Carabellese, Il problema teologico come filosofia, I ed. Tipografia del Senato, Roma, 1931, II ed. ESI, Napoli, 1994.

E' stata recentemente ristampata in edizione anestatica per i tipi della ESI di Napofi, nella collana delle Pubblicazioni dell'Università degli Studi di Perugia, una delle opere principali di Pantaleo Carabellese - Edoardo Mirri, che ha voluto la sua ristampa, la definisce il capolavoro di Carabellese -, quel Il problema teologico come filosofia che aveva già visto la luce nel 1931 tra le Pubblicazioni della Scuola di Filosofia della Reale Università di Roma, edita dalla Tipografia del Senato G. Bardi di Roma.

Come  Mirri ricorda  nell'Introduzione, l'opera, sebbene recensita da esponenti di rilievo della cultura italiana di allora come Spirito, Banfi, Mazzantini e altri, passò sostanzialmente inosservata e quasi nessuna eco  suscitò nel panorama filosofico italiano, diviso tra neo-idealismo e neo-scolastica, perché "inattuale" in senso forte, nietzscheiano.

Fin dal suo stesso titolo, infatti, Il problema teologico come filosofia richiama uno dei nodi problematici centrali di tutto il pensiero di Carabellese, quel rapporto originario, coessenziale, tra filosofia e teologia che, per i modi e i contenuti in cui egli articolava questo rapporto, rendeva la teologia cattolica dell'epoca sospettosa nei confronti della filosofia di Carabellese, accusato in particolare da Armando Carlini di ateismo per la sua rivoluzionaria tesi dell'inesistanza di Dio, cui poi accenneremo.

Già nel primo capitolo e' resa esplicita tutta la concezione che Carabellese dà della filosofia: non scienza tra le scienze, ma aristotelicamente filosofia prima, scienza unica e scienza per eccellenza che pone a suo oggetto l'oggetto implicito, non tematizzato, di tutte le scienze particolari, e pertanto l'oggetto fondamentale, l'essere: dunque metafisica.

Qui non può non inserirsi subito nel lettore più avveduto la considerazione che Carabellese rischia il ritorno a una metafisica dogmatica di tipo prekantiano, dal momento che la Critica sembra aver segnato la cesura tra due modi fondamentali di fare filosofia, quello che riteneva ancora possibile la filosofia come metafisica e quello che, a partire da Kant e dopo Kant, dichiara la metafisica come scienza dell'essere assolutamente bandita dal campo della filosofia perché avente ad oggetto l'inoggettivabile e l'inconoscibile. Ma qui si inserisce l'interpretazione estremamente originale che Carabellese dà di Kant e della sua Critica,  non solo  in quest'opera, ma anche in altri approfonditi studi su Kant, che ne fanno uno degli interpreti e dei propagatori della filosofia kantiana in Italia nei primi decenni di questo secolo. Numerose sono  infatti le sue  traduzioni e introduzioni a  opere kantiane (come gli Scritti minori, editi nel 1923 e poi riediti a cura di Rosario Assunto e Rudolf Hoehnemser col titolo di Scritti precritici  nel 1953, o i Prolegomeni ad ogni futura metafisica del 1915, o  la Fondazione della metafisica dei costumi del 1936), così come le sue opere critiche sulla filosofia kantiana, (La filosofia dell'esistenza in Kant, edito postumo dalle dispense universitarie degli AA.AA. dal 1940 al '43 con una nota introduttiva di Giuseppe Semerari  nel 1969, oppure La filosofia di Kant. I L'idea teologica, unico dei quattro volumi progettati uscito nel 1927, Il concetto della filosofia da Kant ai nostri giorni I. Kant del 1928,  Il problema della filosofia da Kant a Fichte (1781-1801), edito  nel 1929, e infine Il problema della filosofia in Kant. Guida allo studio dei Prolegomeni del 1938). Studi tutti tesi a vedere in Kant non colui il quale intende negare la possibilità di una metafisica come scienza dell'essere, ma colui che, di fronte al proliferare di innumerevoli metafisiche in contrasto tra loro, intende negare la validità delle metafisiche che storicamente si sono date per stabilire i criteri secondo i quali può nascere una nuova metafisica come scienza, per analizzarne le condizioni di possibilità. La Critica è allora agli occhi di Carabellese non la negazione della metafisica tout court, ma la negazione della metafisica così come si è data, e nel contempo la via per una nuova metafisica, critica in quanto accorta della lezione kantiana. Questa nuova metafisica, la cui via Kant ha aperto ma che, pur  rimasta nei suoi pensieri  sino alla morte, ha costituito il suo sforzo inconcluso perché Carabellese ritiene che la Critica non ha risolto il problema che Kant si era proposto, Carabellese vuol riprendere lì dove Kant l'ha lasciata: nel concetto di cosa in se' o essere, inconoscibile sì dall'intelletto, ma appartenente come noumeno alla coscienza.

In questo senso la filosofia, la cui "divina inutilità" - Carabellese ribalta qui in senso positivo la feroce accusa mossagli di Croce di "inconcludenza sublime" - rispetto alle finalità del vivere quotidiano da cui traggono alimento le altre scienze e' sancita dal suo "oggetto esterno", l'essere - famosa la distinzione carabellesiana tra "problema interno" della filosofia, cioè problema della sua stessa possibilità, e "problema esterno" della filosofia,  ossia problema dell'essere come problema che la qualifica nella sua specificità e imprescindibilità - la filosofia, dicevo, "o e' anche metafisica, o non e'", come afferma perentoriamente Carabellese proprio all'inizio dell'opera.

Ma dire che la filosofia ha a suo problema l'essere significa farle incontro la teologia come sapere dell'essere sommo e assoluto, Dio. Ecco perché' Il problema teologico come filosofia: dal momento che Carabellese in qualche punto del suo filosofare sembra identificare l'essere  con Dio (sebbene non inteso secondo i canoni della tradizione teologica), oggetto della filosofia e oggetto della teologia vengono da un lato a coincidere, dall'altro a scontrarsi quanto ai modi in cui questo stesso oggetto viene inteso.

Infatti, e qui si inserisce la sopra ricordata polemica sull'ateismo con Carlini, nonché uno dei motivi principali della presa di distanza della cultura cattolica dalla sua filosofia, Dio è per Carabellese inesistente.    Questa può essere considerata la tesi teoreticamente centrale della profonda critica carabellesiana al Cristianesimo e a tutte le religioni positive, una tesi che sottendeva il rifiuto di antropomorfizzare Dio, renqendolo ente finito tra enti finiti. Dio infatti per Carabellese non può essere il tu che si pone e si oppone nel rapporto con il credente all'io - tema questo che anticipa problemi che saranno poi affrontati dalla "nuova teologia" e che e' in singolare consonanza con la filosofia della religione di Karl Jaspers -, e non può essere nemmeno quell'"altro", l'assolutamente altro lontano dai soggetti finiti, perché l'alterità è invece per Carabellese caratteristica della finitezza in quanto omogeneità di simili che si richiedono, appunto, l'un l'altro reciprocamente.

E bisognerebbe aggiungere che un'altra causa probabile dell'ostracismo cui la cultura cattolica a lui coeva, e in particolare neo-scolastica,  sottopose Carabellese fu che, pur nella sua modernità, la sua concezione  di Dio, che qui non e' possibile approfondire, lo espone a più d'un rischio di panteismo, proprio per i confini non sempre nettamente tracciabili, come si è accennato, tra il suo concetto di essere e quello di Dio.

Altro motivo di quella che si può definire una solitudine di Carabellese rispetto alle correnti filosofiche della sua epoca  è certamente quello della definizione carabellesiana de Dio come Oggetto, per quanto puro: Mirri nell'Introduzione mette l'accento su questa "inadeguatezza del linguaggio usato" da Carabellese rispetto all'altezza della sua speculazione, linguaggio spesso ostico e definitorio, raramente discorsivo, e che nel caso specifico di Dio come Oggetto puro contrapposto ai soggetti che lo hanno quale loro oggetto di coscienza immanente, incorre nel pericolo di far travisare in modo riduttivamente gnoseologistico un rapporto peraltro molto più profondo che Carabellese istituisce tra Dio e i soggetti. Dio non e', o meglio non e' soltanto, l'oggetto esplicito, consaputo dai soggetti e dunque fondante la loro comunita', che si pone in ciò come  comunità dei credenti, ma è più profondamente l'oggetto immanente e implicito che fonda la comunità non dei soli credenti, ma dei pensanti in generale, dunque degli uomini.

Ma ancora di più, poiché Carabellese, opponendosi a quello che lui definisce umanismo antrooocentrico, considera essere non la coscienza appartenente all'uomo, ma l'uomo alla coscienza, questa comunità' si estende anche oltre i confini della comunità umana che racchiude i pensanti intesi come uomini, per abbracciare appunto tutto l'essere. In questo senso, che potremmo dire francescano di intendere l'essere, Dio e' Oggetto puro nel senso che e' la coscienza omnipervasiva  insita in ogni determinazione dell'essere, e che sostiene l'essere nel senso che, ci si scusi dl bisticcio, fa essere l'essere essere, ossia che lo rende positivo e lo sorregge nella durata della sua positività.

E in questo senso ancora, la domanda metafisica fondamentale - Perché c'e' l'essere invece che il nulla - secondo Carabellese si allontana dal significato riguardante l'origine dell'essere, che peraltro ormai è uscito dall'ambito della metafisica per rivenire quesito di stretta pertinenza scientifica, per incentrarsi sul significato, questo sì ancora metafisico, di identità dell'essere con se stesso pur nella continuità temporale, o anche di conservazione dell'essere all'esistenza. Il tema dell'esistenza è un altro dei temi fondamentali di Carabellese: è il tema della pcsitività dell'essere, che riguarda quindi non più l'essere in sé, il soprasensibile, ma l'essere nelle sue determinazioni, quindi l'essere in altro, come Carabellese dice riprendendo una definizione spinoziana. E' in questo senso che Dio non esiste, come Carabellese chiarisce nell'ultimo capitolo dell'opera, che la conclude come anello finale del circolo argomentativo racchiuso nel titolo stesso: e Dio non appartiene l'esistenza percshé l'esistenza è propria dell'essere in altro, dell'essere finito, che mentre si contrappone come esistente agli altri esistenti, pure è omogeneo a loro in quanto esistente tra altri esistenti.

Stefania Sàpora

 

 

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