STEFANIA SAPORA COGITO ergo SUM.....ergo DIGITO |
Tesi di Laurea Le forme dell’oggettivazione La dimensione epistemologica nella filosofia di Georg Simmel Di Stefania Sàpora Parte 1 (fino a cap. 4 incluso) e 2
Indice
Indice...........................................................p.1
Premessa......................................................p.7
Introduzione.
La filosofia come critica della conoscenza e
il suo rapporto con le altre scienze.............p.17
Capitolo primo.
Il ruolo
dell'apriori
nella conoscenza...................................................p.25
1.1
Il concetto di apriori in
Georg Simmel
e il
suo
rapporto con l'apriori
kantiano…..................p.25
1.2 Il concetto di
apriori in Georg
Simmel e
il suo rapporto con
Cassirer…............................p.31
1.3 La relativizzazione
dell'apriori e
l'oggettività della conoscenza....................................p.34
1.4 La storicità dell'apriori......................p.38
oggetto................................p.35
Note al capitolo primo.
..........................p.49
Capitolo secondo.
L'oggettivazione come
processo: il rapporto soggetto-oggetto......................p.52
2.1 La rappresentazione come
forma fondamentale
del rapporto dell'uomo col mondo.............p.52
2.2 Differenziazione e
interrelazione nella fondazione
di soggetto e oggetto.............................p.57
2.3 Il rapporto
essere e
pensiero: l'oggettivazione
come astrazione.........................p.60
forma…...........................................p.69
2.6 Il senso
della conoscenza come
oggettivazione.............................p.76 2.7 Il fenomeno
come costruzione
gnoseologica plurale.....................................................p.79
Note al capitolo secondo............................p.89
Capitolo terzo.
L'oggettivazione come
categoria costitutiva del terzo mondo........................p.93
3.1
Essere e
valore
come modi
della rappresentazione...........................p.93
3.2 La costituzione
di un
terzo mondo
di rappresentazioni oggettive.................p.100
3.3 Il dualismo
tra essere e
valore: essere e valore
come mondi della rappresentazione......p.110
3.4 Essere e valore come criteri di valutazione. Il lato delle
idee:il giudizio e
il terzo mondo dei
contenuti ideali.............p.116
3.5 Il
superamento del dualismo dal
lato del soggetto: il
concetto di
anima o
Individuum
metafisico ............................................................p.130 3.6 Il
superamento del dualismo dal
lato dell'oggetto: la connessione tra terminus a quo e terminus ad quem
...................................................................p.136
3.7 Essere e valore come
criteri di rappresentazione e criteri di
valutazione dei fenomeni
per la costituzione del mondo
dell'essere e del mondo del valore..........................................................p.141
Note al capitolo terzo……...........................p.145 Capitolo quarto.
L'oggettivazione dei contenuti logici del pensiero……........................................p.151
4.1 Il rapporto tra
scienza e
senso comune e
il prospettivismo della verità……………...................p.151
4.2 La verità dal
punto di
vista della singola Rappresentazione……………...............................p.157
4.3 Il concetto coma forma........................p.162 4.4 La forma come universale concreto........p.166
4.5
Il fenomeno,
punto di
incrocio di innumerevoli linee
interpretative………………...........................p.171
4.6 Il passaggio
dalla sostanza
alla funzione ...................................................................p.175
4.7 Il significato della funzione come valore: l'essere per il soggetto...............................................p.177
4.8 Il significato
della funzione come rapporto: il concetto come forma di unione delle rappresentazioni La forma-funzione..........................................p.179
4.9 Il rapporto tra concetto e idea: la connessione tra intelletto e volontà nella conoscenza.................p.183
4.10 Il rapporto tra
concetto e legge: la legge
come forma del
rapporto tra
le rappresentazioni ....................................................................p.186
4.11 La verità
come rapporto
tra le
singole rappresentazioni che
formano un
sistema di conoscenza. Verità della singola rappresentazione e verità del sistema: il rapporto
tra il
singolo contenuto di conoscenza e il sistema……...........p.191 5.1 Oggettivazione dei
valori: il
rapporto fra
la conoscenza come
oggettivazione dell'essere
e la conoscenza come forma
di oggettivazione del valore ...................................................................p.
forma come ponte tra soggetti.................p.
5.3 La forma culturale come valore.................p.
5.4 Il problema
del livello della riflessione sul tema vita-forme: la distinzione tra Leben e Erleben, tra rapporto e contrasto, tra metafisica e psicologia.. ............................................................................p.231
5.5 Conclusioni: inversione
di lettura
dal Simmel epistemologo al Simmel metafisico............................p.237
Note al capitolo quinto...................................p.2
Bibliografia................................................................p.2
Premessa
Il tentativo di questa tesi è quello
di rintracciare, attraverso la multiforme produzione
simmeliana, e con particolare riferimento alla Filosofia del denaro,
una teoria della conoscenza di Simmel a partire dalle riflessioni che
con asistematicità (1) egli ha inserito in scritti finalizzati ad
altre tematiche. Nel pormi
questo obiettivo, più di una volta mi è
sembrato legittimo interpretare e traslare sul piano più
propriamente gnoseologico ed epistemologico osservazioni e
teorizzazioni dell'Autore che, almeno non esplicitamente (2), non vi
facevano riferimento. Il metodo che ho tentato di applicare è stato
quindi quello di una meta-riflessione, di un meta-lavoro sulle
categorie epistemologiche che Simmel usa in argomentazioni non sempre
epistemologiche. Di Simmel, infatti, pur nella produzione vastissima di temi e di
opere, non abbiamo
alcuna elaborazione
sistematica di una teoria della conoscenza, che ciononostante ha il
pregio di essere estremamente ricca di prospettive e di spunti
nell'ottica di una moderna filosofia della scienza, e che si inserisce
a pieno titolo in quel generale movimento di rinnovamento e di
distacco dai grandi sistemi idealistici che ha caratterizzato la
cultura filosofica mitteleuropea a cavallo tra Otto e Novecento. E' forse questa mancanza di uno studio monograficamente concepito e
di una riflessione sull'epistemologia linearmente esposta dall'Autore
il motivo della lacuna (3) che si riscontra al livello di
bibliografia critico-teorica su questo tema che pure, come si
vedrà, emerge in Simmel con evidenza se non con prepotenza,
nonostante la frammentarietà che lo caratterizza. Di
Simmel si conoscono in Italia soprattutto gli scritti sociologici, che
hanno contribuito nell'ambito della cultura filosofica a relegarlo in
un ruolo di secondo piano - rispetto ad un contributo più solido e
decisivo che la sua produzione scientifica pure presenta -
specialmente per il riguardo in cui sino a non molto tempo
fa erano
tenute nel nostro Paese le scienze O viceversa vi è noto il Simmel metafisico della Intuizione
della vita, votato però a un rapido oblio
in Italia dopo gli anzi '50, come residuo di un atteggiamento
che la cultura post-bellica sconvolta da quegli orrori non esitò ad
allontanare da sé col marchio dell'irrazionalismo (4). Tant'è che
proprio questo testo, nel quale comunque si possono individuare tracce
di un Simmel epistemologo, come vedremo, è tuttora ancorato a una
vecchia traduzione italiana risalente al 1938 e tra l'altro pressoché
introvabile. Il giro d'orizzonte, vasto, all'interno del quale si collocano
queste pagine è dunque quello del problema epistemologico della
possibilità della conoscenza e, quindi, della scienza. La prospettiva adottata è quella di un relativismo che rivede i
tradizionali concetti di oggetto e di soggetto, di verità e di
oggettività, alla luce della categoria di funzione, che in questo taglio diviene centrale appunto per il
suo carattere aperto che riempie quei concetti di contenuti mai
definibili a priori, ma sempre a
partire dall'interrelazione
dei loro
campi di Si chiarisce dunque come, con la centralità assunta dal concetto
di funzione, il ricorso a Georg Simmel si imponga per l'importanza che
riveste nel dibattito culturale che ha condotto al rinnovamento del
problema che qui ci interessa. Un lavoro minimamente esaustivo su questo tema avrebbe dovuto
prendere in considerazione molti altri autori che nel volgere del
nostro secolo hanno contribuito alla crescita della riflessione non
solo epistemologica nella direzione di un'autoconsapevolezza della
storicità intrinseca delle categorie e delle prospettive della
conoscenza. Autori che nel loro insieme costituiscono gli anelli per
un'ideale prosecuzione di questo lavoro, necessari per ricostruire un
quadro appena esauriente dell'orizzonte ideologico nel quale noi tutti
ancor oggi siamo immersi, ma che pure nella coscienza comune non è
penetrato in modo gravido di conseguenze, come invece è, o meglio
dovrebbe essere, nel loro più profondo senso, delle acquisizioni
culturali. Alla definizione di questo
quadro sarebbe altresì importante far contribuire
l'analisi epistemologica
del pensiero di
autori e di settori di studio non specificatamente filosofici, o che
con la filosofia hanno intrattenuto rapporti solo marginali, quando
non addirittura l'analisi epistemologica dell'apparato metodologico di
studiosi gravitanti nell'ambito delle scienze naturali (5). In
quest'ideale prosecuzione del lavoro è implicita infatti la
convinzione che un vasto movimento culturale sotterraneo, le cui
implicazioni vanno ben al di là della consapevolezza situazionale di
alcuni autori e di alcuni lavori, ha investito il vecchio continente
segnando quella profonda frattura tra Otto e Novecento che la
coscienza comune non ha ancor oggi gli strumenti per elevare a nuova
sintesi. Ed è altresì implicito il tentativo, forse destinato a
rimanere incompiuto perché centrato su di un processo di
autoriflessione ancora in fieri, di ricostruire di questo movimento,
con un taglio filosofico, i fili dispersi anche oltre il campo
specificamente filosofico. La gratuità di un tale impegno, qualora fosse assolto, mi sembra
nulla, come e' forse potuto emergere dalle considerazioni poco sopra
sviluppate: le implicazioni morali lo inserirebbero a pieno titolo nel
quadro della riflessione sulla crisi dei valori e della generale
ricerca di certezze. Il suo contributo potrebbe allora esser quello di
una certezza dell'incertezza, se ci si lascia passare il gioco, ossia
di un'assunzione consapevole (6) e dunque fondante dell'incertezza, di
un rivolgimento positivo del suo senso ultimo. La mole di un lavoro di tal fatta, e la necessità di una
riflessione che spero impostata scientificamente, hanno richiesto una
drastica riduzione delle ambizioni e quindi dell'ambito di ricerca
effettivamente affrontato in questa sede, del quale si sono comunque
volute indicare fui alcune delle possibili linee di sviluppo.
Venendo ora, prima di entrare nel merito del lavoro, ad alcune
considerazioni preliminari, vorrei anticipare che il riferimento
costante di Simmel non poteva che essere, in tale prospettiva, Kant,
anche al di là dell'opera a lui espressamente dedicata in seguito al
ciclo di lezioni tenute all'Università di Berlino nell'anno
accademico 1902-1903 (7), tenendo conto che il suo ininterrotto
interesse risaliva all'epoca della tesi di laurea, discussa nel 1881.
E l'orizzonte fornitogli dai neokantiani sembra servirgli più
per mettere a fuoco le differenze che lo caratterizzano rispetto a
questa corrente filosofica che per stabilire dei
punti ei contatto. Questi ultimi invece, anche se come
d'abitudine non trovano conferme nelle note o in riferimenti
bibliografici, possono forse essere rintracciati, come si tenterà di
dimostrare, in alcune importanti problematiche di Ernst Cassirer e di
Karl Popper, relative per il primo, alla trattazione dei concetti di
sostanza e di funzione da un lato
e di simbolo dall'altro e per il secondo, alla concezione della
conoscenza e alla teoria del terzo mondo. 1: La definizione di Simmel come filosofo asistematico, o
"filosofo dell'impressionismo", pienamente inserito in
questa corrente culturale, appartiene a Lukacs. Cfr. Lukacs G.,
"Ricordo di Simmel", in Arte e Civiltà, ISEDI,
Milano, 1976, pp.117-122. Dino Formaggio la contesta suggerendo di
sostituirvi semmai l'espressionismo, che come stile di un'epoca
richiama molto più ha vicino il carattere tragico e contraddittorio
proprio della filosofia simmeliana. Cfr.
Formaggio D., Introduzione a Simmel G., Arte e civiltà
cit., pp.4 sgg.
2: Nell'opera simmeliana i riferimenti bibliografici sono
scarsissimi per non dire nulli, mentre vi si possono individuare
libere rielaborazioni e rimandi al pensiero di altri filosofi,
richiamati a volte sulla semplice base di pure analogie tematiche o di
contrasti. In un passo dell'Introduzione che Simmel scrive al
suo I problemi fondamentali della filosofia, ILI, Milano, 1972,
p.36, passo che inoltre mi conforta su una possibile legittimità dei
paralleli e dei richiami da me esperiti al
pensiero di filosofi a volte lontanissimi dall'Autore, vi è
forse una spiegazione di quest'atteggiamento. Riferendosi a un certo
tipo di riflessione filosofica come ricerca originale, Simmel
considera il "[...] filosofo
[colui] che cerca una propria soluzione [...]. Il suo scopo allora non
e' affatto di indole storica, ma concretamente speculativa; cioè il
problema non ha per lui valore solo perché Platone od Hegel lo
abbiano discusso, ma, al contrario, Platone ed Hegel hanno valore per
lui solo in quanto essi hanno discusso il problema. Perciò, nella
corrente del suo pensiero le loro dottrine affioreranno solo come onde
di forma particolare, senza infrangerne la continuità col porsi come
fini a se stesse. [...] In tal modo il proprio movimento spirituale
segnerà i contorni del pensiero tradizionale e potrà infondersi in
esso, che senza tale trasfusione e consentimento rimarrebbe, nel suo
fondo, inaccessibile." 3: Recentemente sono però uscite alcune pubblicazioni che trattano
dell'argomento: Boella L., Dietro il paesaggio, Unicopli,
Milano, 1989; Nedelmann B., ""Psychologismus" oder
Soziologie der Emotionen? Max Webers Kritik an der Soziologie Georg
Simmels", in Rammstedt O., Simmel und die fruhen Soziologen.
Nahe une Distanz zu Durkheim, Tonnies und Max Weber, Suhrkamp, 4: Simmel G., Intuizione della vita. Quattro capitoli metafisici,
Milano, Bompiani, 1938.
5: Un itinerario trasversale di questo tipo è rappresentato dal
lavoro di Valerio Tonini, La scienza dell'uomo dalla psicoanalisi
alla cibernetica, Vallecchi, Firenze, 1968, cit. in Carlo
Mongardini, Introduzione a Simmel G., Il conflitto della
cultura moderna, Bulzoni, Roma, 1976, p.VII n.2, che ne riprende
la definizione del 1900 come "anno zero" dal punto di vista
culturale.
6: Banfi, che considerava Simmel filosofo della crisi,
parla di assumere la crisi con consapevole decisione teoretica.
Cfr. Banfi A., "Il relativismo critico e l'intuizione filosofica
della vita nel pensiero di Georg Simmel", in Simmel G., I
problemi fondamentali della filosofia cit. Alla crisi
Banfi, secondo l'interpretazione
di Formaggio, attribuisce il valore positivo di possibilità
liberatoria per lo spirito verso un
più alto
senso della cultura. Riprenderemo questi temi nell'ultimo
capitolo. 7: Simmel G., Kant. 16 lezioni tenute all'Università diBerlino,
Milano, Unicopli, 1987.
Introduzione
La filosofia come critica della conoscenza e il suo rapporto con le
altre scienze.
Affrontare un discorso sulla concezione simmeliana dello conoscenza
vuol dire prima di
tutto chiarire il significato che riveste in lui il concetto di
conoscenza e indicare quale scienza
debba indagarne il campo e i problemi che in esso si presentano. E'
infatti a partire dall'individuazione di tale scienza, e
dall'indicazione dei rapporti che essa intrattiene con le altre
scienze, che può venire in luce il significato che Simmel attribuisce
alla conoscenza. Su quale sia questa scienza che per Simmel ha il
compito di occuparsi della riflessione sulla conoscenza non sembrano
esserci dubbi. Dice infatti espressamente l'Autore: "I
presupposti della conoscenza in generale [...] evocano la presenza di
una scienza di natura più fondamentale il cui scopo, collocato
all'infinito, consiste nel pensare senza presupposti, scopo che la
singola scienza si nega di raggiungere
in quanto
non può fare alcun passo senza verifiche, quindi senza
presupposti di natura sostanziale o di metodo. Anche la filosofia, però,
che pure fa di questi presupposti il proprio oggetto di studio e di
ricerca, non può trascenderli completamente. Qui si colloca il punto
di volta in volta finale della conoscenza [che] non è mai determinato
in modo definitivo." (1) Come si deduce da questo brano, la filosofia ha per Simmel anche
una direzione innegabilmente epistemologica: essa e' quella scienza
che indaga i presupposti della conoscenza in generale. Al contrario
delle altre scienze, che di questi presupposti si servono nelle loro
ricerche, la filosofia fa di essi il proprio oggetto di studio. Di
conseguenza, essa ha come suo principio la necessità di individuare
questi presupposti e di sottoporli al vaglio della critica
(2) anche e soprattutto quando
essi vengono assunti come
tacito apparato metodologico nelle teorizzazioni scientifiche. La filosofia è dunque quella scienza che nella sua espressione più
pura si configura come critica della conoscenza.
Nel pensiero
di Simmel
si potrebbe
intravvedere però una tacita attenzione a non identificare tout
court filosofia ed epistemologia: l'una comprenderebbe
l'altra, ma in essa non si esaurirebbe completamente. Se quest'interpretazione è corretta, la delimitazione del campo più
proprio della filosofia a pura epistemologia, a critica della
conoscenza, la pone su di
un piano diverso rispetto alle altre scienze: scienza fondamentale che
in questa ricerca degli apriori della conoscenza e dunque della
scienza deve continuamente sottoporre i suoi stessi principi alla
critica della ragione in un processo infinito che tende ad un
irraggiungibile pensiero senza apriori. Solo per quanto riguarda la
sua quota epistemologica la filosofia si distacca dalle altre scienze
ed è ad esse superiore, mentre per tutta la restante parte, la
filosofia rientra a pieno titolo nella conoscenza di cui come
epistemologia deve indagare i presupposti. Si stabilisce quindi un
circolo tra filosofia come epistemologia e filosofia come scienza:
questa comprende quella ma e' a sua volta da quella sottoposta ad
analisi. E' un problema di
campi e di piani, se volessimo visualizzare simbolicamente questo multiforme rapporto tra le diverse scienze:
la filosofia come epistemologia e' un campo a sé all'interno del più
vasto campo della scienza filosofica tout court, e di quello
ancor più vasto della scienza in generale,
e lo è e lo può essere in quanto si colloca su un piano
qualitativamente diverso rispetto ad esse, diverso perché il suo
oggetto tematico risulta l'autocritica dei principi, non la ricerca
nel campo del fenomenico. Riguardo a questo rapporto tra la filosofia come critica della
conoscenza e la scienza in generale, si potrebbe stabilire un
confronto tra la concezione simmeliana e quella di Ernst Cassirer.
Cassirer, infatti, come Simmel si è occupato
di critica della conoscenza all'interno del medesimo orizzonte
kantiano e come Simmel ha inteso relativizzare e funzionalizzare la
conoscenza stessa. Ma a differenza di Simmel, ne ha affrontato in modo
sistematico il tema, fornendo in questo campo importanti contributi di
carattere sia storico che metodologico (3). Cassirer mi sembra
importante per il discorso che stiamo conducendo perché sonda con una
notevole strumentazione non
solo metodologica
ma anche più propriamente tecnica il campo delle scienze esatte. I
suoi lavori dunque appaiono come l'opera di una figura originale,
quella del filosofo-scienziato, che attraverso la padronanza del
sapere teorico delle scienze esatte ne ricostruisce da storico il
cammino all'interno del corso della cultura europea mettendone in
rilievo con una metodologia filosofica le acquisizioni teoriche come
altrettante tappe dell'interpretazione della visione del mondo. Dunque
a me sembra che a
proposito di questo rapporto tra filosofia come critica della
conoscenza e scienza in generale si possa infatti rilevare che una
stessa concezione di fondo sia comune anche a Cassirer, quando,
riferendosi in particolare alle scienze empiriche, dice:
"Certamente il vivo e diretto lavoro della ricerca si trova fin
da principio in un punto di vista diverso e intende il problema, per
così dire, da un lato diverso da quello della considerazione
puramente gnoseologica. Ciò a cui esso guarda e a cui rivolge il suo
interesse sono i nuovi campi di fenomeni che si tratta di scoprire,
mentre può prendere i fatti noti come un patrimonio
acquisito che, come
tale, non ha bisogno di
ulteerioanalisi.
[...] solo così, infatti, essa [scienza] si procura la possibilità
di spostare in un altro punto il campo del problematico [...]. La passività
che la scienza fissa nei singoli punti è quindi un elemento della sua
stessa attività. [...] Tuttavia l'autodeterminazione critica
del pensiero, sebbene riconosca questo [...] come indispensabile
per determinati fini della conoscenza, lo deve tuttavia scomporre di
nuovo [...]. Le due direzioni non si possono mai unire in modo
diretto: le condizioni della produzione scientifica sono
diverse da quelle della riflessione critica. [...] Tuttavia i
due punti di vista e anche il cosciente cambiamento nel modo di
considerar le cose sono necessari per giudicare la conoscenza come
totalità nei motivi del suo progresso, nonché nelle permanenti
condizioni logiche del suo sussistere." (4) A Cassirer e a Simmel la filosofia appare dunque come quella
scienza che non si occupa del campo del fenomenico, ma della
riflessione critica sui presupposti che tutte le scienze che su questo
campo esercitano la loro giurisdizione implicitamente assumono per
poterne allargare la conoscenza. Da queste brevi note sulla scienza che secondo il nostro Autore
deve occuparsi di indagare il campo della conoscenza, possiamo
già delineare una sua prima concezione della conoscenza: essa
non può procedere se non muovendo da quegli apriori che la filosofia
ha come scopo di indagare e di espungere. Una riflessione approfondita
sul ruolo che Simmel attribuisce agli apriori nella conoscenza è ciò
che tenteremo nel primo capitolo.
Note
all'introduzione
1: Simmel G., Filosofia del denaro, Utet, Torino, 1984,
p.85.
2: Simmel dice altrove che il compito della filosofia è in
sostanza di legittimare i presupposti della conoscenza, trasponendoli
dunque dal piano dell'effettualità empirica a quello della validità
di diritto: in altre parole operando un passaggio dalla quaestio
facti alla quaestio juris. Cfr. Simmel G., I problemi
fondamentali della filosofia cit., p.37 sg.
3: Faccio riferimento in particolare alle opere di Cassirer E., Storia
della filosofia moderna, Einaudi, Torino, 1978, voll.I-IV, e Idem,
Sostanza e funzione, 4: Cassirer E., Sostanza e funzione cit., p.281 sg. Ho di
proposito espunto dalla citazione i referenti precisi cui l'Autore si
rifà quando parla di fatti noti, di passività della scienza, di
scomposizione da parte della riflessione critica. L'imprecisione non
appaia come un tentativo di distorsione del pensiero di Cassirer, ma
si colga come necessaria limitazione, al livello del discorso in cui
ci muoviamo, dei problemi da affrontare. Al di là della ricchezza di
queste frasi, il loro significato qui per noi deve servire solo a
elucidare la sostanziale convergenza tra Cassirer e Simmel rispetto al
ruolo della critica della conoscenza nell'ambito della scienza.
capitolo primo
Il ruolo dell'apriori nella conoscenza
1.1 Il concetto di apriori in Georg Simmel e il suo rapporto con
l'apriori kantiano.
La chiarificazione di quale scienza secondo Simmel si occupi
dell'indagine sulla conoscenza ci ha indirettamente anche fornito la
possibilità di individuare in Simmel una prima concezione della
conoscenza. La necessità degli apriori nella conoscenza è venuta
alla luce in rapporto
dialettico con la scienza che deve indagarne il campo. Necessità degli apriori - nella conoscenza - e necessità del loro
superamento - nella filosofia - : tra questi due poli, apparentemente
contraddittori, si muove il pensiero umano. Il senso della prima nscessità è quello metafisico che attiene
alla struttura costitutiva del soggetto, una necessità dunque
ontologicamente fondata nella natura stessa del pensiero, un limite.
Il senso della
seconda
necessita'
e' inveca quello di un compito che
si pone al pensiero stesso: oltrepassarsi oltrepassando il limite. Questa continua
dialettica tra compito e limite illumina sul significato che l'apriori
riveste in Simmel e sul suo rapporto con l'apriori kantiano (1). Emerge infatti con chiarezza che il progredire della conoscenza,
che ne costituisce lo scopo e il senso ultimi, necessita di un doppio
fondamento, l'uno relativo alla possibilità stessa della
conoscenza, l'altro relativo alla possibilità di un superamento,
anche se all'infinito, dell'apriori. Perché la conoscenza sia possibile è necessaria una distinzione
intrinseca alla conoscenza stessa tra la sua forma e il suo contenuto,
cioè tra il come della conoscenza e il suo contenuto materiale. Sin
qui siamo ancora interni all'orizzonte kantiano: la conoscenza è dar
forma attraverso spazio tempo e categorie al materiale sensibile. Ma esaminiamo ora la possibilità - indicata da Simmel, come
abbiamo visto dal passo citato nell'Introduzione, quale
compito della
critica della conoscenza -
di un E' questo il punto nel quale la concezione simmeliana della
conoscenza sembra allontanarsi da quella kantiana. Infatti, se Simmel riconosce a Kant il merito di aver
definitivamente posto in rilievo con l'apriori la necessità nella
conoscenza di certe forme proprie del pensiero che ne condizionano il
contenuto (2), pure riconosce a queste stesse forme un carattere
provvisorio, quando esplicitamente distingue tra l'apriori in generale
e il singolo apriori: "Da Kant in poi sappiamo che ogni
esperienza deve mostrare [...] certe forme che sono proprie della
mente e per mezzo delle quali ogni dato viene configurato come
conoscenza. [...] Alla sicurezza, che ci debbano essere forme di tal
genere, non corrisponde una sicurezza altrettanto grande
quando
ci si chiede quali esse siano. Molto di ciò che era stato ritenuto a
priori un tempo, è stato riconosciuto più tardi come empirico e
storico. Se quindi da un lato abbiamo il compito di cercare in ogni
fenomeno [...] le forme a priori [...], dall'altro vige il
principio che si deve ricondurre ogni singolo a priori (ma non
l'a priori in generale) alla sua origine genetica
nell'esperienza." (3). A me sembra
di poter interpretare tale
distinzione simmeliana tra apriori in generale e singolo apriori come
distinzione tra l'esistenza e la forma dell'apriori, la prima
necessaria e universale, la seconda soggetta anch'essa, come il
contenuto della conoscenza, al divenire storico. Simmel traspone dunque la
necessità e l'immutabilità che Kant attribuisce all'apriori dal
piano della forma a quello dell'esistenza: per Kant le forme
dell'apriori sono immutabili ed eterne, per Simmel è solo l'apriori
nella sua esistenza ad esserlo, mentre la sua forma è
storica così come il contenuto della conoscenza che l'apriori
stesso consente. La trascendentalità dell'apriori è da Simmel
limitata alla sua sola esistenza. Tornando ora al problema del doppio fondamento della conoscenza,
diviene comprensibile come solo un'impostazione quale quella
simmeliana, che riconosce la storicità degli apriori (4), dà alla
conoscenza il suo carattere più proprio di progresso infinito. Questo
perché solo quando illimitatezza e storicità attengono
non soltanto al contenuto
della conoscenza, ma anche alle sue forme, è possibile un reale
progresso di continua recisione sia dei contenuti sia degli strumenti
della conoscenza. Kant, dice Simmel, ha garantito l'illimitatezza
della conoscenza dal solo lato della materia del conoscere, ma non
anche dal lato della forma: "Il mondo che si offre alla nostra
esperienza sensibile non è certamente un sistema [...] e la sua
conoscenza va all'infinito. Ma lo spirito, la cui interna struttura è
circoscritta, costituisce un'unità sistematica e in sé conclusa.
[...] La genialità di questa soluzione ci mostra un Kant del tutto
all'altezza della sua posizione nella storia dello spirito [...]
Tuttavia noi oggi non
accetteremmo questa soluzione. La chiusura sistematica, anche se
limitata allo spirito, è ancora troppo per noi; noi crediamo di dover
trascinare anche quest'ultimo nel fiume dell'evoluzione." (5) Se
lo sguardo si innalza al di sopra delle contrapposizioni e delle
contraddizioni interne alla conoscenza, e le considera non come
principi assoluti ma nel loro valore di metodi che in quanto tali
rinunciano a ogni pretesa di esclusività, dalla contrapposizione
nasce una feconda interazione reciproca che fa progredire la
conoscenza all'infinito, in quanto il suo limite non e' mai a priori
individuabile (6). "Pertanto i metodi conoscitivi possono essere
soltanto soggettivi e euristici [...] noi stessi non possiamo mai
sapere [...] se siamo realmente arrivati all'ultima istanza, oppure se
siamo ancora in cammino verso un'istanza ancora più generale e più
profonda [...]." (7). La possibilità della conoscenza nel suo
senso più profonda riceve il proprio fondamento solo quando la
relatività non riguarda più soltanto i suoi contenuti, ma anche i
suoi apriori (8). Il cammino della conoscenza non è un progresso
lineare privo di contraddizioni e di problemi - un puro estendersi
dei campi che via via entrano nella considerazione scientifica - : è
invece un cammino nel quale alle battute d'arresto costituite
dall'attrito tra
diverse
teorse e impostazioni scientifiche sono seguiti dei veri e propri
salti consistenti nella revisione non di singoli contenuti ma dei
presupposti fondamentali, dell'intero sistema della scienza
(9). E' questa la più probante dimostrazione della storicità degli
stessi apriori della conoscenza: non si tratta qui di un continuum,
ma di un discretum conoscitivo.
1.2 Il concetto di apriori in Georg Simmel e il suo rapporto con
Cassirer
Queste conclusioni, che in Simmel non sono tirate esplicitamente,
ma solo ipotizzabili a partire dall'impostazione della sua concezione
della conoscenza, trovano invece una chiara e inequivoca espressione
in Cassirer, che appunto tematizzò i propri interessi gnoseologici:
"Neppure questi principi fondamentali [...] possono avere per noi
il valore di dogmi assolutamente immutabili, bensì vanno considerati
come le ipotesi ideali più semplici in un determinato momento,
mediante le quali noi fondiamo l'unità dell'esperienza.
Noi non ci allontaniamo dal contenuto di tali ipotesi finché
una variazione di minor portata, concernente cioè un elemento dedotto,
può ristabilire l'accordo fra teoria ed esperienza; ma una volta che
questa via si dimostra chiusa, la critica si vede ormai rinviata a
questi presupposti stessi e all'esigenza di riformarli. [...] la
teoria critica dell'esperienza vuole realmente costituire la teoria
universale degli invarianti dell'esperienza [...]. Il procedimento
della 'filosofia trascendentale' [...] cerca di scoprire quegli
universali elementi formali che rimangono costanti nel mutare dei
particolari contenuti materiali d'esperienza. [...] Lo scopo
dell'analisi critica verrebbe raggiunto se [...] si riuscisse a
fissare concettualmente l'ultimo elemento comune di tutte le possibili
forme dell'esperienza scientifica, [...] le condizioni di ogni teoria.
Questa meta non può essere raggiunta in alcun grado di sviluppo del
sapere: nondimeno continua a sussistere come esigenza [...]. In questo
modo di pensare si manifesta con chiarezza il senso rigorosamente
circoscritto dell''a priori'. Possono essere chiamati a priori
soltanto gli ultimi invarianti logici
che stanno
generalmente alla base di ogni determinazione di leggi di natura. Una
conoscenza si chiama a priori non già come se si trovasse prima
dell'esperienza, bensì in quanto è contenuta come premessa
necessaria in ogni giudizio valido concernente dei fatti." (10) In queste importantissime riflessioni di Cassirer viene ribadito
ulteriormente il ruolo della filosofia come critica della conoscenza e
il suo rapporto con la scienza. Ma - ciò che mi sembra più
importante - Cassirer da un lato riafferma la necessità della forma e
al tempo stesso la necessità dell'esistenza degli apriori, e
dall'altro riconosce a questi
stessi apriori il fondamentale valore logico e non ontologico,
il loro più profondo significato trascendentale.
Valore logico e significato trascendentale fanno rientrare a pieno
titolo sia le riflessioni di Simmel che la teorizzazione di Cassirer
nel quadro dell'orizzonte kantiano. Ma l'accento nuovo che mi sembra
di scorgere nei due Autori è in quella distinzione interna
all'apriori tra la sua forma e la sua esistenza. E' qui che si opera
la scissione tra l'impcstazione kantiana
e quella
simmeliana oltreché 1.3 La relativizzazione dell'apriori e l'oggettività nella
conoscenza
Si aprirebbe qui, con la definizione della storicità dell'apriori,
un problema estremamente complesso che in questa sede possiamo
soltanto indicare. La relativizzazione dell'apriori operata da Simmel
pone alla riflessione epistemologica dei quesiti estremamente
stimolanti: se anche l'apriori è soggetto al divenire storico, se
anch'esso non è saldo e immutabile, dove risiede l'oggettività
nell'esperienza, ossia quando la conoscenza può dirsi scienza? Quali
sono i criteri e i parametri che decidono della veridicità di un
contenuto di conoscenza ? Nell'orizzonte kantiano, infatti, l'oggettività è data
dall'adeguamento di ogni singolo contenuto di conoscenza alle forme
apriori della conoscenza in generale: sono esse - forme universali ed
eterne - quei criteri che stabiliscono lo spartiacque tra verità e
falsità, l'oggettività è
già tutta
interna all'uso
stesso
delle
forme (11). Queste conclusioni implicite in Kant sono possibili, afferma
Simmel nell'opera a lui dedicata,
perché Kant parte
da alcuni presupposti indimostrati (12): la validità dell'esperienza,
la possibilità della conoscenza, l'universalità e necessità delle
scienze matematiche e fisiche assunte come oggettive, la verità
scientifica (13). A
partire da queste scienze, dice Simmel, Kant deduce le forme
dell'intelletto che le hanno rese possibili e che quindi, essendo
mezzi di conoscenze oggettive, assumono su di sé il valore di mezzi
oggettivi, capaci di dare risultati oggettivi anche oltre il campo più
proprio di quelle scienze. Ma non è, si chiede Simmel (14),
un presupposto viziato che le scienze matematiche e fisiche
siano oggettive, e non è un trasferimento illecito il ritenerle
valide anche oltre il loro specifico campo ?
Kant rischia così di ritrovarsi in un circolo vizioso (15)
quando fonda la conoscenza oggettiva sulle forme a priori
e queste sul fatto che conducono alla conoscenza oggettiva. Vi
e' un rimando reciproco, per cui i fondamenti del conoscere sono da
Kant posti nel conoscere stesso, liberandolo da ogni istanza esterna
ad
esso:
"Ic motivo ultimo di questa difficoltà per le condizioni a
priori della conoscenza di trovare una legittimazione che non sia a
sua volta ricavata da quelle stesse condizioni, sta nella totale
ingenuità con cui Kant accetta la conoscenza matematica ed empirica
esistente come fondamento do ogni ricerca sulla essenza del conoscere.
L'analisi del conoscere ha per lui esaurito il proprio compito, quando
abbia dimostrato a sufficienza le condizioni della scienza esistente.
[...] Con questo circolo kantiano: le nostre conoscenze sono vere
perché e in quanto sono determinate da forme a priori - e queste sono
valide perché quella scienza da esse regolata vale indubitabilmente,
ci troviamo a un livello ultimo di problemi relativi alla visione del
mondo [...]" (16). Col circolo di rimandi che Simmel individua
come problema in Kant tra oggettività delle forme e oggettività
delle scienze esatte a me sembra che
il nostro Autore voglia implicitamente dire che in Kant le forme
che rendono possibile la conoscenza e i criteri che decidono se
quella conoscenza è oggettiva sembrano identificarsi, e che quindi
l'apriori sembra essere al
tempo stesso
ciò che
serve a
formare l'esperienza e ciò che decide se quell'esperienza è
scientificamente fondata. Se ci si attiene alla lettera kantiana, come
sono possibili, allora, conoscenze
oggettive - vere - e conoscenze soggettive - false -, dal momento che
ogni conoscenza possibile
utilizza come sua forma l'apriori, e dunque - essendo questo
universale - deve necessariamente risultare scientificamente fondata?
Kant in realtà sembra identificare possibilità e oggettività della
conoscenza, dal momento che fonda ambedue sull'universalità e
necessità dell'apriori (17). Il punto della questione si annida forse
in quella sintesi tra universalità e necessità di cui l'apriori è
la rappresentazione (18). Il problema complesso cui
accennavo all'inizio del paragrafo, e che per la sua vastità di
implicazioni è possibile qui soltanto enunciare, si configura dunque,
nella prospettiva della
fondazione dell'oggettività scientifica, come quello di stabilire un
criterio diverso dal solo uso delle forme apriori. Quest'uso infatti,
per quanto anzi proprio perché necessario in qualunque
esperienza, non può
fornire la
prova che cerchiamo dell'oggettività di un'esperienza. Ciò
significa distinguere tra
possibilità e oggettività della conoscenza - tra apriori come forma
e apriori come criterio -: dove infatti risiede
la differenza tra i due tipi di conoscenza, quella oggettiva e quella
soggettiva, se ambedue fanno uso dell'apriori, benché la prima trovi
in esso anche la fonte della propria oggettività? Forma ed esistenza
dell'apriori si appiattiscono l'una sull'altra, identificandosi.
Nell'apriori kantiano sembra prodursi un salto logico dal piano
dell'esistenza al piano della forma.
1.4 La storicità dell'apriori
Si è rilevata invece in Simmel una profonda scissione interna
all'apriori tra la sua forma e la sua esistenza, scissione che ne
rende possibile la storicità. La novità costituita dall'impostazione
simmeliana del problema dell'apriori e contemporaneamente il suo
inserimento nel quadro teorico del kantismo,
che rendono il rapporto tra l'apriori simmeliano e l'apriori
kantiano un rapporto di identità-distinzione,
sono sottolineati da Papi: "Per Simmel questo spazio
kantiano fu decisivo perché gli consentì di essere in sintonia con
la tradizione del neokantismo allargandone gli spazi culturali e
introducendo il classico problema del sistema categoriale apriorico in
una dinamica dell'esperienza più attenta e disponibile alle variabili
e alle contingenze." (19). Ma, per Papi, Simmel è inserito
comunque all'interno di un orizzonte neokantiano. In questa
impostazione simmeliana Cavalli, invece, nell'introduzione alla Filosofia
del denaro, individuo il post-kantismo di Simmel: "[...] per
Simmel la conoscenza non è mai senza presupposti, senza a priori. Ma
l'a priori in Simmel è sempre provvisorio. Non è quindi né
neo-kantiano, né neo-hegeliano, ma piuttosto post-kantiano e
post-hegeliano". (20) Illuminanti mi sembrano a proposito del problema del post-kantismo
che si apre con la relativizzazione dell'apriori le parole con cui
Cassirer si interroga sulla portata della filosofia kantiana dopo il
cambiamento intervenuto nel sistema della meccanica per la teoria
della relatività di Einstein: "Se [...] Kant
non
voleva essere null'altro che il sistematore filosofico della scienza
newtoniana - allora anche la sua dottrina non condivide forse
necessariamente la sorte della fisica newtoniana ? Dalla risposta a
questa domanda dipenderà il futuro sviluppo della critica
gnoseologica. Dove risultasse che le più recenti concezioni fisiche
dello spazio e del tempo abbiano finito col condurre tanto oltre Kant
quanto oltre Newton, allora sarebbe giunto il momento di procedere
oltre Kant in base alle stesse premesse kantiane. La critica della
ragione pura infatti non mirava a inchiodare la conoscenza filosofica
una volta per sempre su un determinato sistema dogmatico di concetti,
ma ad aprirle il 'sentiero sicuro di una scienza' nel quale si possono
dare soste e pause sempre soltanto relative, non assolute." (21) Per arricchire ulteriormente
il significato dell'apriori in Simmel, seguiamo ora il
ragionamento che lo conduce alla definizione della sua storicità. L'intelletto prescrive alla natura le sue leggi, ma queste sono
soggette ad evoluzione: non c'è nessuna legge
a fondamento
del fatto
che queste e non altre
leggi
cr debbano essere a sovrintendere alla sintesi dell'esperienza. E'
necessaria l'unificazione, non la sua forma. Esistono infatti per Simmel più forme dell'unificazione, oltre
quella trattata da Kant come forma della conoscenza scientifica; e
d'altra parte tali forme sono soggette al divenire storico ed è
quindi impossibile determinarne in modo oggettivo il contenuto. E' nella determinazione delle sua forma come immutabile che si
appunta la critica simmeliana all'apriori kantiano. Che noi
imprimiamo le nostre leggi dell'intelletto agli oggetti
dell'esperienza è a partire da Kant un dato incontrovertibile, ma la
definizione di quali siano queste leggi non è altrettanto
certo: l'effettualità dell'apriori è diversa dalla riflessione su di
esso. Quest'ultima è un'operazione mediata, non immediata, non è la
realtà operante ma la riflessione consapevole su di essa, che in
quanto tale è storico-ideologica e quindi relativa. Kant spezza il rapporto tra l'obiettivamente valido e lo
psicologico: non gli interessa il darsi empirico dell'apriori
nei soggetti,
ma solo le
condizioni
oggetdive
della rappresentazione e la struttura oggettiva della scienza. E' solo
così, nel considerare l'intelletto nella sua oggettività, che Kant
può proteggerlo dall'errore: svincolandolo dallo psicologico e dal
rapporto di corrispondenza - tipico della fede nell'armonia naturale
del XVIII secolo - tra oggettivo e soggettivo. La conoscenza del mondo
diviene così per Kant un progresso infinito nel suo specifico
realizzarsi, ma nel suo complesso essa rispecchia l'unità e
sistematicità del soggetto e dell'apriori. La materia del conoscere
e' illimitata, ma la forma è sistematica e unitaria. (22) Ciò che Simmel implicitamente contesta a Kant non è questa
sistematicità e unitarietà che la forma trasferisce sul contenuto
sensibile della conoscenza, ma la sua mancanza di illimitatezza, di
possibilità, la sua assolutezza: la determinazione del
contenuto oggettivo dell'apriori. Infatti, per Simmel
anche il modo in cui noi condizioniamo l'esperienza è relativo
e a posteriori, sia dal punto di vista psicologico che storico: Kant,
secondo Simmel, ha trasferito impropriamente
universalità e necessità
dal che al
come, dal fatto al modo, dall'esistenza alla forma
dell'apriori, ipostatizzando quest'ultima. Per Simmel, quindi,
immutabile e necessario è da un lato che ci sia un
unificazione e che questa abbia una forma, e dall'altro che
ci sia una materia di tale unificazione, ma non quali siano.
Che ci sia cioè un rapporto dialettico di continua evoluzione tra
soggetto e oggetto, forma e materia della conoscenza, e che ambedue
siano reali soltanto in tale rapporto (26). La distinzione tra forma e
esistenza dell'apriori consente di non determinarlo in modo assoluto e
al tempo stesso di considerarlo originario. Solo l'esistenza dell'apriori è` infatti di origine trascendentale
e possiede valore assoluto per la conoscenza, è assolutamente
necessaria. La forma invece, ossia le forme che regolano la conoscenza, ha
carattere empirico e origine storica. Ciò significa che il valore
dell'apriori, essendo la sua forma provvisoria, non è assoluto ma
relativo, e che il cammino della conoscenza, pur conservandolo nella
sua esistenza, dà ad esso sempre nuove forme e nuovi contenuti
di pensiero:
"[...] l'unico assoluto è la relatività delle cose." (24),
dice Simmel, e in questa dichiarazione è già contenuto tutto intero
il significato del suo relativismo. Da un punto di vista
epistemologico, esso è per lui l'unica
teoria della conoscenza che si salva dalla contraddizione e dal
circolo vizioso nascenti dalla necessità di comprovare la validità
del suo apriori con un fondamento ancora più assoluto. Dogmatismo,
scetticismo, lo stesso criticismo come abbiamo visto, si fondano
infatti su principi che non possono essere ulteriormente indagati
senza contraddizione, né superati senza inficiare il sistema, e dei
quali non è possibile trovare un fondamento che si accordi ad esso.
Nel considerare ogni principio e ogni fondamento come relativi - nel
doppio significato del loro esser in relazione ad altri e dunque non
esclusivi, e del loro esser suscettibili di superamento e dunque non
assoluti in senso temporale - il relativismo risolve l'apparente
contraddizione del porsi al di sopra di sé dell'apriori, e quindi
sostiene il peso dell'autocritica dei principi (25). Nella storicità e relatività dell'apriori quanto alla sua forma
si inscrive dunque il senso
ultimo della
conoscenza,
che e' quelvo di un procedere senza limiti.
Mentre nella sua originarietà e necessità quanto all'esistenza si
pone la condizione del rapporto tra il soggetto e la realtà
sensibile, ossia la possibilità stessa che la conoscenza venga
all'essere. Ecco dunque forse finalmente chiarito in tutte le sue implicazioni
quel doppio fondamento che era sembrato necessario per la conoscenza.
L'apriori è quindi l'unica forma attraverso la quale è possibile
il rapporto tra soggetto e realtà sensibile. Viene qui alla luce una categoria fondamentale del pensiero
simmeliano: quella di distanza. E' la distanza tra un centro
che definiamo Io e gli oggetti (persone, cose, eventi) che
costituiscono i suoi contenuti, quella che esprime nel modo più
immediato il tipo di rapporto che li lega. Questa distanza che si
frappone tra l'Io e i suoi contenuti è l'unico modo possibile per
questo Io di rappresentarli:
la rappresentazione è al
tempo stesso lontananza e vicinanza al suo oggetto. L'apriori
costituisce al tempo stesso la condizione e la possibilità di tale
rappresentazione: "La trasformazione che la realtà subisce
muovendo verso la nostra coscienza è certo una barriera tra noi e il
suo essere immediato, ma anche, nello stesso tempo, la condizione per
immaginarla e rappresentarla." (26) E' la stessa distanza riconosciuta necessaria dalle teorie
soggettivistiche e
neokantiane, al fianco delle quali Simmel si pone nella comune critica
al naturalismo e al materialismo. Sintesi e generalizzazione sono le forme nelle quali, prendendo le
distanze dalle cose, noi ci avviciniamo ad esse: la distanza interiore
- ossia la distanza posta dall'apriori - corrisponde al superamento
della distanza esterna, alla possibilità di renderle intellegibili. Nell'articolata concezione dell'apriori che in queste pagine si è
tentato di restituire, Simmel ha come referente del discorso, come si
può intuire, il realismo (empirico). Questo, osserva esplicitamente,
cade in errore "[...] quando pensa di poter fare a meno di un a
priori, di una
forma che
sgorgando dalle
disposizioni e dai bisogni della nostra natura vesta o trasformi la
realtà sensibile." (27). In nessun caso infatti l'oggetto si
presenta al soggetto in maniera immediata, ma sempre assume da questo
soggetto la forma della conoscenza, indispensabile a dargli un senso,
a trasformare l'accadere in storia. Il dato in sé non esiste per
Simmel in nessun campo. L'immediatezza non è una caratteristica della
conoscenza. Ciò ci conduce nel vero e proprio centro della concezione
simmeliana della conoscenza: l'oggettivazione. La specificità dell'uomo rispetto agli animali non consiste tanto
nella razionalità o nella socialità quanto nella capacità di
oggettivazione: "[...] l'uomo è l'animale oggettivo."
(28), ossia colui che è in grado di superare la propria e altrui
soggettività elevandola in forme transindividuali che gli si pongono
di fronte in modo autonomo e con regole e logiche proprie. L'esigenza
dell'oggettivazione nasce da quella che Simmel definisce "[...]
la primitiva necessità della vita [...]" (29). Da queste parole,
a me sembra di poter dedurre che in Simmel l'oggettivazione non possa
ricondursi al solo processo conoscitivo, ma sia una forma costitutiva
della soggettività, ossia che appartenga proprio all'unico modo
possibile per il soggetto di esistere. Essa travalicherebbe, in
quest'ipotesi, il campo più specifico della conoscenza, per essere
determinante in tutte le sfere della vita dell'uomo. Ma, per poter
proseguire oltre sulla strada che sin qui si è tracciata, e ancor
prima della verifica direi sperimentale dell'ipotesi più su
enunciata, è necessario soffermarsi in profondità sul significato
dell'oggettivazione come rapporto reciproco tra soggetto e oggetto, e
sul risultato di tale oggettivazione nella costituzione di contenuti
oggettivi di pensiero. Tali argomenti costituiscono gli oggetti dei
prossimi capitoli, cosicché l'impianto di questa tesi si chiarisce
essere relativo all'oggettivazione come orizzonte nel quale il
soggetto enuclea il suo rapporto col mondo.
Abstract:
Note al capitolo primo
1: Per un'analisi del rapporto e delle differenze tra l'apriori in
Simmel e in Kant, vedi Frisby D., Georg Simmel, Il Mulino,
Bologna, 1985, p.141 sgg. Frisby però si occupa del Simmel sociologo
e dunque mette in relazione la domanda trascendentale che Simmel si
pone nella Soziologie sulla possibilità della società con la
domanda trascendentale di Kant sulla possibilità della conoscenza
della natura, che presuppone appunto un soggetto conoscente. Pur
essendo l'opera di Frisby incentrata soprattutto sul pensiero
sociologico del nostro Autore, è ricca di utili riflessioni riguardo
ai rapporti di Simmel con 2: Simmel G., Kant cit., p.77 e p.81 sg.
3: Idem, Filosofia del denaro cit., p.172.
4: Il distacco di Simmel da Kant è sottolineato anche da Boudin
R., "La teoria della conoscenza nella Filosofia del denaro
di Georg Simmel" cit., p.477. 6: Ibidem, p.94 sg.
7: Idem, Filosofia del denaro cit., p.173.
8: Per Banfi, rispetto alla concezione dell'apriori, Simmel si
differenzia da Kant in primo luogo per l'allargamento del ruolo
dell'apriori a tutte le sfere della vita spirituale, e in secondo
luogo per la relativizzazione cui lo sottopone. Cfr. Banfi A.,
"Il relativismo critico e l'intuizione filosofica della vita nel
pensiero di Georg Simmel", in Simmel G., I problemi
fondamentali della filosofia cit., pp.10-18. E' per questo che si
può dire che Simmel integri superandolo il criticismo kantiano, ed è
per questo che Banfi parla di relativismo critico in Simmel.
9: A proposito del cambiamento, della ristrutturazione e
dell'abbandono di determinati campi della conoscenza a partire da una
nuova scoperta scientifica, che modifica di conseguenza le indagini
considerate legittime, cfr. Kuhn T.S., La struttura delle
rivoluzioni scientifiche, Einaudi, Torino, 10: Cassirer E., Sostanza e funzione cit., pp.355- 11:
Simmel G., Kant cit., p.75 sg. e p.91. 13: Ibid., p.133.
14:
Ibid., p.95.
15:
Ibid., p.96.
16:
Ibid., p.98 sg.
17: Ibid., p.101.
18: Ibid., p.105.
19: Papi F., Introduzione a Simmel G., I problemi
fondamentali della filosofia cit., p.X sg.
20: Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del
denaro cit., p.10
21: Cassirer E., Sostanza e funzione cit., p.467.
22:
Simmel G., Kant cit., pp.80-92.
23: Cfr. n.5, il passo già cit., e n.10
24: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.347.
25: Ibid., pp.175 sgg.
26: Ibid., p.667; e, più in generale, cfr. ivi le
pp.666-670, passim.
27:
Ibid., p.667.
28:
Ibid., p.419.
29:
Ibid., p.663.
Capitolo secondo
L'oggettivazione come processo: il rapporto soggetto-oggetto.
2.1 La rappresentazione come forma fondamentale di rapporto
dell'uomo col mondo
"La separazione tra soggetto e oggetto non è così radicale
come la legittima distinzione tra queste categorie, sia a livello
pratico che scientifico, fa supporre. La vita interiore incomincia
piuttosto con uno stato di indifferenza, in cui l'io e i suoi oggetti
giacciono ancora indivisi [...]. E' una consapevolezza secondaria, un
frazionamento posteriore quello per cui un soggetto si distingue nello
stato reale [...] dal contenuto che è in lui. Lo sviluppo porta
evidentemente pari passu a che l'uomo dica Io a se stesso e che
riconosca oggetti indipendenti all'esterno di questo Io. [...] la
metafisica sostiene talora che la natura trascendente dell'essere e'
assolutamente unitaria, al di là
della contrapposizione
soggetto-oggetto [...]. Quest'unità da cui si sviluppano le categorie di soggetto e di
oggetto [...] ci pare soggettiva soltanto perchè ci accostiamo ad
essa con il concetto, che si forma successivamente, di oggettività
[...]." (3). In questo importante passo si evidenzia il tipo di approccio al
problema della realtà che caratterizza Simmel. Secondo una
prospettiva kantiana - anche se, come abbiamo visto con Cavalli (2),
di postkantismo e non di neokantismo si tratta - Simmel affronta
inizialmente con un taglio psicologico
il problema della realtà: di questa noi conosciamo infatti
solo i fenomeni, abbiamo solo rappresentazioni, ed e'
di conseguenza soltanto di esse che una corretta gnoseologia può
parlare. All'interno dunque di un'impostazione filosofica che di proposito
tralascia come insondabile tutto ciò che si pone al di là del mondo
dai fenomeni, il primo significato di questo processo di progressiva
oggettivazione è quello di una progressiva presa di coscienza da
parte del soggetto: "La coscienza infatti d'essere un soggetto e'
già essa stessa un'oggettivazione. [...]
possiamo giudicare
noi stessi come un qualsiasi 'oggetto', [...] separiamo lo stesso Io,
sentito come unità, in un Io rappresentante, soggetto, ed un Io
rappresentato, oggetto, senza che esso perda con ciò la sua unità
[...] Così, diventando consapevole di se stesso, dicendo Io a se
stesso, l'uomo realizza la forma fondamentale del suo rapporto con il
mondo, la sua rappresentazione del mondo." (3). Si introduce qui un'importantissima concezione del pensiero di
Simmel: la forma fondamentale del rapporto dell'uomo con il mondo
è la rappresentazione, ed essa è precisamente quella che rende
consapevole l'Io di se stesso, ossia quella che fonda la divisione tra
soggetto e oggetto. Essa è dunque una forma originaria, e, se si
ricordano le parole dell'Autore che hanno aperto il capitolo, la prima
forma di rapporto cosciente col mondo. Questa concezione sarà
determinante per comprendere non solo l'epistemologia ma anche l'etica
di Simmel (4). L'oggettivazione si configura dunque come un aspetto della
rappresentazione. Questa svolge dal rapporto indifferenziato
tra realtà
soggettiva e
realtà
ogvettiva
alla differenziazione tra un soggetto e un oggetto sia all'esterno che
all'interno della rappresentazione medesima. Soggettivo è infatti
l'atto della rappresentazione, oggettivo il suo contenuto, al di là
del fatto che si riferisca ad un oggetto reale o possibile (5);
soggetto è l'Io che compie la rappresentazione, oggetto è il
contenuto di questa pensato come indipendente da essa e dunque dall'Io
che lo pensa, ossia come dotato di realtà propria, oggettiva.
"Soggetto e oggetto nascono nello stesso atto, logicamente,
quando da un lato il contenuto fattuale puramente concettuale e ideale
viene dato come contenuto della rappresentazione, e dall'altro lato
come contenuto della realtà oggettiva, psicologicamente, quando la
rappresentazione, ancora priva dell'Io e nella quale persona e cose
esistono in stato di indifferenziazione, si frammenta e quando tra
l'Io e il suo oggetto si crea una distanza mediante la quale ognuno
dei due termini acquista la sua essenza distinta da quella
dell'altro." (6). La chiave per comprendere nel suo giusto
significato questo denso passo di Simmel è in quella
distinzione-correlazione
tra il
piano logico e il piano psicologico dell'atto di
rappresentazione. Da un punto di vista logico, si ha distinzione tra
l'oggetto come contenuto della rappresentazione e l'oggetto come
contenuto della realtà, da un punto di vista psicologico, tra
l'oggetto da un lato e il soggetto dall'altro. Soggetto e oggetto sono
perciò il frutto del medesimo atto di oggettivazione da parte della
coscienza, che crea, per un verso, l'oggetto come contenuto della
rappresentazione e contestualmente come contenuto della realtà -
fondando piano ideale e piano reale (empirico) col medesimo atto -, e
per l'altro verso crea la contrapposizione tra quest'ultimo oggetto e
il soggetto come appartenenti al medesimo piano del reale (empirico)
ma distanti e dunque facenti capo a sostanze diverse (7). Volendo riassumere per maggior chiarezza le riflessioni sin qui
fatte, mi sembra di individuare cinque elementi in ogni atto
rappresentativo: il soggetto, l'atto, il contenuto di quest'atto visto
come appartenente al soggetto, il contenuto di quest'atto visto come
appartenente alla realtà, l'oggetto esterno all'atto (realismo
razionale). Quest'ultimo non
rientra minimamente nella trattazione simmeliana del problema
della conoscenza dell'oggetto (8), oggetto che è invece per lui
costituito dal terzo elemento che forma l'atto rappresentativo, ossia
dal contenuto di quest'atto visto dal soggetto come appartenente al
piano della realtà. Quindi i contenuti spirituali dell'Io nella rappresentazione
si oggettivano, nell'oggettivazione si differenziano. Il
processo di oggettivazione implica infatti una differenziazione
tra i contenuti della rappresentazione, una separazione in un soggetto
e in un oggetto: "L'evocazione reciproca di soggetto e oggetto
[...] coglie lo stesso soggetto, nel momento in cui il mondo intero
gli si contrappone come oggetto." (9). Ritorna qui quella categoria di distanza che nel primo capitolo mi
era sembrata fondamentale per la comprensione dell'apriori e che già
lì (10) anticipava il rapporto che, in Simmel come nei neokantiani,
lega essere e pensiero, e
quindi - tema specifico di questo
cagitolo
- soggetto e oggetto. La distanza che come apriori lì si frapponeva
tra realtà e conoscenza, torna come differenziazione (11) tra
soggetto e oggetto all'interno dei contenuti della rappresentazione e
si specifica ora come risultato di un processo di oggettivazione. Ma alla luce delle
riflessioni sin qui svolte, si delinea pure come la differenziazione
tra soggetto e oggetto sia possibile a partire
dalla loro relazione, e come sia inoltre a questa strettamente
correlata: un'altra categoria fondamentale per la comprensione del
pensiero di Simmel, quella della relazione o interrelazione,
trova qui una sua applicazione (12). La distinzione concettuale tra un
soggetto e un oggetto avviene in un loro costante riferimento
reciproco, e li definisce in un movimento relazionale di
determinazione e di parallela differenziazione. E' individuabile
pertanto una doppia interrelazione: una prima, l'interrelazione
soggetto-oggetto, costituisce il presupposto che consente alla
seconda, l'interrelazione tra determinazione e differenziazione, di
fondare soggetto e
oggetto cove
risultato. Infatti,
"L'Io e l'oggetto in qualsiasi provincia della nostra esistenza sono
concetti correlati, non ancora differenziati nella forma originaria
della rappresentazione, e si distaccano solo più tardi da essa, e
l'uno dall'altro [...]." (13). Così come l'interrelazione definisce il rapporto tra soggetto e
oggetto, altrettanto definisce quello tra
oggettivazione e differenziazione nella rappresentazione. E' la
differenza, la separazione che, unite alla relazione, creano coscienza
e dunque visione del mondo. E' emerso infatti che i due processi della
differenziazione e dell'oggettivazione
sono due aspetti correlati di uno stesso atto di
rappresentazione: il concetto di soggetto e il concetto di oggetto
nascono in questo medesimo atto come differenziazioni tra il contenuto
del rappresentare e il rappresentare medesimo (14).
La rappresentazione può essere configurata come distanza tra
soggetto e oggetto, l'oggettivazione come distanziamento: la prima
esprime una distanza già formatasi, il secondo il processo che vi
conduce. I due concetti di soggetto e di oggetto quindi sono in Simmel
categorie relazionali,
il cui contenuto
non è
stabile e assoluto, ma si definisce a partire dal movimento reciproco
di oggettivazione e differenziazione che li costituisce, e dunque non
può mai a priori essere stabilito (15). Tra differenziazione e
interrelazione si istituisce così una dialettica che
consente di percepire consapevolmente un oggetto come unitario
(16). La differenziazione costituisce per Simmel sempre l'oggetto, lo
scopo cosciente dell'azione come della conoscenza, ma, poiché si
tratta di un concetto reciproco, essa necessita sempre
dell'interrelazione, o meglio dell'identità comune intesa come
indifferenziazione (17).
2.3 Il rapporto essere e pensiero: l'oggettivazione come astrazione
Ora, dopo aver definito a quali risultati conduca l'oggettivazione,
e in qual modo si debba concepire il suo movimento, vediamo nel
particolare che cosa l'Autore intenda per
oggettivazione. L'oggettivazione è un processo continuo di
astrazione di singoli elementi dal reale e di ricomposizione degli
stessi in unità relative. E'
infatti impossibile cogliere dal punto di vista del soggetto il reale
nella sua totalità, che risulta sempre inesauribile. Quella convergenza che nel primo capitolo (18) avevamo rintracciato
tra Simmel e i neokantiani nella comune concezione dell'apriori come
distanza tra l'Io e i suoi oggetti, deve ora essere approfondita
riguardo alla realtà e al suo rapporto con il
pensiero, e si specifica qui meglio nella teorizzazione
simmeliana dell'oggettivazione come astrazione. Il rapporto tra essere
e pensiero, tra realtà e conoscenza, così come lo concepisce Simmel,
si avvicina infatti all'impostazione epistemologica dei neokantiani e
in particolare di Rickert (19).
Lo stesso Cavalli, nell'Introduzione alla Filosofia del denaro,
mette in rilievo questo tratto comune a Simmel e ai neokantiani (20).
E lo stesso Simmel ne è pienamente consapevole
(21). L'inesauribilità del reale intesa da Rickert come continuum
eterogeneo (22) necessita dell'astrazione di suoi segmenti per poter
essere dominata, e questa astrazione si produce secondo punti di vista
di volta in volta determinati
che "estraggono" dal flusso continuo aspetti
considerati significativi (23). Non esistono campi della realtà, ma
solo campi della conoscenza. Così l'astrazione è astrazione di Objekt
e non di Gegenstaende, ossia di oggetti intesi in senso
tematico e non ontologico. Il confine che li separa è dunque un
confine trascendentale e non metafisico: appartiene al soggetto e non
all'oggetto. Il carattere metodologico del confine, il suo esser
fondato nel modo di conoscenza - fondazione che a livello scientifico
determina la divisione tra le scienze - e più in generale il suo
esser fondato nella conoscenza e non nella realtà - fondazione che
determina il suo esser appunto metodologico e non metafisico - se da
un lato motiva il confine come relativo e non assoluto, dall'altro
rende possibile il suo superamento, il suo sconfinamento (24). E'
infatti la distinzione tra Objekt e non tra Gegenstaende
che consente tale sconfinamento. Ciò dà alla realtà il carattere
della varietà, dell'infinitamente nuovo, della possibilità della
ricerca continua: sempre nuove sintesi sono rintracciabili e operablli
nel piano vuoto della realtà (N.d.R. vuoto? Infinitamente pieno di
tutte le possibilità!), sgombro
di coordinate
e dunque
sempre nuovamente passibile di riceverne di nuove dal pensiero.
Si comprende ora come l'oggettivazione sia un processo di
astrazione dal continuum eterogeneo del reale di singoli
elementi secondo prospettive di volta in volta diverse e
di ricomposizione degli stessi in unità relative. La loro
relatività, dal momento che la totalità del reale è inesauribile,
è in ordine al tempo in quanto unità dinamiche ossia
provvisorie, e in ordine allo spazio in quanto unità parziali e non
assolute. La relatività delle unità è la relatività del confine
che l'oggettivazione di volta in volta stabilisce nel flusso continuo.
Secondo il pensiero di Rickert l'astrazione dall'inesauribilità
del reale inteso come continuum eterogeneo può prodursi
soltanto o trasformando il continuum in discreto, oppure
l'eterogeneo in omogeneo. Quest'ultima trasformazione - dal continuum
eterogeneo al continuum omogeneo -
implica l'allontanamento dalla realtà del fenomenico e la
creazione di un mondo ideale, quello
delle pure quantità matematiche. La trasformazione del continuum
eterogeneo in un discreto eterogeneo
invece comprende
tutti i tipi di conoscenza
che
si occupano nel reale dividendone l'inesauribilita' secondo due
distinte tendenze. Pel primo caso ritroviamo la tendenza
individualizzante che a livello scientifico caratterizza le scienze
della cultura, secondo la definizione di Rickert, nel secondo la
tendenza generalizzante che sul piano scientifico appartiene alle
scienze della natura (25). Sentiamo cosa dice espressamente Simmel
riguardo all'attrazione e al reale: "Le forze, i rapporti, le
qualità delle cose, alle quali alla stessa stregua appartiene anche
la nostra essenza propria, costituiscono oggettivamente un intreccio
unitario, che viene suddiviso [...] soltanto dai nostri interessi e
per essere da noi ulteriormente elaborato. Ogni scienza analizza
fenomeni che presentano un'unitarietà in sé chiusa e una chiara
delimitazione rispetto ai problemi di altre scienze soltanto dal punto
di vista da cui essa si pone, mentre la realtà non si cura di queste
linee di demarcazione in quanto ogni sezione del mondo costituisce un
aggregato di compiti per le scienze più svariate. [...] Così, questa
e' anche una delle formule in cui si può cogliere il rapporto
dell'uomo con il
mondo: la nostra prassi, non meno della nostra teoria, astrae
continuamente singoli elementi dall'unità assoluta e dall'intreccio
delle cose, nel quale ogni cosa implica l'altra e tutte hanno pari
diritti, al fine di ricomporre questi elementi in unità e totalità
relative. Noi non abbiamo nessun rapporto con la totalità dell'essere
[...]: noi raggiungiamo un rapporto con il mondo, determinato nelle
sue particolarità, soltanto operando continue astrazioni dai
fenomeni, partendo dalle necessità del nostro pensiero e della nostra
azione, attribuendo a queste la relativa autonomia di un nesso
puramente interno, un'autonomia che nega la continuità dei movimenti
del mondo al loro essere oggettivo." (26) Al di là delle convergenze messe in luce tra Simmel e Rickert, il
confronto offerto dalla lettura di questo passo restituisce una
sostanziale diversità rispetto al peso che l'astrazione ricopre nel
complesso della vita dell'uomo, e al rapporto che di volta in volta
intrattiene con i suoi fini, rapporto che ne modifica di conseguenza
il contenuto. In Simmel infatti ritroviamo Come chiaramente si deduce dal brano più su riportato, e come pure
si è già sottinteso, il processo di oggettivazione necessario ad
astrarre dalla totalità inesauribile del reale singoli elementi
unitari, processo che conduce alla formazione di un oggetto e alla
correlativa distanza di questo dal soggetto, è per Simmel in
riferimento alla categoria di funzione. Essa dunque, al
contrario che in Rickert,
costituisce lo scopo di tutta la riflessione sull'astrazione, e assume
nel quadro del pensiero di Simmel un ruolo fondamentale per la
comprensione del suo relativismo, rappresentandone pure il maggior
contributo teorico. L'oggettivazione si configura dunque come
un processo di astrazione dalla totalità del reale il quale
viene suddiviso e delimitato in funzione degli scopi
dell'oggettivazione stessa, dando forma agli oggetti reali o
ideali, teorici o pratici. Si comprende ora che la relatività
dell'unità, che come risultato dell'astrazione chiamiamo oggetto, non
attiene soltanto al suo essere provvisoria rispetto al tempo e
parziale rispetto allo
spazio, ma anche a un'istanza esterna ad
esse,
alla funzione cui assolve per il soggetto. E si comprende pure che è
anzi questa a definire quelle nella loro relatività. E' una diversa
prospettiva quella da cui ora si coglie la relatività dell'oggetto.
Se prima si è privilegiato come riferimento il continuum
eterogeneo del reale, rispetto al quale quest'unità relativa si
definiva in rapporto allo spazio e al tempo, adesso si privilegia il
processo di costituzione di quest'unità, dunque non più l'unità
stessa, ma l'istanza esterna ad essa che, proprio perché esterna,
può consentire l'unificazione. Tale istanza consiste appunto
nella funzione cui l'oggetto assolve per il soggetto: è essa che
fonda la relatività
rispetto al tempo e allo spazio. La categoria di funzione, oltre a stabilire un confine con il
pensiero di Rickert, consente di aprire un proficuo confronto tra
Simmel e Cassirer. Non possiamo però qui soffermarci sul suo
significato e sull'uso che ne fa Simmel per non interrompere il
discorso sull'oggettivazione come formazione correlata di soggetto e
oggetto. Tornando quindi all'ambito delle riflessioni su questo
argomento, possiamo
domandarci come si configura l'oggetto nel quadro teorico che si è
venuto delineando. Credo
di dover dare due distinte risposte a questa domanda, l'una relativa
all'oggetto dal punto di vista del fenomeno, l'altra all'oggetto
inteso dal punto di vista del realismo (empirico). Dalla prima di
queste due risposte emergerà pure per contrasto il significato del
soggetto. Richiamandosi a Kant, e concordando con l'impostazione di Rickert,
come abbiamo visto, Simmel identifica l'oggetto come unità sintetica,
che in lui ha assunto però il significato esplicito di appartenenza
funzionale e reciproca (27), delle rappresentazioni che isoliamo e
selezioniamo dal flusso continuo come reciprocamente appartenentisi
(28). Questa unità è la forma del rapporto di tali
rappresentazioni, ed è parimenti la necessità (29) di tale rapporto:
"[...] l'uno è necessariamente presente se è dato l'altro, e
così reciprocamente."
(30), dice Simmel riferendosi ai singoli elementi che come
rappresentazioni isoliamo astraendolo dal reale e che, nel loro
complesso, costituiscono ciò che chiamiamo oggetto. E questa unità
dell'oggetto come risultato
dell'oggettivazione è il riflesso dell'unitarietà dell'Io che la
attua. Nel mondo esterno
non esiste unità, unità di senso, ma solo contiguità eterogenea,
flusso continuo. E'
l'anima l'unità vitale che organizza tali contenuti riflettendo in
esse la propria unità, e che li rende consapevoli al soggetto
oggettivandolo. Essa è la "[...] potenza formatrice dell'uomo
nei confronti della casualità e del caos di ciò che naturalmente si
produce [...]" (31). L'anima è dunque la forma che rende
possibile l'oggettivazione (32). La necessità di dare forma alle cose
corrisponde al tentativo di ordinare il caos per renderlo
intellegibile. La concezione simmeliana dell'anima e del suo rapporto
con l'oggettivazione dei contenuti che costituisce l'oggetto chiarisce
così anche l'altro polo dell'oggettivazione: quello del soggetto, che
in tutte le mie riflessioni è rimasto sin qui solo implicito. Ma si
badi a non confondere soggetto
e anima: per Simmel il primo è, al pari dell'oggetto, un'unità
sintetica risultante dall'oggettivazione dei contenuti. La seconda è
invece la forma che consente a tale oggettivazione di costituire
soggetto e oggetto come unità sintetiche interrelate. Mentre il
soggetto è un'unità sintetica di cui l'Io è cosciente, e questa
coscienza è il risultato del rapporto dinamico con l'oggetto, l'anima
si rivela all'Io soltanto nella sua attivita':
"L'enigmatica unità dell'anima non è immediatamente
accessibile alla nostra immaginazione, ma lo è soltanto quando si è
frantumata in una molteplicità di raggi. Solo attraverso la loro
sintesi successiva essa può venir nuovamente definita come unitaria e
determinata." (33). Questa sintesi successiva, che si potrebbe
interpretare come la fenomenologia dell'anima, è secondo me
il soggetto, ossia il risultato cosciente dell'anima come
attività. E la molteplicità di cui parla Simmel non è altro che il
risultato di volta in volta diverso che si stabilisce
nell'oggettivazione a partire dall'interrelazione tra soggetto e
oggetto e che dà al soggetto il carattere della contraddizione e
della frammentarietà. Se confrontiamo questa teorizzazione simmeliana con quella di
Cassirer, non notiamo differenze sostanziali: "[...] i concetti
di 'soggetto' e 'oggetto' non sono un possesso dato, naturale,
del pensiero [...] non [...] che lo spirito
[..] debba solo entrare in possesso di una realtà esteriore,
che gli stia di fronte anch'essa in sé conchiusa [...]. Il concetto
dell''io' prende forma, piuttosto, proprio come quello dell'oggetto
[...]." (34). Il prendere forma di soggetto e oggetto di
cui parla Cassirer corrisponde in Simmel al dare forma
dell'anima. Dunque anche per Cassirer soggetto e oggetto sono
creazioni storiche che ricevono contenuti che sono in relazione tra di
loro, e di conseguenza il rapporto che li lega si modifica, dando ad
ognuno di volta in volta un diverso contenuto, o se si vuole un
diverso significato. Tutta la cultura di un'epoca contribuisce alla
definizione dei concetti di io e realtà, ma solo nel rapporto tra
filosofia e scienza tale definizione diviene esplicito problema della
conoscenza, assumendo unità concettuale consapevole (35). Sia i
contenuti che le forme della conoscenza, cioè sia ciò che inerisce a
quello che chiamiamo
oggetto, sia ciò che inerisce al soggetto - sia l'essere che
il pensiero - sono dunque elementi relativi, che afferiscono
all'ideale della conoscenza che ogni epoca porta con sé Vi è in ciò
una storicizzazione delle categorie, dei dati, dei valori, dei fini
della conoscenza come della realtà (36). Questa sottolineatura del
carattere storico oltre che relativo in senso stretto dei concetto di
oggetto e soggetto mi sembra fondamentale, così come l'accento posto
sull'importanza della cultura collettiva
nella concettualizzazione del singolo (37). Infatti a questo punto la
relatività dei concetti di soggetto e di oggetto non è solo
intrinseca al rapporto che si stabilisce di volta in volta tra i due,
e che abbiamo via via approfondito come relatività rispetto al tempo,
allo spazio e alla funzione. Ora si inserisce una nuova prospettiva,
che definisce tale mobile relazione anche in rapporto a un intero
orizzonte ideologico che sovrasta l'individuo e ne influenza dal di
fuori la categorizzazione e la concettualizzazione, intrattenendo con
lui rapporti che vanno al di là della sua stessa consapevolezza (38).
E, riprendendo
il nostro
discorso sulla definizione
dell'oggetto
e in pgrticolare sul primo significato che Simmel, sulla scia
di Kant e dei neokantiani, vi attribuisce,
cosa significa, tenendo conto delle riflessioni sin qui svolte,
appartenenza funzionale e reciproca, ossia cosa significa che
l'oggettivazione come astrazione dal reale e
la formazione dell'oggetto come unità delle rappresentazioni
sono una funzione? (39). L'oggetto che si costituisce assume un
contenuto e un significato dalla funzione con cui è in relazione:
"[...] il marmo della Venere di Milo ha un certo significato per
il cristallografo, e un significato diverso per il filosofo ascetico.
Così un elemento dell'essere riconosciuto alla luce di certe
determinazioni come 'uno e identico', può diventare per noi un
oggetto in molti modi diversi: nella rappresentazione e nel
desiderio." (40) Da un punto di vista teoretico dunque, l'oggettivazione viene
compresa come un'operazione del soggetto, e "[...] tutte le datità
oggettive originarie come prodotti soggettivi [...]" (41).
L'oggetto si configura così come un risultato, non un dato,
non un punto di partenza, e
peraltro un
risultato sempre aperto, mai
definitvvo.
"Il processo non consiste nel fatto che due diversi ordini [42],
in sé separati, si uniscano erroneamente e si confondano: il dualismo
[43] non esiste ancora, né in astratto, né in concreto. I contenuti
rappresentativi si presentano a priori come forme completamente
unitarie [...] il porre l'accento sull'Io da un lato, sulla cosa
dall'altro, è il risultato di un lungo processo di differenziazione
che non è mai perfettamente concluso [...]" (44).
A questa prima concezione simmeliana dell'oggetto come contenuto di
coscienza del soggetto, e come contenuto funzionale, se ne contrappone
un'altra che vede nell'oggetto "[...] soltanto il punto in cui
cessa la nostra libertà, qualcosa con cui siamo in rapporto senza
poterlo tuttavia assimilare al nostro Io." (45) L'accento posto sulla libertà
rimanda alla riflessioni fichtiane sull'oggetto come limite che
si contrappone all'attività del soggetto, come antitesi nella
dialettica di auto-posizione dell'Io tra Io divisibile e Non-Io
divisibile. Questa seconda concezione di Simmel dunque rielabora il
noumeno kantiano nella direzione di un realismo (empirico) che tiene
conto della lezione fichtiana. L'oggetto come limite positivo, da
superare in una continua e infinita attività del soggetto, è tanto
l'oggetto morale che quello della conoscenza. E questo limite è
positivo perché, ostacolando l'espansione del soggetto, ne rende
possibile la coscienza (46). Ma è positivo soprattutto perché
l'oggettivazione trova un ostacolo invalicabile nella natura positiva
del reale, che possiede una parte d'esistenza irriducibile (47) al
soggetto (48). Infatti, "Ogni sfera di oggetti [...] trova il
proprio limite delle leggi proprie degli oggetti, leggi che la mia
volontà non può infrangere. Tuttavia, questo confine non è
determinato soltanto dalla resistenza passiva degli oggetti, ma anche,
da un altro lato, dai limiti della capacità di espansione del
soggetto." (49).
8.6
Il senso della conoscenza come oggettivazione
Si chiude così il cerchio dal quale eravamo partiti nel primo
capitolo: apriori e oggetto inteso realisticamente sono i confini
sempre di nuovo nella forma posti per essere superati dal
soggetto, nella conoscenza come nell'attività morale - il primo
indagabile dalla filosofia come epistemologia, il secondo
inconoscibile nella sua accezione realistica -. Ed è proprio questo carattere
di limite insuperabile solo sul piano dell'esistenza che
appartiene tanto
all'apriori quanto all'oggetto così come lo si è inteso nella
seconda accezione, ciò che definisce la conoscenza come
oggettivazione e questa come originaria forma di rapporto dell'uomo
col mondo, l'unica possibile (N.d.R. l’unica possibile?). Se infatti
l'oggetto non fosse nella forma un prodotto del soggetto,
l'oggettivazione non avrebbe senso, la conoscenza non avrebbe il
carattere dell'oggettivazione, ossia della produzione (N.d.R.
produzione?) dell'oggetto, ma avrebbe invece il carattere
dell'assunzione dell'oggetto, ossia del rapporto immediato
con esso,
oppure non avrebbe alcun rapporto con esso, e dunque non ci
sarebbe alcuna possibilità di conoscenza. In realtà infatti, al di là
dell'impostazione simmeliana, che è poi l'impostazione kantiana
seppur con i dovuti
distinguo, non si danno altre soluzioni del problema della conoscenza
oltre a quelle del realismo e dello scetticismo (N.d.R. Sbagliato! A
meno che per realismo non si intenda quello razionale!).
A proposito dell'impostazione realistica (nel senso che si è
chiarito) di Simmel riguardo al rapporto tra pensiero e realtà,
vorrei richiamare l'argomentazione di Popper riguardo alla sua
maggiore verosimiglianza rispetto all'idealismo (50). Popper afferma
infatti che, pur essendo il realismo al pari dell'idealismo una
posizione ideologica e dunque in quanto tale né confutabile né
inconfutabile, pure a suo favore è possibile addurre se non delle
prove almeno delle argomentazioni. E queste sostengono che sia il
senso comune - ossia la conoscenza soggettiva - sia tutte le scienze -
ossia la conoscenza oggettiva - si basano sull'assunzione implicita
del realismo; così come il linguaggio, poiché possiede, al pari
delle scienze, sia la funzione descrittiva sia quella argomentativa
(51). Questa interpretazione del realismo, comune sia a Popper che a
Simmel, pur nelle diverse prospettive, non vuole affatto sostenere la
tradizionale immediatezza della conoscenza, assumendo la realtà come
data tout court nel pensiero, ma vuole però sottolineare
l'esistenza di una realtà al di fuori del soggetto, esistenza
indipendente quantunque inconoscibile. E' questa realtà inconoscibile
l'oggetto inteso nella sua seconda accezione
ed è a questa che ho fatto riferimento parlando di una
rielaborazione del noumeno kantiano nella direzione del realismo
mediata dall'oggette-limite di Fichte. Concludendo, sin qui ci siamo mossi, come si era specificato
all'inizio del capitolo, in un'ottica psicologica
e dunque soggettiva dell'oggettivazione. Fin quando infatti
analizziamo il rapporto soggetto-oggetto nei termini di
coscientizzazione, rappresentazione, differenziazione, interrelazione,
ecc., l'oggettivazione si muove ancora sul piano di un soggetto
trascendentale, pur se relativizzato e pluralizzato. L'obiettivo - e
il paradosso - della filosofia simmeliana
consiste infatti
nel tentare un
piano trascendentale
del discorso
in senso
relativastico
e pluralistico. Da questa impostazione deriva il carattere mobile
dell'apriori in Simmel. Dunque fin qui l'oggettivazione è stata
intesa come processo, nel suo movimento e nei suoi effetti di
costituzione specifica di un soggetto e di un oggetto relativizzati e
pluralizzati.
2.7 Il fenomeno come costruzione gnoseologica plurale
A questo punto mi sembra di poter sostenere che, a partire
dall'interrelazione dinamica dei concetti di soggetto e di oggetto, il
contenuto di tali concetti, finalmente emerso come risultato del
processo di oggettivazione, si costituisce, per la sua relatività
tanto diacronica che sincronica, come originariamente plurale. Se
consideriamo in un'ottica kantiana tale contenuto come fenomeno, ne
deriva che il fenomeno si costituisce come un prodotto del pensiero
originariamente plurale. Ciò significa dire che dal punto di vista
dell'oggettivazione come processo di produzione di contenuti
oggettivi di pensiero - oggettivi non in senso scientifico ma
logico-teoretico -
la
costituzione di piu' fenomeni per uno stesso noumeno - noumeno come
limite positivo all'attività dell'Io, così come abbiamo inteso poco
sopra l'oggetto del pensiero nella seconda accezione -
appare senz'altro legittima, appunto perché il fenomeno
non è un dato o insieme di dati biunivocavente corrispondenti a un
determinato noumeno. E' solo la relativizzazione e la pluralizzazione
del fenomeno (52) che rende possibile all'apriori il passaggio dalla
sua universalità e necessità alla sua effettualità empirica. Questa
effettualità empirica dell'apriori verrebbe in tal modo a essere in
stretta relazione con la pluralità del fenomeno. Questo, come
prodotto soggettivo della conoscenza, non solo non deve essere unico
per ogni noumeno, ma deve potersi modificare in un processo dinamico
continuo. Se infatti il fenomeno fosse unico e stabile, si
riproporrebbe al suo livello quel problema del rapporto tra realtà e
pensiero che al livello del noumeno Kant ha dichiarato impossibile per
il soggetto. Mentre, dunque, il fatto
- il che - è un'assunzione realistica, il fenomeno
- il che cosa - è una costruzione gnoseologica plurale.
E' solo a partire da
qui che si dà la possibilità di un'oggettivazione come unica forma
di rapporto, nella rappresentazione, dell'uomo col mondo, intendendo
come uomo il soggetto trascendentale sì, ma pluralizzato e
relativizzato, e dunque l'oggettivazione come conoscenza soggettiva,
che è l'argomento trattato in questo capitolo. E, altrettanto, solo
quando si dà una pluralità di fenomeni possibili, ossia tutti
altrettanto legittimi dal punto di vista della loro costituzione per
il soggetto singolo, si
pone il problema di quale tra essi sia quello oggettivo, ossia si pone
il problema dell'oggettività della rappresentazione, della possibilità
della conoscenza oggettiva, che sposta il discorso dal piano del
contingente al piano del necessario, cioè a quello della conoscenza
scientifica. Infatti, se non si assume il fenomeno come
originariamente plurale, la possibilità della conoscenza e la sua
oggettività si appiattiscono l'una sull'altra identificandosi. E',
visto da un'altra prospettiva, lo stesso problema che ci si era posto
nel primo capitolo a proposito dell'apriori (93). Il criterio
che decide dell'oggettività
della conoscenza
si
configupa cosi' come criterio che decide dell'oggettività di un
fenomeno tra altri, riferiti tutti ad uno stesso noumeno, ad uno
stesso contenuto del pensiero. Questo criterio in prima istanza
esterno si fonderà allora non sull'alternativa - che è stata nel
primo capitolo dedotta come impossibile - tra uso e non uso
dell'apriori, ma sull'uso di certe sue forme in contrapposizione a
certe altre parimenti possibili, ma non altrettanto foriere di
oggettività. Ed è vero che in seconda istanza la decisione di quale fenomeno
sia oggettivo, non essendo questo esclusivo, sarà allora fondata come
afferma Kant su un criterio interno al sistema di conoscenza di cui
quelle forme costituiscono gli apriori concreti, sistema che le adotta
come oggettive e che dunque dà ai fenomeni che a partire da esse
vengono unificati il carattere dell'oggettività. Se la decisione su quali siano tali forme oggettive che con la loro
applicazione trasferiscono oggettività sul fenomeno che ad esse si
adegua, non essendo esclusive ma come abbiamo visto storiche nella
loro concreta forma, non può basarsi su di un criterio
interno al
sistema
della
conoscenza, ovverossia sul circolo vizioso che abbiamo visto crearsi
tra oggettività del fenomeno perché si adegua a delle forme
oggettive, e oggettività delle forme perché producono uh fenomeno
oggettivo. L'oggettività delle forme deve insomma trovare al di fuori
di sé un criterio che la fondi. Si stabilisce così una scala di valori tra i diversi fenomeni, una
scala di oggettività che ci conduce subito su di un piano diverso da
quello gnoseologico dell'oggettivazione come rapporto intercostitutivo
soggetto-oggetto: sul piano cioè del problema epistemologico della
conoscenza scientifica. Qui il significato del rapporto tra
soggetto e oggetto si trasforma in quello del rapporto tra
soggettivo e oggettivo. E la legittimità che sul piano
dell'oggettivazione afferiva a tutti i fenomeni deve necessariamente
sul piano dell'oggettività scientifica restringersi alla scelta
di uno solo tra questi. Ma tale scelta tra fenomeni è possibile
proprio a partire dalla loro pluralità. Entra qui il discorso sul
giudizio riflettente (54). Dobbiamo di
necessità abbandonare queste
riflessioni perché il piano sul quale si muovono è già tutto
interno alla logica dei contenuti del pensiero, che come si è detto,
esula dall'ambito del lavoro che qui viene effettivamente svolto. Ma
il passo intermedio che, anche se si volessero affrontare in questa
sede tali complessi problemi, mi sembra si dovrebbe compiere per
collegare la riflessione sull'oggettività scientifica
all'oggettivazione come processo da parte del soggetto empirico è
costituito dall'analisi degli effetti dell'oggettivazione non per il
singolo ma per tutti i soggetti possibili. Si sarà già compreso che
si sta parlando della costituzione, a partire dall'oggettivazione del
soggetto, di un mondo, oggettivo per quanto ideale, di contenuti
oggeitivi. Ma e' necessario, per ora, soltanto tenere a mente due
delle acquisizioni che il
capitolo che stiamo lasciando ci ha fornito: il rapporto
soggetto-oggetto come oggettivazione, e come oggettivazione nella
rappresentazione, e l'oggetto a un tempo come fenomeno e come limite.
A partire da esse si costruiranno le argomentazioni necessarie a
sostenere l'ipotesi di un'oggettivazione
oggettiva, ossia di un'oggettivazione
che
da' gia' per costituiti i contenuti delle oggettivazioni del soggetto,
analizzandola quindi non più come processo, ma nell'articolarsi dei
suoi contenuti al di là del
soggetto. L'oggettivazione come presa di coscienza del soggetto. La rappresentazione come forma fondamentale di rapporto dell'uomo con il mondo: oggettivazione e differenziazione nella fondazione di soggetto e oggetto. Rappresentazione, oggettivazione, differenziazione, interrelazione. Il rapporto essere e pensiero: l'oggettivazione come astrazione in Simmel e in Rickert. Oggetto, oggettivazione, funzione. L'oggetto come prodotto: il rapporto con Kant. L'interrelazione soggetto oggetto: l'anima come attività. L'anima come forma: il soggetto e l'oggetto come risultati in Cassirer e in Simmel. Cassirer e la storicizzazione dei concetti di soggetto e oggetto. L'oggetto come limite: il rapporto con Fichte. Forma e esistenza nell'oggetto: il senso dell'oggettivazione e le soluzioni al problema della conoscenza. Il significato del realismo in Simmel e in Popper. Il fenomeno come costruzione gnoseologica plurale. L'oggettivazione come conoscenza soggettiva e l'oggettivazione come conoscenza oggettiva: il processo e il suo contenuto.
Note
al capitolo secondo
1: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.99 sg. Si metta a
confronto il passo con questa frase di Cassirer: "L'idea dell'io
non è affatto più originaria e logicamente più immediata dell'idea
di oggetto, giacché sussistono soltanto l'una con l'altra e si
possono sviluppare soltanto in un continuo rapporto di dipendenza
reciproca." Vedi Cassirer E., Sostanza e funzione cit.,
p.391.
2: Cfr. n.19, cap.I.
3: Simmel G., Filosofia del danaro cit., pp.100-101.
4: L'approfondimento di questa tematica esula dagli obiettivi di
questo lavoro. Rimandiamo però comunque al capitolo III, par.3.1,
che, pur non esaurendone la complessità, fornisce degli elementi
per la comprensione del perché di questa affermazione.
5: Non ci si sofferma per ora sull'importanza che riveste in Simmel
la categoria del possibile, ossia del logico: verrà ripresa più
avanti nella trattazione del terzo mondo; qui, in un discorso
sull'oggettivazione, ci porterebbe fuori strada. Vedi il cap.IV,
par.4.2 del presente lavoro.
6: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.101 sg. 7: Vedi più in generale, Ibid., pp.99-111.
8: Si vedano, per la concezione simmeliana dell'oggetto nel senso
del realismo, ossia dell'oggetto reale, più avanti in questo stesso
capitolo, i par.2.4 e 2.5, quando si parla delle due soluzioni
adottate dall'Autore riguardo all'oggetto.
9: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.101.
14: Vedi cap.I, par.1.5 del presente lavoro. 12: Riguardo all'importanza del concetto di interrelazione nel
pensiero di Georg Simmel, vedi il lavoro di David Frisby, op.cit.,
p.56 sgg. I concetti chiave del suo pensiero sociologico vengono da
Frisby descritti con dovizia di citazioni esemplificative (vedi a tal
proposito le pp.135-138), indicando anche quali altri autori ne hanno
svolto un'analisi. Cfr. Levins D., Introduction a
G.Simmel, On Individuality and Social Forms, Chicago,
University of Chicago Press; Mayntz R., Simmel, Georg,
International Encyclopaedia of Social Science, vol.14, New York,
MacMillan & Free Press, 1968; Nedelann B., Strukturprinzipien
der soziologischen Denkweise Georg Simmels, in "Koelner
Zeitschrift fur Soziologie", 32, 1980. 13: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.111.
14: Anche per un pensatore di differente matrice quale è Ernst
Mach, pur nella diversa impostazione metodologica e nella diversa
formazione culturale, i concetti di Io, oggetto, ecc., sono
costruzioni e non "dati" o "fatti", come lui li
definisce; costruzioni che noi facciamo nella rappresentazione. Cfr. a
questo proposito Mach E., Conoscenza ed errore, Einaudi,
Torino, 1982, p.140 sgg. e p.452 sgg. Mach affiancò al lavoro di
fisico interessi più prettamente filosofici, che si avvertono nella
nuova impostazione che diede alla fisica degli elementi. Si occupò,
con importanti lavori, di critica e storia della scienza fisica
secondo la prospettiva di pensiero della fisica fenomenologica.
15: Rimandiamo più avanti in questo stesso capitolo per
l'approfondimento dell'impossibilità di una definizione stabile dei
concetti di soggetto e oggetto come categorie relazionali: vedi il
par.2.4
16:
Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.84. 18: Cfr. cap.I di questo lavoro, par.1.5
19: Cfr. Rickert H., Il fondamento delle scienze della cultura,
Longo, Ravenna, 1979.
20: Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del
denaro cit., p.19.
21: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.669.
Cfr. anche Idem,
La differenziazione sociale cit., p.141, quando dice:
"[...] ogni sintesi, come ha detto esaurientemente Kant, non può
essere nelle cose, ma solo nello spirito [...] e la realtà, rispetto
ai nostri concetti, è sempre mediatrice, e sempre un compromesso tra
i concetti, che sono solo lati della realtà staccati e autonomizzati
nella nostra testa, lati che la realtà contiene in uno stato di
fusione con molti altri. Ecco perché la differenziazione, che
apparentemente è un principio di separazione, in realtà è spesso un
principio di conciliazione e di avvicinamento [...]". Il rimando
a Rickert è evidente: nella conoscenza i lati della realtà di cui
qui parla Simmel sono dal soggetto estratti dalla loro fusione in essa
e per un'operazione di sintesi del soggetto da essa autonomizzati.
22: Cavalli istituisce un interessante parallelo tra il concetto
rickertiano di continuum eterogeneo e il concetto simmeliano di
interrelazione, di cui mette in evidenza la dimensione ontologica.
Cfr. Cavalli A., "Georg Simmel e Max Weber: un confronto su
alcune questioni di metodo" cit., p.507 sg.
23: La concezione della realtà come continuum e della
necessità dell'astrazione da esso di elementi considerati
significativi in rapporto ad altri viceversa tralasciati come
insignificanti è singolarmente presente
anche in Ernst Mach. Cfr. Mach E., op.cit., pp.135-138 e
452-456. Cfr. anche Gargani A., Introduzione a Mach E., op.
cit., p.XXVII sg.
24: Cfr. ancora Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia
del denaro cit., p.19 sx., quando afferma: "[...] il confine,
[...] non solo non è fissato una volta per tutte in modo definitivo,
ma [...] lo sconfinamento è possibile proprio perché esiste un
confine [...] che non esiste nelle cose: è un dato di pensiero, non
un dato di realtà"
25: Vedi Rickert H., op.cit. Si tralascia in questa sede di
considerare la natura della legge in Simmel, e il relativo confronto
con Rickert, perché mi sembra che il problema andrebbe affrontato
all'interno di un discorso sull'oggettività nella scienza.
26: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.113 sg.
27: La stessa prospettiva funzionalista per quel che riguarda la
coroscenza si riscontra anche
in Mach, come nota nell'Introduzione cit., alle pp. XVIII-XXII,
Aldo Gargani, che opera un interessante parallelo tra il funzionalismo
machiano e il relativismo di Einstein. Anche in Mach l'oggetto della
conoscenza si costituisca come connessione di rappresentazioni
reciprocamente correlate in un'unità sintetica. Cfr. Mach E., op.cit.,
p.13, p.146, e, più per esteso, pp.272-276.
28: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.164 sgg.
29: Vogliamo tralasciare per ora l'approfondimento pur importante
di cosa sia per Simmel questa necessità dell'appartenenza reciproca
delle rappresentazioni che chiamiamo oggetto per non anticipare
complesse questioni sull'oggettività e la verità nella conoscenza e
allontanarci così dall'analisi della concezione simmeliana
dell'oggetto. Vedi per questa parte del lavoro, il cap.IV, parr.4.3,
4.8, 4.9 e in partc.4.10.
30: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.166.
31: Ibid., p.886. A questo riguardo, vedi cap.IV,
parr.4.3, 4.4, 4.8.
33: Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.426 sg.
30: Cassirer E., Storia della filosofia moderna cit., vol.I,
tomo I, p.25.
35: Ibid., p.22 sgg.
36:
Ibid., p.19 sgg.
37: Queste riflessioni di Cassirer sulla storicità dei concetti di
soggetto e oggetto, e sulla loro definizione a partire anche da un
movimento interrelato con tutta la cultura dell'epoca sono
importantissime per la comprensione oltre che dell'oggettivazione dal
punto di vista della costituzione di un mondo oggettivo di contenuti,
anche del rapporto tra
vita e forme e della tragedia della cultura in Simmel. Vedi per il
primo argomento il cap.III, per il secondo il cap. V di questo lavoro.
38: A partire da qui dovremmo parlare della costituzione del terzo
mondo, e dei suoi rapporti col singolo soggetto, spostandoci
dall'ambito dell'oggettivazione come processo soggettivo all'ambito
dei contenuti oggettivi del pensiero come risultati di tale processo
di oggettivazione, che è argomento invece del cap.V.
39: Si fa riferimento, in questo stesso capitolo, al par.2.3.
40: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.119.
41: Ibid., p.457. 43: Il dualismo soggetto-oggetto.
44: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.434.
45: Ibid., p.649.
46: Ibid., p.472.
47: A proposito di questa "irriducibile realtà delle
cose" nel pensiero simmeliano, Vittorio D'Anna parla di una
ripresa diretta della posizione empirista e realista di Alois Riehl
come interpretazione antimetafisica della filosofia critica.
Cfr. D'Anna V., Georg Simmel. Dalla filosofia del denaro
alla filosofia della vita, De Donato, Bari, 1982, pp.26-29 e p.40
sg. La stessa interpretazione del pensiero di Simmel come
conciliazione di realismo e filosofia critica è comune anche a
Frischeisev-Koehler: vedi Ibid., n.18, p.29 sg.
48: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.466. Per questa
concezione realistica della realtà rimandiamo poco più avanti, alla
fine del presente capitolo.
49: Ibid., p.472.
50: Cfr. Popper K., Conoscenza oggettiva, Armando, Roma,
1975.
51: Per funzione descrittiva Popper intende il III livello
dell'evoluzione del linguaggio, dopo quello dell'autoespressione e
quello della segnalazione, comuni anche agli animali. La funzione
descrittiva è quella che fonda la comunicazione tra soggetti,
comunicazione che si riferisce sempre al mondo come a qualcosa di
esterno da descrivere. Per funzione argomentativa invece Popper
intende il IV livello dell'evoluzione del linguaggio, rappresentato
dalla capacità linguistica della critica razionale, che corregge le
definizioni oggettivanti del reale prodotte dalla funzione descrittiva
stabilendo tra di loro nessi e relazioni, ossia teorie, che divengono
a loro volta oggetti. La funzione argomentativa è quella che fa fare
al linguaggio il salto di qualità da mezzo di comunicazione a mezzo
di produzione razionale. Cfr. Ibid., p. 186 sgg. L'importanza
di queste argomentazioni popperiane per il nostro discorso,
soprattutto di quest'ultima relativa alla funzione argomentativa come
produttrice di relazioni tra definizioni, ossia di teorie come
oggetti, si apprezzerà
meglio durante la trattazione dell'oggettivazione dei contenuti logici
del pensiero: vedi cap.III, par.3.2.
52: Vedi cap.I, parr.1.3 e 1.4 di questo stesso lavoro.
53: Il concetto di fenomeno come costruzione gnoseologica plurale
è individuabile nell'analisi che Frisby fa del concetto simmeliano di
individuo e del suo rapporto col concetto di gruppo. Vedi a tal
proposito Frisby D., op. cit., pp.90-
Capitolo terzo
L'oggettivazione come categoria costitutiva del terzo
mondo.
3.1 Essere e valore come
modi della rappresentazione
Il problema dell'oggettivazione in Simmel si chiarirà nel presente
capitolo come un problema
estremamente sfaccettato, che si situa su diversi livelli e piani del
discorso, non sempre chiaramente distinti né tematizzati dall'Autore.
Da un lato, infatti, è
rintracciabile un'oggettivazione come forma della rappresentazione
del soggetto, quella che abbiamo appena lasciato nel precedente
capitolo. Essa però, come vedremo adesso, si specifica e si
caratterizza soltanto costituendosi nella serie dell'essere o in
quella del valore. Queste due serie si configurano in tal modo nel
senso dei due modi spinoziani, ma spostati per così' dire tutti sul
lato del soggetto. E' in queste due serie infatti che
il soggetto assume
le proprie rappresentazioni seguendo in ognuna due distinti principi
per la costituzione dell'esperienza; esperienza che, considerata non
dal punto di vista dell'atto psicologico, del processo, ma dal punto
di vista del contenuto di quest'atto, del prodotto, costituisce il
terzo mondo dei contenuti oggettivi di pensiero di cui parla Popper. Da un altro lato, però, si presenta nel pensiero di Simmel
un'oggettivazione sovraindividuale che si concretizza nelle forme
oggettive della cultura come accumulo del patrimonio di conoscenze
e di acquisizioni che da un punto di vista storico i singoli soggetti
hanno prodotto. Ed e' questo secondo tipo di oggettivazione che
permette un rapporto con lo spirito oggettivo di Hegel introducendo il
grande tema simmeliano del contrasto vita-forme e della tragedia della
cultura: quella cui fa riferimento Cavalli quando parla di
oggettivazione. Un terzo piano, infine, è quello dell'oggettività logica
dei contenuti del pensiero, che scinde tali contenuti dalla loro
matrice psicologica per individuarvi una validità logica intemporale
che serva da norma e modello per l'oggettivazione intesa nella sua
prima accezione - ed è quella che per un verso riallaccia Simmel a
Platone, a Kant e a Cassirer, per l'altro apre un confronto con il
valore in Rickert. Ciò che in questo capitolo tenterò di ricostruire a partire dai
frammenti e dalle riflessioni sparse che si trovano nell'opera
simmeliana è il significato del primo e del terzo livello
dell'oggettivazione oltreché la loro interrelazione nel soggetto,
interrelazione che conduce il discorso necessariamente sul piano del
giudizio che consente la scelta tra le rappresentazioni, e quindi
all'interno di un orizzonte kantiano. Per quanto riguarda il secondo
livello dell'oggettivazione, quello sovraindividuale delle forme
oggettive della cultura, lo considero come oggettivazione che si
costituisce a partire da una delle due serie cui fanno riferimento le
nostre rappresentazioni del mondo, la serie del valore, e quindi
riservo la sua trattazione ad un momento successivo. Entrando ora nel merito dell'argomento, dopo queste chiarificazioni
che mi sembravano necessarie perché non confondessimo i vari piani su
cui si sta via via strutturando il
nostro discorso, riprendiamo, per poter procedere oltre, dal punto nel
quale eravamo giunti.
Cavalli mette in evidenza come il problema dell'oggettivazione sia
fondamentale in tutto il pensiero di Simmel, ma poi, nella sua
argomentazione, impostata sociologicamente, sembra soffermarsi solo
sull'oggettivazione come forma di costituzione del mondo del valore,
quindi solo sull'oggettivazione come attività morale del soggetto,
tralasciandone il significato di oggettivazione dei contenuti logici
del pensiero per la costituzione del mondo degli oggetti (1).
L'obiettivo che il capitolo appena lasciato si era proposto era invece
quello di dimostrare che il problema dell'oggettivazione non si riduce
in Simmel al solo piano dell'oggettivazione dei valori.
L'oggettivazione, come
forma fondamentale di rapporto dell'uomo con la realtà, costituisce
anche il mondo degli oggetti, i quali possono darsi al soggetto solo a
partire dall'oggettivazione stessa, e quindi a partire dalla
rappresentazione che la ingloba. Si chiarisce così perché, a
proposito dell'oggettivazione come presa di coscienza di se stesso da
parte del soggetto, si era introdotta
la rappresentazione
e la si era giudicata fondamentale per comprendere sia
l'epistemologia che l'etica simmeliana (2). L'oggetto nel senso del
realismo si costituisce come limite sia nella conoscenza che
nell'attività morale del soggetto. Ma l'oggetto come
fenomeno, sia esso etico o gnoseologico, è pure l'unico col
quale l'uomo possa stabilire un rapporto. Ed
esso è precisamente il risultato dell'oggettivazione che si
attua nella rappresentazione, oggettivazione che è la forma
necessaria di rapporto dell'uomo col mondo, anche se, ancora una
volta, necessaria nella sua esistenza, non nella sua forma. La rappresentazione diviene per lo spirito la forma fondamentale di
rapporto col mondo, sia nella sfera pratica dell'agire sia in quella
teoretica del conoscere. I risultati
dell'oggettivazione che nel capitolo precedente abbiamo analizzato
come processo del singolo soggetto nei confronti della realtà vengono
dunque a costituirsi come contenuti di pensiero dotati di una propria
realtà, di una propria legittimità. Essi divengono, come prodotti
dal pensiero, i contenuti dell'immagine del mondo assunti nelle due
serie del valore e
dell'essere, che si costituiscono come le due
forme
originaree della nostra rappresentazione. "Il valore forma [...]
in un certo senso la controparte dell'essere ed è proprio come forma
comprensiva e categoria dell'immagine del mondo in molti modi ad esso
paragonabile." (3). Sia l'ordinamento in base alla categoria del valore sia
l'ordinamento in base alla categoria dell'essere vengono da Simmel
considerati due fenomeni originari, ossia fondamentali e irriducibili,
mediante i quali si forma la visione del mondo. Essi sono forme della
rappresentazione attraverso le quali il soggetto assume un rapporto
con le cose: essere e valore sono posizioni del soggetto e non
predicati delle cose."[...] l'essere è [...] una forma
originaria della nostra rappresentazione [...]
Il valore si comporta nella stessa precisa maniera rispetto
agli oggetti." (5) Così l’essere come il valore si configurano
come criteri diversi ma non per questo antagonisti di
rappresentazione delle cose. Realtà naturale e realtà dotata di
valore sono ordini indipendenti l'uno dall'altro ma ambedue
fondamentali, ordini nei quali andiamo
a collocare
i nostri
singoli contenuti e le
nostresingole
rappresentazioni (5). L'oggetto come valore e l'oggetto come realtà
sono completamente diversi, pur potendo riferirsi allo stesso
fenomeno: il primo appartiene al mondo pratico, il secondo al mondo
teoretico. Ma sia nel primo che nel secondo di questi due mondi
l'oggetto è una formazione correlata a quella del soggetto che si
costituisce a partire dalla distanza che proviene dall'oggettivazione
(6). In questo dualismo tra essere e valore come due serie che
dividono la realtà non dal punto di vista ontologico ma
trascendentale, vediamo chiarissimo il rimando a Spinoza e alle due
serie del pensiero e dell'estensione. E Simmel stesso esplicitamente
vi fa riferimento quando dice: "Se è difficile definire cosa sia
in effetti l'essere, non meno difficile è rispondere alla medesima
domanda rispetto al valore. Mentre entrambi hanno formalmente lo
stesso rapporto con le cose, essi sono fra di loro così estranei come
per Spinoza il pensiero e l'estensione; proprio perché entrambi
esprimono la stessa cosa, la sostanza assoluta, ma ognuno a proprio
modo e in forma in sé compiuta, l'uno non può mai confondersi
con l'altro. Non si sovrappongono mai, dato che colgono i
concetti delle cose in base a criteri completamente diversi."
(7). Bisogna però intendere bene questo parallelo che Simmel
stesso istituisce con Spinoza. La posizione metafisica di quest'ultimo
rispetto al problema della sostanza è lontanissima dalla concezione
simmeliana, che intende invece le due serie di essere e valore come
risultato di una posizione internamente prospettivistica e
relativistica del soggetto. Nel riferimento alla sostanza spinoziana
come al sostrato in sé unitario
che può manifestarsi a noi solo nelle due serie dell'essere e
del valore si può forse individuare un paragone implicito di Simmel
col noumeno kantiano, col quid inconoscibile
che viene espresso dai nostri contenuti secondo i due modi
dell'essere e del valore e che solo fenomenizzandosi come essere o
come valore, nell'una o nell'altra serie, può divenire per noi
conoscibile.
3.2 La costituzione di un terzo mondo di rappresentazioni oggettive
Mondo del
valore e
mondo dell'essere sono i due mondi nei quali il soggetto idealmente colloca ogni sua singola
rappresentazione. Essi dunque, come mondi ideali che si formano a
partire dal soggetto, si costituiscono come quel terzo mondo di cui
parla Popper a proposito dei contenuti oggettivi della conoscenza. La
teoria di Popper sui tre mondi ai quali il soggetto appartiene e che
egli stesso nel contempo produce caratterizza il primo come fisico,
ossia degli stati fisici, il secondo come mentale, ossia dei processi
psichici, il terzo come ideale, ossia delle idee (o intellegibili) visti
nel loro essere puri contenuti di pensiero, prodotti in parte dal
secondo (8). Se ci soffermiamo sulla concezione popperiana del terzo mondo, vi
troveremo molti punti di contatto con l'argomento preso qui in esame,
oltreché stimolanti riflessioni per ampliare e approfondire l'orizzonte
del nostro discorso. Il secondo mondo è quello costituito dagli atti di
pensiero consapevoli e intenzionali dei singoli soggetti, è quindi quello che produce, con la sua attività,
il terzo. Ma questo, pur configurandosi in prima approssimazione come un
prodotto del mondo dei soggetti empirici, è dotato, una volta
costituitosi, di una propria autonomia e di una propria logica interna
che travalicano il soggetto. Infatti ciò che ora, nel terzo mondo,
caratterizza i puri contenuti di pensiero non è più il loro essere
degli effetti causali del soggetto, dei risultati a lui legati dal punto
di vista della loro esistenza. Ormai i puri contenuti si autonomizzano
rispetto a questo rapporto di dipendenza dal soggetto, e ciò su cui si
deve porre l'accento è il loro essere oggettivo, la loro oggettività.
Ma bisogna chiarirne il senso: essa non fa riferimento all'alternativa
vero/falso propria della teoria della conoscenza del senso comune, né
all'oggettività dell'intemporalmente valido,
ma all'oggettività del trascendentale (9). A questo punto diviene chiaro che l'oggettivazione come rapporto soggetto-oggetto nel senso in cui è stata affrontata nel precedente capitolo si specifica come operazione appartenente al secondo mondo, e come operazione che produce puri contenuti di pensiero, ossia oggetti del terzo mondo. Ma se per Popper al terzo mondo afferiscono tutti i contenuti si pensiero prodotti dai soggetti empirici, in maniera tale che in prima vstanza si puo' dire che esso si costituisce come un prodotto del soggetto, pure il suo contenuto non si esaurisce soltanto in tali consapevoli prodotti del pensiero, in tali risultati dei processi di oggettivazione del secondo mondo, ma si allarga a contenere anche tutte le implicazioni e tutte le conseguenze logiche che, pur non venendo esplicitamente tematizzate nel secondo mondo, sono contenute nei suoi prodotti come potenziale logico. Ciò che costituisce l'oggetto del terzo mondo popperiano sono infatti non solo teorie e argomentazioni, e ciò al di là del loro essere vere o false, ma anche tutte le relazioni tra idee, tutti i problemi che dal loro incontro e dal loro scontro derivano come conseguenze logiche possibili di quelle teorie, di quelle idee prodotte nel secondo mondo. Quindi se si può ben dire che una parte del terzo mondo è prodotta dal soggetto, sia esso epistemico o etico, pure vi è un'enorme estensione di esso che sfugge al soggetto, e che forse può essere considerata di sua produzione solo intendendo per soggetto l'insieme atemporale di tutti i soggetti possibili (10). Ci risulta agevole dunque comprendere in questa luce come Popper affermi che, sebbene il suo terzo mondo rientri in quel pluralismo filosofico che ha indotto alcuni filosofi a riconoscere l'esistenza di un terzo mondo oggettivo di intellegibili, e, sebbene, in particolare, secondo le sue parole, esso abbia "[...] molto in comune con la teoria di Platone delle forme o idee, e quindi anche con lo spirito oggettivo di Hegel [...]" (11), pure se ne distacca decisamente in alcuni aspetti essenziali. Se lo si paragona con il mondo delle idee platoniche, la comune caratteristica delle idee e dei contenuti oggettivi di pensiero di essere ambedue degli intellegibili dotati di realtà propria passa in secondo piano rispetto al fatto che il mondo platonico è assolutamente immutabile ed eterno nella sua verità. Le forme pure che ne costituiscono gli oggetti sono infatti archetipi, modelli delle cose. Ciò che Popper invece chiama "contenuti oggettivi di pensiero" non ha nulla della verità ideale dell'archetipo: essi sono più propriamente sistemi teorici e sistemi di valori, come mi sembra di poter legittimamente dedurre dal suo riferimento sia al campo scientifico che a quello artistico (12), non soltanto però in quanto realta' chiuse e definate, ma anche in quanto frammenti aperti, mutevoli e incompiuti. E' così che egli può dire, parafrasando Platone, che noi non creiamo ma scopriamo tali idee, tali teorie, proprio perché esse sono già appartenenti al terzo mondo come conseguenze logiche possibili, e così, venendo da noi scoperte, divengono prodotti coscienti del secondo mondo. Ma il senso di questa "scoperta", proprio nella mutata concezione di tali oggetti, è completamente diverso. Nel caso di Popper questa scoperta avviene in quanto già contenuta come sviluppo implicito di teorie o contenuti precedentemente già sviluppati dal soggetto empirico. Per Platone e, come vedremo più avanti in questo stesso capitolo, anche per Simmel e per Cassirer, la scoperta è invece quella che il soggetto empirico fa dell'intemporalmente valido, dell'in sé della forma pura: é l'intuizione dell'idea, concettualmente irraggiungibile (13).
Questa
diversa impostazione si
chiarisce considerando che in Popper la possibilità di
costituzione di un terzo mondo di contenuti oggettivi di pensiero si
basa sul linguaggio, che è per eccellenza strumento
del pensiero concettuale, dunque lontanissimo
dall'intuitivqta'
dell'idea. E, in particolare, per Popper il linguaggio può costituire
il terzo mondo per quella
sua caratteristica che lo distingue, e ci distingue, dalle forme
comunicative degli animali, trasformando il linguaggio stesso da mezzo
di comunicazione a mezzo di produzione razionale: la funzione
argomentativa, che scinde il rapporto del soggetto con l'oggetto del
reale e rende possibile la relazione tra idee, in altri termini il
metalinguaggio (14). Se quindi per Platone il mondo delle idee è il mondo delle forme
pure in sé concluse, cui il soggetto empirico può attingere solo a
partire dall'intuizione, e che dunque rappresenta l'inattuabile nel
mondo dei soggetti empirici e l'immutabile rispetto a questo stesso
mondo del transeunte, per
Popper, invece, tra secondo e terzo mondo si stabilisce
un'interrelazione continua e proficua: non soltanto il secondo mondo
influisce sul terzo con nuove scoperte e nuove produzioni di pensiero,
ma pure il terzo svolge un'azione di feedback, secondo le parole
di Popper, sul mondo dei
soggetti empirici, decretandone il mutamento
(15).
Con esso, infatci, il soggetto stabilisce un rapporto di scambio che lo
costituisce nella sua soggettività in ogni momento e al di là della
sua stessa consapevolezza. Popper argomenta che al "rapporto
soggetto-oggetto dell'epistemologia tradizionale", che considerava
l'oggetto nella sua datità operando una scissione tra pensiero e realtà,
bisogna sostituire un diverso significato del termine oggetto (16). In
questa prospettiva di pensiero, l'oggetto con cui il soggetto stabilisce
un'interazione continua è il terzo mondo. Non vi e' dunque alcun salto
da superare, alcun abisso da colmare tra soggetto e oggetto, proprio
perché ambedue appartengono alla medesima sfera del pensiero, potrei
dire, se non temessi di essere fraintesa, alla stessa sostanza.
L'aspetto creativo del nostro rapporto col terzo mondo e' proprio nel
fatto che esso rappresenta per il soggetto la possibilità di
autotrascendere la propria singolarità empirica: attraverso la critica
immaginativa, noi trascendiamo i limiti della nostra esistenza
spazio-temporale. Questo annullamento di tali limiti rende possibile una
comunicazione intersoggettiva
che fa assumere ad
ognisingola esistenza il valore di una potenziale fonte di
arricchimento per tutte le altre. La concezione della possibilità di
una comunicazione intersoggettiva istituita dal terzo mondo oggettivo è
comune sia a Simmel che a Cassirer. In questo senso il terzo mondo è
risoggettivizzabile all'infinito, per cui il suo valore risulta
incommensurabile da un punto di vista culturale.
(17). A me sembra dunque che
la trascendentalità del terzo mondo popperiano si riferisca soltanto
alla considerazione dell'oggettivazione come rapporto soggetto-oggetto
vista dal lato del prodotto di tale oggettivazione, dal lato
dell'oggetto come risultato di tale processo. L'essere di questo terzo
mondo allora è costituito dai singoli contenuti che ogni singolo
soggetto ha prodotto nel corso della propria esistenza, e dunque
rappresenta il risultato di tutto questo accumulo di oggettivazioni
passate e presenti, che continuano a vivere e a pulsare anche se ognuno
dei soggetti che le ha prodotte ha potuto nel corso della sua esistenza
attingervi in maniera limitata. In questo senso, e soltanto in questo,
Popper può avvicinare
il
suo
terzo mondo alfo spirito oggettivo di Hegel, e, aggiungerei io, alle
forme oggettive di Simmel (18). Ma, nel punto in cui ai rapporti tra
mondo dei soggetti e mondo dei contenuti oggettivi viene attribuito un
interscambio (che da un lato arricchisce continuamente ambedue e
dall'altro travalica per i modi di tale arricchimento
qualunque possibilità di previsione), avviene il distacco tra il
pensiero di Popper e lo spirito oggettivo di Hegel. Secondo le stesse
parole di Popper: "Il fatto che lo 'Spirito oggettivo' e lo
'Spirito assoluto' di Hegel siano soggetti al mutamento è il solo punto
in cui i suoi Spiriti sono più simili al mio 'terzo mcndo' che al mondo
delle Idee di Platone [...]. [Ma] Secondo Hegel, sebbene tanto lo
Spirito oggettivo (inclusa la creazione artistica) quanto lo Spirito
assoluto (compresa la filosofia) siano produzioni umane, l'uomo non è
creativo. E' lo Spirito oggettivo ipostatizzato, è la divina
auto-coscienza dell'Universo a muovere l'uomo: 'gli individui ... sono
strumenti', strumenti dello Spirito dell'epoca [...]" (19). Popper dunque critica in Hegel la mancanza di qualsuque autonomia e
creatività del soggetto
empirico e quindi
l'impossibilità di un qualsivoglia arricchimento del mondo oggettivo
fuori dai disegni trascendenti di una coscienza ultratemporale (20).
3.3 Il dualismo tra essere e valore: essere e valore come mondi
della rappresentazione
A questo punto, dopo aver chiarito il rapporto dell'oggettivazione
come forma della rappresentazione in Simmel col terzo mondo di Popper,
terzo mondo sul quale ci è sembrato necessario soffermarci a lungo per
capire bene in che senso Popper parli di oggentività e di oggettivo,
riprendiamo on Simmel il significato dell'oggettivazione nella prima
accezione individuata all'inizio del capitolo, ossia come
rappresentazione possibile soltanto nelle due serie dell'essere e del
valore, per vederne il collegamento con Kant da un lato e con Platone e
Cassirer dall'altro. Essere e valore, in questa prospettiva, si
definiscono come due modi. Proprio in vista della loro dualità
originaria, essi sono modi
non assoluti
di guardare alle
cose, di assumere le cose in noi; ciascuno esprime il mondo nella sua
totalità, ognuno però secondo il proprio specifico significato, e il
soggetto ha bisogno di entrambi per poter esistere. L'ordinamento in
base al valore come l'ordinamento in base all'essere sono due operazioni
del soggetto, che crea due diversi mondi a sé stanti. Ma come vedremo più avanti (21), non solo la loro esistenza è
ideale, nel senso che essi si costituiscono come posizioni del soggetto
e non come attributi della
realtà, ma anche la loro separatezza, perché nella concretezza del
soggetto essi si intersecano di continuo, e l'uno non può esistere
senza l'altro, l'uno e' sempre in relazione all'altro, di cui presuppone
l'esistenza perché il soggetto possa concretamente pensare e agire.
Vorrei poter chiamare l'oggettivazione che avviene nella serie
dell'essere oggettivazione dei contenuti del pensiero,
mentre quella nella serie
del valore oggettivazione delle forme: nella prima
come nella seconda si attua la costruzione di un mondo esterno al
soggetto, che gli si pone di fronte come un che di estraneo,
nel primo
caso definito
come natura, nel
secrndo
come cultura. I principi che infatti presiedono a tali costruzioni sono
completamente diversi: nel mondo dell'essere vige il principio del
rapporto di causa-effetto, il principio della causalità naturale, che
Simmel definisce come terminus a quo, nel mondo del valore,
invece, vige il principio della finalità, altrimenti definito del terminus
ad quem (22). Secondo questi due principi vengono costruite dal
soggetto catene o serie di fenomeni completamente diverse, alle quali è
però comune un implicito rimando al concetto di relazione, di
interrelazione tra i fenomeni che compaiono come elementi di ogni serie.
Ancora una volta qui si esprime il carattere primariamente e
originariamente relazionale e relativo che Simmel attribuisce ai
concetti. Che terminus a quo e terminus ad quem facciano
riferimento a due distinte interpretazioni (23) del reale che si
intersecano in tutta la storia dello spirito è da Simmel chiarito
esplicitamente quando parla di orientamento causale e orientamento
teleologico e afferma che l'origine dei due orientamenti è l'agire
pratico: "Il grande contrasto di tutta la
storia dello spirito:
se si debba esaminare e
cefcare
di comprendere i contenuti degla realtà a partire dalle loro cause o
dalle loro conseguenze, il contrasto tra l'orientamento di pensiero
causale e quello teleologico, trova il suo archetipo in una differenza
interna alle nostre motivazioni pratiche." (24). Seguendo lo schema
causa-effetto, il nostro agire si configura come meccanico, e in esso
non si presenta alcuna uguaglianza a livello dei contenuti tra la causa
e l'effetto: in questo senso l'Io si risolve completamente nel mondo
della causalità naturale. Se invece di legare l'azione a una causa, noi
la leghiamo al risultato, l'agire si configura come teleologico, ossia
come rivolto a un fine, e in tal caso tra causa e effetto vi è
un'identità di contenuto in quanto la prima appare come tensione verso
il secondo. Da questo punto di vista l'Io cessa di apparire come una
parte del mondo della causalità naturale e crea un secondo mondo, il
mondo dei valori. Dunque da questo punto di vista serie teleologica e
serie causale sono i due modi nei quali il soggetto struttura
l'esperienza. I mondi che a partire da questi due modi si formano, il
mondo del valore e il mondo
dell'essere, assumono il
significato di due
prospettive diverse di approccio alle cose. I principi che guidano tali
costituzioni hanno da questo punto di vista un valore solo regolativo:
nell'un caso ci rappresentiamo la realtà come se fosse
strutturata secondo il principio causale, nell'altro come se
fosse guidata da un principio teleologico. Ambedue le prospettive
ordinano la realtà in un piano strutturato e coerente, in cui ogni
elemento trova il suo posto e il suo significato. Esse si configurano in
tal modo come forme secondo le quali noi mettiamo ordine nei
fenomeni, forme del nostro rapporto col mondo. Se questa mia
interpretazione è valida, non sembrerà azzardato agganciarci al Kant
della Critica del Giudizio, quando, nella divisione delle facoltà
dell'anima, col termine Begehrungsvermogen intende letteralmente
facoltà di tendere, e non di desiderare (25). Infatti ciò'
confermerebbe la sostanziale analogia tra la kantiana volontà come
facoltà di tendere, ossia di costruire serie teleologiche, e la
simmeliana forma di rappresentazione che costruisce il mondo del valore,
cioè struttura le rappresentazioni in serie teleologiche. Considero
utile riportare i passi di
Kant
nei
quali quenta suddivisione riscontrata in Simmel tra serie dell'essere e
serie del valore come due approcci alla realtà a partire dai quali si
costituiscono due diversi mondi sembra avere la sua origine e la sua
matrice più prossima: "Tutta la nostra facoltà di conoscere ha
due dominii, quello dei concetti della natura e quello del concetto
della libertà [...] ma il territorio, su cui fonda il suo dominio e su
cui esercita la sua legislazione, è sempre soltanto l'insieme
degli oggetti di ogni esperienza possibile, in quanto essi non sono
considerati, se non cose, semplici fenomeni [...]. La legislazione
mediante concetti naturali avviene mediante l'intelletto, ed è
teoretica. La legislazione mediante il concetto di libertà è data
dalla ragione, ed è puramente pratica. [...] L'intelletto e la ragione
hanno dunque due legislazioni differenti su di un solo e medesimo
territorio dell'esperienza, senza che l'una possa pregiudicare
l'altra." (26). E ancora: "L'intelletto e' legislatore a
priori per la natura [...] in vista di una conoscenza teoretica
[...]. La ragione e' legislatrice a priori per la libertà e
per la sua propria
causalità, in quanto elemento soprasensibile del soggetto, in vista di
una conoscenza pratica incondizionata. Il dominio del concetto della
natura, che è sottomesso alla prima legislazione, e quello del concetto
della libertà, sottomesso alla seconda, sono interamente separati [...]
dal grande abisso che divide il soprasensibile dai fenomeni. Il concetto
della libertà non determina niente riguardo alla conoscenza teoretica
della natura; e proprio allo stesso modo il concetto della natura non
determina niente riguardo alle leggi pratiche della libertà; sicché è
impossibile gettare un ponte ." (27).
3.4 Essere e valore come criteri di valutazione. Il superamento del
dualismo tra le rappresentazioni dal lato delle idee: il giudizio e il
terzo mondo dei contenuti ideali. Essere e valore, dunque, si configurano come le due serie nelle
quali dobbiamo necessariamente collocare
ogni singolo contenuto rappresetativo, tra loro così diverse da
sembrare impossibile che si getti un ponte che le
unifichi. Ma, d'altro lato, tale collocazione è possibile
soltanto se contestualmente il soggetto si pone il problema del posto
che le sue rappresentazioni occupano in una scala di validità
dell'essere o in una scala di validità del valore. Quindi, in questo
secondo senso, essere e valore assumono anche il significato di criteri
di valutazione nel giudizio per la costituzione di
due scale diverse nelle quali le rappresentazioni si collocano
gerarchicamente in base alla validità del loro contenuto: "Kant ha
rilevato come l'essere non costituisca una caratteristica delle cose
[...]. Se indico che una cosa è dotata di valore, non per questo si
aggiunge ad essa una nuova caratteristica [...]. Ciò risulta da una
delle più profonde articolazioni analitiche del nostro pensiero. [...]
Così come il significato intrinseco e la determinatezza degli oggetti
non vengono sfiorato dalla domanda se si ritrovano nell'essere, tanto di
meno lo sono dalla domanda se occupano una posizione e quale nella scala
dei valori. Se però dobbiamo arrivare da un lato ad una teoria e
dall'altro ad una prassi, dobbiamo porci rispetto ai contenuti del
pensiero entrambi i problemi [...]. Il significato
principale di
questa esigenza,
che condiziona l'intera costituzione della nostra immagine del
mondo, non viene naturalmente per nulla alterato dal fatto che i nostri
mezzi conoscitivi sono molto spesso insufficienti a decidere sulla realtà
dei concetti e la gamma e sicurezza dei nostri sentimenti non è in
grado di classificare le cose in una scala di valori e, in particolare,
in una scala stabile e universalmente valida. [...] lo grandi categorie
onnicomprensive dell'essere e del valore [...] assumono il loro
materiale dal mondo dei puri contenuti. Ad entrambe è comune la
caratteristica della fondamentalità, l'impossibilita' cioè, di poter
essere ricondotte l'una all'altra o ad elementi più semplici."
(28). Dunque, per poter arrivare da un lato "ad una teoria e
dall'altro ad una prassi", il soggetto necessita del giudizio, e
questo giudizio, pur non potendo assurgere all'universale ed eterna
validità, in quanto non costitutivo ma regolativo, deve comunque
potersi affermare come se avesse tale natura, e, perché ciò avvenga,
deve poter disporre di un mondo di puri contenuti ideali ai quali
conformarsi. E' questo il punto nel
quale Simmel si
connette al mondo platonico delle idee: "[...] in base al
presupposto che è alla base della dottrina platonica, [...] esiste un
regno ideale dei valori teoretici, del senso e delle connessioni
intellettuali compiute, che non coincide né con gli oggetti [...] né
con il conoscere reale da un punto di vista psicologico, che di volta in
volta viene raggiunto. Quest'ultimo, piuttosto, solo gradualmente e in
modo sempre imperfetto, giunge a coincidere con quello, che comprende
ogni verità in generale possibile [...] . Lo specifico modo di esistere
di questo ideale conoscitivo, che di fronte alle nostre conoscenze reali
appare come norma o come totalità, è lo stesso che spetta alla totalità
dei valori morali e delle prescrizioni di fronte all'agire effettivo
degli individui." (29). Questa categoria metafisica del valido e del significativo che
appartiene tanto al mondo dell'essere quanto a quello del valore è ciò
che consente il rapporto sia di Simmel che di Cassirer con il
platonismo. Il valido e il
significativo che noi attribuiamo ai nostri contenuti di pensiero e che
li fa assurgere in
questo mondo
ideale ultratemporale
si
configara
come la norma in base alla quale noi misuriamo le nostre oggettivazioni,
il modello delle cose e degli eventi della nostra prassi come della
nostra teoria, in quanto tale al di là dell'una come dell'altra, il
regno delle essenze in sé, che si pone di fronte ai nostri occhi come
la meta da raggiungere in uno sforzo infinito, e in base alla quale noi
commisuriamo i nostri singoli atti. L'oggettività ideale nel senso del platonismo che Simmel
attribuisce al mondo dell'essere e a quello del valore è l'oggettività
del valido, del significativo, al
di là del suo essere consapevole ai soggetti empirici: "Il
concetto di triangolo o quello di organismo, la causalità o la legge di
gravità hanno un senso logico, una validità propria alla loro
struttura interna, [...] che appartengono [...] alla categoria non
ulteriormente risolvibile del valido e del significativo, distinguendosi
in modo netto senza dubbio da costrutti fantastici e contraddittori
[...]. Analogamente, [...] si comporta il valore che si accumula nei
confronti degli oggetti del desiderio soggettivo.
Così, come
ci rappresentiamo
come vere
certe
proposizioni nella consapevolezza che la loro verità è indipendente
dal fatto di essere rappresentate, così avvertiamo che le cose, gli
uomini, i fasti, non solo hanno il valore che noi gli attribuiamo, ma
sono dotati di valore, anche se nessuno glielo attribuisce. [...] Questa
categoria si pone evidentemente al di là della controversia relativa
all'oggettività o soggetività [...] in quanto nega la correlatività
al soggetto, senza la quale un 'oggetto' non è possibile; essa è
piuttosto una terza categoria, di natura ideale, che rientra in effetti
in tale dualità, ma non si risolve in essa.[...] un regno ideale, che
non si trova in noi e che non è neppure connesso agli oggetti [...]
come se fosse una loro qualità [...] una categoria metafisica
[...]" (30). Questo stesso significato dell'oggettività in senso platonico è
riscontrabile anche in Cassirer. Il campo a cui Cassirer la
attribuisce e' quello della validità logica, cioè quello dei
contenuti della conoscenza che assumono su di sé il valore di verità.
Il mondo oggettivo-ideale di Cassirer è dunque costituito da contenuti
oggettivi nel
senso dell'oggettività
atemporale delle scienze matematiche e fisiche, e non si estende, come
in Popper, anche alle idee e teorie false. E' "[...] un'idealità
mediante la quale non deve essere affermata e stabilita alcuna
coordinazione correlativa con le rappresentazioni e con gli atti di
pensiero degli individui psicologici, bensì con le condizioni e con i
principi universali della verità scientifioa [...]." (31).
L'oggettività ideale di Cassirer e di Simmel non è dunque tanto in
contrapposizione alla soggettività psicologica dei processi di
pensiero, come in Popper, ma soprattutto alla soggettività psicologica
della conoscenza empirica. Popper, infatti, distingue tra processo e
risultato dell'oggettivazione e attribuisce l'oggettività al solo
risultato, qualunque sia il suo valore oggettivo nel senso della validità
logica: per lui il terzo mondo non è quello rispetto al quale il
soggetto giudica, ossia quello che rende possibile tale giudizio, ma
quello che è costituito dai giudizi, veri e falsi, del soggetto.
Cassirer, invece, insieme a Simmel,
attribuisce oggettività soltanto a quei risultati
dell'oggettivazione che
assumono validità
logica intemporale. Ambedue considerano il mondo di contenuti ideali
come quello che da un lato, come norma che ci sovrasta, rende possibile
il giudizio e dall'altro, come contenuto, costituisce il risultato,
valido intemporalmente, del giudizio stesso. E' solo a partire da qui
che la teorizzazione di un terzo mondo oggettivo-ideale si situa in un
orizzonte platonico. In Simmel e in Cassirer, dunque, oggettivo vuol dire valido
intemporalmente, come categoria che noi applichiamo sia ai prodotti
teoretici sia a quelli pratici e il legame con Platone è situato nel
punto in cui l'accento cade sul significato archetipico delle idee:
mondo dell'essere e mondo del valore, i due mondi distinti nei quali il
contenuto logico-ideale dei nostri concetti si suddivide, sono i due
mondi ai quali commisuriamo sempre i nostri singoli contenuti per
stabilirne il valore di verità. Quando giudichiamo, dal punto di vista
delle rappresentazioni intellettuali - cioè nella serie dell'essere -
opponiamo tra loro l'oggettivo e il soggettivo, confrontando questo a
quello, mentre dal punto di vista delle rappresentazioni della
volontà -
cioè nella
serie del
valore - opponiamo
tra loro il valore e il desiderio, commisurando il secondo al primo.
Attraverso questo ideale confronto che sempre istituiamo tra
l'empirico e l'intemporalmente valido, attribuiamo alle nostre
rappresentazioni empiriche un valore di validità, una posizione nella
scala dell'essere come in quella del valore. Sia l'oggettivo che il
valore si costituiscono dunque come le norme, i modelli delle
cose in base alle quali le nostre rappresentazioni vengono di volta in
volta giudicate dal soggetto empirico. Questi due concetti assumono su
di sé' un significato di ideale validità intemporale dai due mondi
dell'essere e del valore che, come il mondo delle idee platoniche, ci
sovrastano con la loro perfezione. Ma ciò che distingue questo mondo ideale normativo dal mondo delle
idee di Platone è la sua capacità di mutamento. Ancora una volta,
l'esistenza della norma, del modello ideale valido intemporalmente che
come richiesta ci proviene dalle cose, è necessaria, ma la sua forma è
storica, e si riempie sempre di contenuti diversi. Il valore di questa
norma si configura dunque solo come
regolativo, non
costitutivo. Il giudizio in
base
al quale noi sttribuiamo validità ideale a un contenuto rappresentativo
dell'essere come del valore è un giudizio riflettente, non
determinante: noi agiamo come se la sua validità fosse
intemporale, o meglio dobbiamo agire come se la sua validità fosse
intemporale. La categoria
kantiana del "come se" è per Simmel fondamentale: con essa
Kant, dice Simmel (32), introduce il concetto di idea regolativa, e con
essa si attua il passaggio, fondamentale in Simmel, dalla sostanza alla
funzione (33). La categoria del regolativo, del funzionale,
dell'euristico, è al di là dell'oggettivo e del soggettivo: è il
terzo regno. Il legame tra Kant e Platone che si è evidenziato nel pensiero
simmeliano è inteso da Banfi come trapasso
di un criticismo relativistico nell'idealismo: "[...] esse
[le categorie] sono poste come idee, forme per sé stanti e valide di
un'obiettività che determina il campo in cui si muove la vita della
persona; esse costituiscono sfere indipendenti e autonome della vita
spirituale, la cui indipendenza non è tuttavia che posta all'interno di
tal vita stessa, che distanzia, per così
dire, dal
soggetto i
contenuti della
sua esperienza, in una particolare dimensione comune, che crea il
mondo della sua oggettività, il regno dello spirito oggettivo. Può
apparire ora chiaro in che senso il criticismo così inteso sbocchi
nell'idealismo. [...] la produzione dell'idea è proprio la vita
spirituale stessa, che si attua solo in questo distanziarsi ideale delle
forme della vita dalla vita stessa [...]. La realtà dell'idea [...] è
quindi [...] la sua idealità
stessa, la sua distanza infinita dal processo onde nacque [...]."
(34). Il riferimento a Platone viene ripreso da Simmel relativamente al
rapporto tra essere e valore come due mondi separati: il mondo del
valore "[...] si libra sopra le cose stesse come le idee platoniche
sopra il mondo, un regno alieno e intangibile [...] un mondo a sé
stante [...] un cosmo radicalmente diverso da quello formato in base
alla loro realtà naturale e immediata." (35). Il dualismo che
sembrava superato a livello ontologico sembra qui riproporsi intatto al
livello della rappresentazione, al livello
dell'oggettivazione. Dobbiamo dunque
cercare sia
sul piano dei
contenuti
ideali,
relle idee, sia sul piano del soggetto trascendentale, sia
sul piano degli oggetti che a partire dall'oggettivazione si
costituiscono, il punto nel quale è possibile superare la scissione che
qui ci si presenta. Ma la profonda matrice kantiana della filosofia di Simmel già
prefigura la soluzione di questo abisso scavato tra mondo del valore e
mondo dell'essere a partire dalla categoria del come se, che già
abbiamo visto costituire sul piano gnoseologico la chiave di
interpretazione corretta per la strutturazione della realtà secondo il
principio che guarda al terminus a quo e il principio che guarda
al terminus ad quem. Inoltre anche il ricorso a Spinoza ci ha
chiarito essere le due serie soltanto due modi, mentre
Popper ha consentito di inserire le due serie in un orizzonte
unitario. Ora si tratta dunque soltanto di individuare il punto nel
quale per Simmel le due serie - come modi a partire dai quali i due
mondi si strutturano e si oggettivano in apparente separazione - si
interrelano superando l'abisso che le separa. E' ancora Kant a venirci
in aiuto: "Ma, se i principi che determinano la causalità
secondo il concetto della libertà [...] non risiedono nella natura, e
il sensibile non può determinare il soprasensibile nel soggetto, il
contrario nondimeno è possibile [...] rispetto alle conseguenze che il
soprasensibile può avere sul sensibile; e questo è già contenuto nel
concetto di una causalità della libertà, il cui effetto [...]
deve attuarsi nel mondo; sebbene la parola causa, usata a
proposito del soprasensibile, indichi soltanto il motivo che
determina la causalità delle cose naturali [...] in conformità alle
proprie leggi, ma insieme anche in accordo col principio formale delle
leggi di ragione [...] . - Il Giudizio, che presuppone questa possibilità
a priori e senza riguardo al pratico, fornisce il concetto
intermediario tra i concetti della natura e quello della libertà,
concetto che rende possibile il passaggio dalla ragion pura teoretica
alla ragion pura pratica, dalla conformità alle leggi secondo l'una,
allo scopo finale secondo l'altra, ponendo il concetto di una finalità
della natura; [...] la possibilità dello scopo finale [...] può esser
realizzato soltanto nella natura, e d'accordo con le sue leggi."
(36).
Quesso
lungo passo dalla Critica del Giudizio è importantissimo perché
spiega la possibilità della connessione in Simmel tra essere e valore,
tra serie causale e serie teleologica.
Nel passo di Kant appena riportato, il soprasensibile sembra
presentarsi come carattere distintivo del soggetto, che attraverso il
giudizio getta un ponte connettendo tra loro i due mondi. Il punto di
contatto tra le due serie che Simmel sembra mutuare da Kant è questa
concezione del soprasensibile che riguarda il soggetto, e che si esplica
nel Giudizio. Questo Giudizio è reso possibile per Simmel perché
esiste al di sopra di tali mondi un mondo di puri contenuti ideali che
forniscono al soggetto, con la loro oggettività, la norma. Infatti,
specificando che cosa impedisce che
essere e valore si
costituiscano come due mondi ontologicamente separati, al di là del
loro essere i mondi nei quali soltanto il soggetto può rappresentarsi i
contenuti della sua immagine del mondo, Simmel dice: "Questo
accostamento senza contatto tra realtà e valore non infrange in ogni
caso il mondo in un dualismo sterile [...].
Al di sopra di valore
e realtà sta ciò che è
comune
ad entrambi: i contenuti, ciò che Platone ha con una parola chiamato
'idee' [...]. Al di sotto di questi due sta invece ciò a cui entrambi
appartengono: l'anima [...]." (37).
Nel riferimento a Platone, dunque, le idee costituiscono
esplicitamente ciò che i nostri contenuti spirituali intemporalmente
validi sono prima e al di là - da un punto di vista non genetico ma
logico-teoretico - del loro inserirsi nel mondo dell'essere o in quello
del valore: le norme ideali in base alle quali noi giudichiamo le
nostre rappresentazioni del mondo.
3.5 Il superamento del dualismo dal lato del soggetto: il concetto
di anima o Individuum metafisico
Simmel altrove identifica i contenuti con lo spirito, e di
conseguenza distingue concettualmente quest'ultimo dall'anima:
"Spirito è il contenuto oggettivo di ciò che all'interno
dell'anima diviene consapevole in funzione vitale; anima è per così
dire la forma che lo spirito, cioè il contenuto logico-concettuale del
pensiero, assume per la nostra soggettività in quanto nostra
soggettività. Perciò
lo spirito [...] non è tenuto a formare un'unita', senza la quale non esiste anima. E'
come se i contenuti spirituali fossero in qualche modo dispersi e
soltanto l'anima li riunisse in sé unitariamente [...]." (38).
Ecco che torna il concetto dell'anima come forma nella quale le idee
platoniche, ossia i contenuti che costituiscono lo spirito, vengono ad
unità divenendo consapevoli alla coscienza. Più volte si è fatto
riferimento nel secondo capitolo alla distinzione simmeliana tra anima e
spirito, questo costituito dai contenuti consapevoli del soggetto
empirico, quella manifestantesi solo come attività che si estrinseca in
tali contenuti. Mentre dunque il soggetto e i suoi contenuti spirituali
sono le forme in cui di volta in volta l'anima si fenomenizza, quasi
dovesse, per potersi esplicare, fermarsi in forme concettualmente
rappresentabili, l'anima è l'attività incessante nel suo fluire la cui
potenzialità non può esaurirsi in nessuna delle forme empiriche che di
volta in volta e come soggetto e come spirito assume. Questa
problematica simmeliana del rapporto tra forma e attività, a cui qui mi
è sembrato utile accennare dal lato
del soggetto
per poterne derivare la connessione
tra
mondo dgll'essere e mondo del valore, verrà ripresa in seguito, dal
lato dell'oggetto inteso come oggetto culturale, come rapporto tra vita
e forme. Per ora ci basti
intravvedere in Simmel la possibilità di riunificare il dualismo tra
mondo dell'essere e mondo del valore a partire dal concetto di anima. Dunque i puri contenuti sono ciò che sta al di sopra dei due mondi
dell'essere e del valore, ciò che è comune ad entrambi, lo spirito. Ciò
che sta al di sotto, e che consentendo l'unificazione di quei contenuti
li rende consapevoli al soggetto che li inserisce nella serie
dell'essere o in quella del valore, è l'anima. Essa quindi, come forma
unificante nella rappresentazione, costituisce, potrei forse dire,
l'essenza della soggettività, un'essenza, come abbiamo potuto vedere
nel capitolo precedente, inconoscibile se non nel suo concreto
esplicarsi, nella sua attività (39). E' quest'essenza vitale della
soggettività che in Simmel può essere definita come Individuum
metafisico. Questa stessa essenza
si può forse collegare,
come ora si cercherà di mostrare, a quel soprasensibile che Kant
definisce il carattere costitutivo del soggetto. In maniera forse più esplicita che altrove, il concetto di un
residuo metafisico che afferisce all'individuo si ricava dalle
riflessioni simmeliane che riguardano il rapporto tra individuo e società,
tema sul quale più volte l'Autore ritorna con analisi di approfondita
finezza (40). Per Simmel l'individuo è definito in prima approssimazione dalle
innumerevoli cerchie sociali cui appartiene. Egli è il punto di
incrocio di tali cerchie che lo costituiscono come rete di relazioni: è
"[...] il luogo in cui si collegano dei fili sociali [...]"
(41). Ciò indurrebbe a pensare ad un'individualità che, se scomposta
nelle molteplici influenze cui è sottoposta dalla sua appartenenza alle
cerchie sociali, si dissolva e si risolva in tali influenze. Qui però
dal punto di vista non più sociologico ma filosofico si presenta a
Simmel un problema: che l'individuo sia solo il frutto dell'influenza
delle cerchie con le quali entra in relazione, che la sua personalità
sia solo la contiguità di ruoli diversi che nelle diverse
cerchie è chiamato a rivestire, significherebbe in ultima istanza
implicitamente accettare consapevolmente o no un
comkleto
determinismo psicologico, in altre parole la possibilità di una
predeterminazione non genetica ma esperienziale della personalità, la
possibilità di una sua costruzione a tavolino - e quindi orientata
praticamente -: ipotesi questa mostruosamente affascinante e ricca di
questioni morali (42). E' forse qui più che altrove, nella concezione simmeliana
dell'individualità, che si inserisce l'influenza di Bergson, e che si
può riscontrare una certa matrice romantica di Simmel, da lui stesso
richiamata come una delle due posizioni fondamentali nella storia dello
spirito relative al concetto di individualità (43). Infatti, se da un
lato l'Autore sembra accettare che la personalità sia appunto formata
dall'intersecarsi delle cerchie sociali cui appartiene, pure la
considera irriducibile a queste nella sua essenza più profonda:
l'individuo è "[...] il modo particolare in cui ciò accade
[...]." (44). Con ciò è eliminato il pericolo di una concezione
deterministica della soggettività e viene fatto salvo il suo valore di
libertà (45) contro ogni possibile riduzionismo. In quest'accentuazione
della sfera
pratica della
soggettizita',
del valore qualitativo della sua libertà, mi è sembrato di scorgere un
possibile aggancio a quello che il Kant filosofo morale definisce il
sostrato soprasensibile del soggetto. Questo sostrato soprasensibile -
che si è collegato a Kant
dal lato della libertà, a Bergson dal lato dell'irriducibilità della
personalità alle forme sociali nelle quali si estninseca e al
romanticismo da quello dell'unicità qualitativa dell'individualità -
è deducibile da queste chiare parole dedicate da Simmel allo sviluppo
dell'individualità: "Esso procede dalla sostanza fondamentale
della personalità [46] che questa porta con sé nella vita, e che
noi non possiamo rappresentarci nella sua purezza, al di là della forma
che le ha conferito l'ambiente storico, ma che sentiamo soltanto come la
materia permanente della nostra esistenza personale e come somma mai
del tutto esaurita delle sue possibilità." (47). Il significato di
questa concezione simmeliana dell'individualità e il suo collegarsi al
pensiero di Bergson si specifica come rapporto tra l'essenza vitale
della soggettività, assolutamente irriducibile,
e le forme oggettive della cultura, rapporto fatto di contrasti e
connessioni, di rimandi e di circoli che impediscono una definizione
stabile e univoca dell'individualità.
3.6 Il superamento del dualismo dal lato degli oggetti: la
connessione tra terminus a quo e terminus ad quem
Queste riflessioni hanno consentito di superare, così come ci
eravamo proposti poco sopra, la
scissione interna alle oggettivazioni che si era creata con il dualismo
tra essere e valore, ritrovando l'unità sia dal lato del soggetto
con il concetto di anima e di Individuum metafisico, sia
dal lato delle idee con il concetto di un mondo trascendentale di
puri contenuti di pensiero. Essere e valore superano dunque la loro
separatezza perché trovano un punto di unione e di sintesi dal lato del
soggetto nell'anima, e dal lato delle idee nel mondo dei puri contenuti,
nel terzo mondo: il riferimento di essere e valore è l'idea come terzo
mondo che ne costituisce l'oggettività, e l'anima come apriori che ne
definisce il carattere di posizione soggettiva
e relativistica.
Rimane dunque ancora
da spiegare la connessione tra serie dell'essere e serie del valore sul
piano degli oggetti che come rappresentazioni abbiamo visto
costituirsi nei due mondi. Quest'elucidazione richiede che si illustri
il processo che secondo Simmel conduce sul piano della prassi alla
costruzione di una serie teleologica. Se è vero che nell'epoca moderna, dice Simmel (48), si assiste al
predominio delle funzioni intellettuali, è pur vero che senza l'apporto
della volontà l'intelletto rimarrebbe una forma vuota. L'intelletto, il
cui simbolo concreto è il denaro, è infatti il mezzo dell'oggettività:
"[...] è lo specchio indifferente della realtà, uno specchio in
cui tutti gli elementi sono ugualmente giustificati, perché la loro
legittimità in questo caso consiste soltanto nel loro essere reali.
[...] L'intelletto, in base al suo concetto puro, non ha assolutamente
alcun carattere, non perché gli manchi una qualità assolutamente
necessaria, ma perché è del tutto al di là di quella unilateralità
che costituisce il carattere nell'atto di compiere delle scelte."
(49). La sua peculiarità è infatti
quella di
individuare e
stabilire rapporti
causaoi
oggettivi, catene di relazioni causali, ossia il mondo dell'oggettività.
Ma perché ciò possa avvenire è necessario che la volontà
ponga primariamente un fine,
in senso teleologico e temporale, rispetto al quale l'intelletto possa
produrre la catena di relazioni corrispondenti. La volontà, isolando
uno dei contenuti del mondo forniti dall'intelletto, lo elegge a fine
assumendolo dall'esterno come proprio contenuto e rivestendolo quindi di
significato pratico. L'intelletto, che rappresenta il medio tra la
volontà e il fine, ossia il mezzo per superare la distanza tra i due, e
che rappresenta indifferentemente i contenuti del mondo, può a questo
punto elaborare la serie teleologica secondo nessi di causa-effetto.
Infatti una volta stabilito il fine, la causalità oggettiva
dell'intelletto fornisce le rappresentazioni causalmente collegate al
fine della volontà, rappresentazioni che dal punto di vista di
quest'ultima assumono il valore di mezzi. Nel porre il fine, la volontà
rende indipendente nella catena delle connessioni causali fornite
dall'intelletto - che è una catena di dipendenze - un elemento,
definendolo fine.
A questo punto gli
altri
clementi,
già dipendenti nella prospettiva causale dell'intelletto, lo divengono
anche in quella teleologica della volontà, ma in questo secondo caso
rispetto a quell'elemento indipendente scelto come fine, di fronte al
quale essi sono ora mezzi. Mentre per l'intelletto quindi qualunque
punto della catena è dipendente, per la volontà qualunque punto è
indipendente come fine, dipendente come mezzo. Si potrebbe anche dire
che se nella prospettiva dell'intelletto ogni elemento è
qualitativamente indifferente, nella prospettiva della volontà assume
il valore di mezzo o fine. Volontà e intelletto sono dunque
interdipendenti: la prima è dipendente dal secondo per la produzione
dei mezzi, il secondo dalla prima per la produzione dei fini. Ciò
significa che la volontà senza l'intelletto che concatena causalmente
gli elementi non può elaborare alcuna serie teleologica per raggiungere
il fine, l'intelletto senza la volontà che sceglie un elemento come
fine non può elaborare alcuna serie causale. Inoltre, nelle serie
teleologiche, il primo e l'ultimo elemento possono considerarsi
assoluti, nel senso di liberi, ossia posti dal soggetto, mentre tutti
gli elementi intermedi, poiché sono tra loro connessi secondo rapporti
di causa-effetto stabiliti dall'intelletto, sono relativi, nel senso di
obbligati rispetto a quelli. L'impossibilita' per Simmel che il soggetto empirico elabori una
qualsivoglia serie causale autonoma da una qualsivoglia
serie teleologica, e viceversa, rende attuabile la connessione
era mondo dell'essere e mondo del valore anche dal punto di vista
dell'oggetto della rappresentazione, ossia anche sul piano della prassi
empirica. Infatti, ciò che finora secondo
le indicazioni dell'Autore si è chiamato, dal punto di vista pratico,
il fine della volontà, costituisce per Simmel, dal punto di vista
teoretico, il valore. Si sono raggiunte così, anche da quest'ultima
prospettiva, quell'unità e quella sintesi che l'apparente dualismo tra
essere e valore sembrava aver dissolto. Come più volte nel corso di queste riflessioni sull'essere e sul
valore è stato sottinteso, e come da esse emerge in modo chiaro,
l'essere e il valore si definiscono per un verso come modi e per
l'altro come mondi: come forme originarie della nostra
rappresentazione del mondo - e dunque come criteri secondo i quali noi
dividiamo le nostre rappresentazioni nelle due serie dell'essere o del
valore - e come mondi ideali che ci sovrastano come il mondo platonico
delle idee rispetto ai quali noi riferiamo le nostre singole
rappresentazioni. Per un verso dunque l'essere e il valore sono criteri
o modi di rappresentazione, per l'altro criteri o modi di
valutazione: nell'un caso hanno valore psicologico, nell'altro
valore logico. In nessuno dei due casi però il loro valore li
costituisce nel senso metafisico dell'ontologia. Dalla trattazione simmeliana di essere e valore come due
serie
nglle quali le nostre rappresentazioni del mondo collocano idealmente i
loro contenuti, i quali a partire
da
nui si costituiscono come autonomi prodotti del pensiero, è risultato
che, soprattutto nel richiamo a Spinoza, essi rappresentano due modi
diversi di rapporto col mondo, a partire dai quali si costituiscono due
mondi diversi che però, nel riferimento di Simmel a Platone, abbiamo
visto essere un unico mondo. Questo unico mondo platonico cui si
riferisce Simmel è il mondo della norma, dell'idealmente valido,
dell'oggettivo nel senso dell'oggettività del vero. Il terzo mondo di
Popper è invece il mondo dell'oggettivazione, che si costituisce a
partire dalle singole oggettivazioni empiriche, e in quanto tale è
avvicinabile al mondo delle forme oggettive della cultura di cui parla
Simmel, e che verrà sottinteso dunque
quando su queste ci soffermeremo. Questo terzo mondo popperiano, appunto
perché costituentesi per le oggettivazioni del soggetto empirico,
comprende anche contenuti falsi e incompiuti, sviluppando una logica
propria che travalica i limiti delle oggettivazioni di cui il soggetto
empirico è consapevole. Ma questo travalicaye non e', come per Simmel e
Cassirer, il travalicare che
si pone come esigenza da raggiungere,
come
pretesa alla balidita' da parte dell'empirico e del fattuale, come dover
essere dell'idea. I mondi che derivano da questa creazione del pensiero, quello
naturale, quello del valore, hanno ambedue la stessa legittimità da un
punto di vista teoretico, in quanto ambedue "prodotti" dal
soggetto, e prodotti trascendentali nel senso di non soggettivi. Infatti
la loro oggettività è di natura diversa dall'oggettività delle
scienze naturali, è l'oggettività del trascendentale, non del vero.
Mentre la loro legittimità si fonda nel valore che essi rivestono per
il soggetto, e viceversa il loro valore consiste nella loro verità per
il soggetto che li fonda (50). Inoltre, a questa legittimità dei due mondi, si è aggiunto nel
paragrafo precedente il superamento del loro dualismo nella connessione
tra serie teleologica e serie causale dal punto di vista della
possibilità stessa dell'elaborazione di una qualsivoglia serie, dunque
dal punto di vista della costituzione stessa di un oggetto della
rappresentazione. Pertanto, pur riferendosi agli stessi contenuti, essere e
valore costituiscono
due modi diversi di ordinare i fenomeni.
L'oggettivazione fonda così per Simmel sia la sfera teoretica
sia la sfera pratica dell'uomo, e parimenti costituisce, oltre a un
principio dinamico del rapporto del soggetto col reale fenomenico, anche
una categoria euristica dell'epistemologia come dell'etica simmeliana
(51). Ordinamento in base all'essere e ordinamento in base al valore
assumono il senso per il soggetto di due prospettive di interpretazione
della realtà che procedono parallelamente tra loro
e rispetto a essa.
Abstract: L'oggettivazione: forma della rappresentazione individuale,
categoria costitutiva del terzo mondo, norma ideale, formazione
oggettiva della cultura. Oggettivazione e rappresentazione: le due serie
dell'essere e del valore come forme originarie della rappresentazione.
Il rapporto con Spinoza: essere e valore come modi o criteri di
rappresentazione. Il rapporto con Popper: essere e valore come mondi
della rappresentazione. Sostanza, noumeno, idea. Il terzo mondo di
Popper, lo spirito oggettivo di Hegel, il mondo delle idee di Platone.
Oggettivazione dei contenuti e oggettivazione delle forme: i due
principi regolativi di causa e di fine. Il rapporto con Kant: il come
se, l'essere e il valore come modi o criteri di valutazione. Il giudizio
come punto di convergenza in Simmel e Cassirer di Kant e Platone: il
mondo delle idee platoniche e il mondo dei contenuti oggettivi. Platone
e i contenuti
spirituali del
soggetto. Anima e spirito: l'anima come fondamento. Il superamento del
dualismo tra essere e valore: dal lato del soggetto, il concetto di
Individuum metafisico; dal lato delle idee, il mondo di puri contenuti;
dal lato dell'oggetto, la connessione tra terminus ad quem e terminus
a quo. Essere e valore come modi e come mondi nella rappresentazione
e nella valutazione. L'oggettivazione come rapporto soggetto oggetto e
non come assunzione di un oggetto da parte di un soggetto: la
confrontabilità tra oggetto e concetto e il problema della fondazione
della scienza.
Note al
capitolo terzo
1: Cavalli collega l'oggettivazione in Simmel soprattutto
alle teorie di Hegel sullo spirito oggettivo e di Marx
sull'alienazione, mettendo l'accento sulla tragicità che caratterizza
il conflitto vita-forma e sugli aspetti sociali ed economici che lo
configurano marxianamente come alienazione. Cfr. Cavalli A., Introduzione
a Simmel G., Filosofia del danaro cit., pp.31-37. Su questo tema
ci soffermeremo dopo aver analizzato l'oggettivazione dei contenuti
logici del pensiero, ossia nel cap.V.
2: Vedi cap.II, par.2.1
3: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.95 sg.
4: Ibid., p.96.
5: Più in generale, per tutta la problematica relativa all'essere
e al valore, vedi Ibid., pp.93-99.
6: Ibid., pp.109-111.
7: Ibid., p.97.
8: Cfr. Popper K., Conoscenza oggettiva cit., p.211 e più
in generale pp.149-174, pp.198-201, pp.209-219.
9: Popper però, come Platone, definisce quest'oggettività come
ontologica. Cfr. Ibid., p.211.
10: Le conseguenze di quest'enorme ampliamento del terzo mondo non
devono per ora interessare il nostro riscorso. Esse verranno riprese nel
capitolo relativo al contrasto vita-forme. Vedi cap.V, par.5.4
11: Popper K., Conoscenza oggettiva cit., p.150.
12: Cfr."[...] il mondo dei 'contenuti oggettivi di
pensiero', specialmente dei pensieri scientifici e poetici e delle
opere d'arte.", Ibid., p.150.
13: Sull'importanza dell'idea nel processo di costituzione della
conoscenza, e quindi sul suo rapporto col concetto, cfr. il cap.III,
par.3.4 e il cap.IV, parr.4.2 e, in partc., 4.9
14: Ne abbiamo già accennato nel cap.II, alla n.50. Cfr. Popper
K., Conoscenza oggettiva cit., p.186 sgg., p.213. La stessa
importanza attribuita al linguaggio come strumento potentissimo ai fini
dell'astrazione concettuale si riscontra anche in Mach. Cfr. Mach E., op.cit., p.90 sgg.
15:
Cfr. Popper K., op.cit., p.198 sgg.
16: Ibid., pp.152 sgg. e p.197 sgg.
17: Per l'approfondimento di questo tema, che qui condurrebbe il
discorso sul piano della logica delle forme culturali, vedi il cap.V,
par.5.2
18: L'avvicinamento qui operato tra il terzo mondo popperiano e le
forme oggettive di Simmal si chiarirà nel capitolo relativo a queste
stesse forme, il V, par.5.2.
19: Pcpper K., op cit., p.173. 21: Faccio qui riferimento a un'ipotesi che cercherò di dimostrare
dopo aver trattato specificamente l'oggettivazione dell'essere e quella
del valore separatamente. Vedi, in questo stesso cap., i parr.3.4, 3.5 e
3.6, e, nel cap.IV, il par.4.9
22: Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.293, 235, 299- A
proposito di meccanicismo e teleologia, ossia di terminus a quo e
terminus ad quem, Simmel afferma che si equivalgono, essendo
ambedue forme di oggettivazione della vita, che questa oltrepassa. Cfr.
Idem, "Henry Bergson", in Riv."Aut-Aut"
nov.dic.1984, Firenze
, p.17.
23: Simmel parla esplicitamente di interpretazione della realtà
fenomenica rispetto allo scopo o alla causa a proposito del rapporto tra
individuo e gruppo: cfr. Idem, Sociologia, Ed. di Comunità,
Milano, 24:
Idem, Filosofia del denaro cit., p.299.
25: Kant, Critica del Giudizio, Laterza, Bari, 1982,
prefaz., p.3.
26: Ibid., introd., II, p.13.
27: Ibid., introd., IX, p.37.
21: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.25 sg.
29:
Ibid., p.639.
30: Ibid.,
p.104 sgg.
31: Cfr. Cassirer E., Sostanza e funzione cit., p.412, e, più
in generale, anche p.413 sg.
32: Simmel G., Kant cit.
33: Il primo a parlare del passaggio sostanza-funzione in Simmel e del suo rapporto con Cassirer è stato Blumemberg. Cfr. Blumemnerg H., "Geld oder Leben. Eine metaphorologische Studie zur Konsistenz der Philosophie Georg Simmels", in AA.VV., Qsthetik und Soziologie um die Jahrrundertwende: Georg Simmel, Suhrkams, Frankfurt a.M., 1976, pp.121 sgg.
34: Banfi A., Introduzione a Simmel G., i problemi
fondamentali della filosofia
cit., x.11. Nel cap.V, parr.5.1 e 5.4,
relativo al rapporto tra vita e forme, i riferimenti banfiani a questa
tematica di Simmel potranno venire meglio compresi.
35: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.233. E' chiaro
qui che quando l'Autore parla di "realtà naturale e
immediata" lo fa sempre con l'implicito riferimento a quei
distinguo sull'immediatezza della conoscenza che la trattazione
dell'apriori e del rapporto soggetto-oggetto hanno cercato di mettere in
luce. In questa prospettiva "le cose stesse" di cui parla sono
quelle che il soggetto forma quando e' rivolto esclusivamente alla
conoscenza, ossia al mondo dell'essere, e quindi "la legalità
naturale e oggettiva" è quella che l'intelletto apporta alle cose.
36: Kant, Critica del Giudizio cit., introd., IX, p.37 sg.
37: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.97.
38: Ibid., p.657.
39: Il problema dell'anima come fondamento verrà ripreso e
ampliato nell'ultima parte del nostro lavoro, quando
l'avvenuta trattazione
dell'oggettivazione nelle due serie del valore e dell'essere ne consentirà la piena
comprensione. Vedi cap.V, par.5.4.
40: Mi riferisco ai numerosi passi della Sociologia, della Differenziazione
sociale, della Filosofia del denaro ecc.
41: Simmel G., Sociologia cit., p.6
42: Tutta una letteratura non solo scientifica ha discusso in
questi anni la qossibilità di quest'ipotesi, e tutto un immaginario è
nato come precipitato di queste discussioni. Il problema si riallaccia
alla questione filosofica della libertà dell'individuo e al suo valore
di unicità.
43: Nell'opera a lui dedicata, Simmel critica su Kant la concezione
dell'individualità come astratta e quantitativa: essa è propria
dell'Illuminismo, che poneva l'accento sul valore di uguaglianza e non
su quello di differenza tra le individualità. Kant, dice Simmel, per
poter universalizzare i contenuti della
soggettività, deve necessariamente spogliarli del loro valore di unicità
e staccarli dal continuum vitale che è invece la vera essenza
dell'individualità.
44: Simmel G., Sociologia cit., p.6. Cavalli sottolinea
nell'Introduzione a Ibid., pp.XXIII sgg.,
quest'inesauribilità e irriducibilità dell'individuo anche alla summa
di tutti i ruoli sociali possibili da esso rivestiti, avvalorando
l'ipotesi di un suo sostrato metafisico.
45: F. Desideri, nell'Introduzione a Simmel G., La forma
della storia, Ed. 10/10, Salerno, 1987, p.13, lega "il 'resto'
individuale che nessun processo di socializzazione riesce a
cancellare" e la conseguente affermazione simmeliana della libertà
originaria del soggetto all'esigenza
dell'Autore di salvaguardare
la possibilità per l'individuo di farsi portatore della storia,
e per la forma-storia di
costituirsi come fenomeno della libertà. 46: La sottolineatura è mia.
47: Simmel G., Sociologia cit., p.417, n.1. Cfr. anche Idem,
I problemi della filosofia della storia cit., p.24, quando, a
proposito della differenza tra ciò che si definisce personalità o
carattere e questo sostrato metafisico dell'individuo, afferma:
"[...] noi sentiamo che questo unico senso intellegibile del
carattere rinvia a una realtà superiore, ad un punto fermo nell'uomo
[...]".
48: Le riflessioni dell'Autore che qui si riportano si trovano
sparse in più punti all'interno di un discorso che attraversa tutta la
sua Filosofia del denaro, e dunque sono costretta a darne
riferimenti molto ampi e generici. Cfr. Simmel G., Filosofia del
denaro cit., pp.380 sgg., pp.400-405, pp.410-412, pp.607-613,
pp.627-630.
49: Ibid., p.611.
50: Per il concetto di verità e il suo significato nel pensiero di
Simmel, vedi il capitolo seguente, parr.4.1, 4.2 e 4.11
51: L'accusa dr confondere principi d'indagine del reale e principi
di movimento del reale, ossia piano metodologico e piano ontologico, e'
rivolta a Simmel da Karl Wolff a proposito delle categorie di
interrelazione, differenziazione, relativita', ecc. Cfr. Wolff K., The
Sociology of Georg Simmel, Free Press of Glencoe, New York, 1950.
Capitolo quarto
L'oggettivazione dei
contenuti logici del pensiero
4.1 Il rapporto tra scienza e senso comune e il prospettivismo
della verita'.
Si e' fin qui cercato di mostrare
la relazione, nel pensiero di Simmel, del mondo dei contenuti
tanto con il Giudizio kantiano che
con il mondo delle idee di Platone. Mi sembra che questa direzione del
discorso conduca il tema del rapporto soggetto-oggetto nella realta' a
trasformarsi in quello del rapporto tra soggettivo e oggettivo nella
conoscenza, ponendo conseguentemente su di un diverso piano
il problema dell'oggettivita'
della conoscenza stessa. Questa prospettiva epistemologica, infatti,
non considera soggetto
e oggetto come due "entita'" ontologicamente distinte. Questo
per Simmel significherebbe tener fermo ad un realismo ingenuo di cui
piu' volte nelle sue opere ribadisce
l'insostenibilita' (1). Per l'Autore l'oggetto non e',
come si e' cercato di
mostrare, un gia'-dato, che
viene semplicemente traslato nel suo contenuto immutabile dal piano
della realta' al piano del pensiero. L'oggetto diviene, e'
un risultato, e un
risultato aperto perche' interrelato col
soggetto, cosicche' il problema della confrontabilita' tra soggetto e
concetto assume nuovo significato. In questa prospettiva di pensiero,
infatti, la confrontabilita' e' tra il concetto dell'oggetto e l'oggetto
del concetto; si svolge dunque tutta all'interno del piano della
conoscenza. Il merito maggiore che Simmel attribuisce a Kant e',
appunto, l'aver reso
possibile la costituzione dell'oggetto: da Kant in poi "[...] il
conoscere l'oggetto produce l'oggetto del conoscere." (2). Il
muoversi su questo solo piano consente forse di dire che al realismo
ontologico Simmel sostituisce il realismo concettuale (3), cosicche' la
necessita' di distinguere tra necessario e contingente permane come
esigenza epistemologica, ma si sposta all'interno del fenomeno. La critica simmeliana al realismo ingenuo (4) permette un nuovo
collegamento con Cassirer, in quanto i due Autori collimano negli esiti
di una concezione della conoscenza che questo lavoro cerca di far
emergere.
Sentiamo
zercio' alcune chiare riflessioni da Cassirer riguardo alla distinzione
tra soggettivo e oggettivo nel momento in cui essa si colloca sul solo
piano della conoscenza del fenomeno: "[...] si tratta qui non di
una rigida parete divisoria che mantenga separati due campi della
realta' divisi per sempre, bensi' di un confine mobile che si sposta
continuamente nel progredire della conoscenza medesima. [...] solo la
funzione che il confronto deve compiere rimane costante, mentre il
contenuto materiale dei due campi si trova in un continuo fluire. [...]
non si tratta di un cambiamento che avvenga nella sostanza delle cose,
bensi' soltanto di un cambiamento che riguarda la valutazione critica
delle conoscenze. [...] Finche' ci si attiene alla distinzione
metafisica [...] vige soltanto un semplice aut aut [...]. Nella
formulazione critica della questione, invece [...] l'opposizione non e'
piu' di due termini, bensi' di molti termini [...]." (5). Mi sembra di poter avvicinare i "molti termini" di cui
parla Cassirer alla originaria pluralita' del fenomeno piu' sopra
mostrata. Ma e' proprio questa che pone in modo
diverso il
problema della conoscenza oggettiva e
l'indivduaziono
del punto in cui per Simmel la scienza e' epistemologicamente possibile.
Potremmo tentare di individuare tale punto cominciando col chiederci
qual'e' per l'Autore il rapporto tra scienza e senso comune, ossia tra
conoscenza oggettiva e conoscenza soggettiva. La sostanziale omogeneita'
di pensiero che sotto quest'aspetto lega Simmel a Popper mi permette di
inserire da subito una riflessione di quest'ultimo: "Scienza,
filosofia, pensiero razionale, tutto deve cominciare dal senso
comune." (6). In questa frase Popper esprime l'idea che pensiero
comune e pensiero scientifico si pongano lungo una stessa linea di
continuita' (7): la visione del mondo che chiamiamo senso comune
appartiene anche alla scienza, come punto iniziale delle sue
osservazioni (8). Cio' che pero' distingue il procedimento scientifico
da quello comune, dice Popper, e' il metodo, che consente alla scienza
si autotrascendersi superando l'iniziale indifferenziazione rispetto al
senso comune. Un'analoga tematizzazione del rapporto tra i due tipi di
conoscenza si ritrova in
Simmel: "[...] il conoscere umano si e' sviluppato partendo da
necessita' pratiche, perche' la conoscenza
del
vero e' un'arma nella lotta per l'esistenza [...]" (9) che e'
emersa "[...] dalle forme embrionali di conoscenza del sapere
quotidiano." (10). Quest'ultimo, com'e' implicito nel passo appena
citato, risponde a criteri di utilita' e di adeguatezza allo scopo (11):
"[...] e' vero solo cio' che e' utile" (12). Questo induce a
una completa dipendenza della verita' dal soggetto e non dall'oggetto
della rappresentazione, e quindi a una considerazione relativistica
della verita' che solo nella vita e nella storia, e non fuori da esse,
si forma e si trasforma: "Pertanto vi sono in linea di principio
tante verita' diverse quante organizzazioni ed esigenze di vita in linea
di principio diverse." (13). Questa relativita' della verita' dal
punto di vista del suo valore assoluto, oggettivo, si potrebbe definirla
come una relativita' etica attraverso
cui Simmel legittima un prospettivismo morale che fa salva quella che
egli definira', in polemica con l'imperativo categorico, la legge
individuale (14). Posto che la verita' come contenuto sia una risposta,
essa e' funzione della domanda (15), del tipo di domanda. E' questo
il problema dell'unicita' o molteplicita' della
veriqa'.
Piu' verita' sono possibili solo a partire da piu' prospettive di
conoscenza. All'interno di ognuna di esse, la verita' si configura come
singolare non perche' sia "l'unica corrispondente alla
realta'" ma perche' si iscrive in una di tali prospettive di
conoscenza, in un universo di significato di cui rispetta le regole.
Ogni universo di significato, ogni sistema di riferimento
che il soggetto assume come valido, non accetta piu' di una e una
sola risposta dello stesso tipo. Non e' una presunta realta' oggettiva a
rifiutare piu' verita', ma ciascun sistema, che e' una costruzione del
pensiero. Se si considera ora il concetto di venita' del senso comune, sia
Simmel che Popper sottolineano che esso da sempre
presuppone nell'esperienza un rapporto immediato (16) con
l'oggetto, che qualifica come "dato"
puro della percezione. La scienza, invece, in quanto conoscenza
teorico-concettuale, nel corso del suo sviluppo ha elaborato
un diverso concetto di verita' (17), autonomo rispetto
all'utilita' pratica di cui la vita necessita. E' questo concetto di
verita' che cerchero' di mostrare. Al di la', infatti, dell'identita'
istituita dal senso comune tra verita' e utilita',
nell'epistemologia simmeliana e' possibile forse rintracciare una
teorizzazione della verita' secondo due distinte prospettive, che al
loro interno danno diversi significati alla verita' (18). Una prima
prospettiva (19) potrebbe essere quella che definisce la verita' in
riferimento alla rappresentazione presa di per se', ossia
considerata come singolo contenuto di conoscenza. L'altra è quella che
determina la verita' come rapporto tra le diverse rappresentazioni che
formano un sistema di conoscenza.
4.2 La verita' dal punto di vista della singola rappresentazione:
verita' e terzo mondo dei contenuti oggettivi
Dal punto di vista della singola rappresentazione, gia' alcuni dei
significati che Simmel attribuisce al concetto di verita' possono esser
desunti dalla teoria del terzo mondo descritta nel capitolo precedente,
e percio' verranno qui illustrati tenendo presenti quelle acquisizioni. Nel rapporto
tra l'idea
e la
rappresentazione, la
verita'
si defioisce dal punto di vista logico come contenuto idealmente valido
della rappresentazione. Secondo una prospettiva logica, dunque,
per Simmel la verita' e' l'idea del platonismo, ossia, secondo
l'interpretazione neokantiana di Cassirer, il dover essere della cosa. D'altronde si e' pur visto in precedenza che l'idea, sebbene in
rapporto alla rappresentazione sia gia' prestabilita e ne costituisca
percio' il modello, possiede una validita' intemporale ma non astorica,
nel senso che e' storicizzata e non immutabile. Se consideriamo l'idea
cosi' intesa come verita', questa si definisce dunque in rapporto al
sistema di valori del soggetto empirico: il vero e' il logicamente
possibile, che, gia' contenuto a priori ma inconsapevolmente
nell'orizzonte della conoscenza come valore, viene dal soggetto portato
a consapevolezza. In un approccio psicologico
la verita' e' unica (come norma che guida ogni sistema di valori), mu
non e' assoluta (20).
Infatti, essa e' il medio tra due categorie: la rappresentazione e il
sentimento di validita' attribuitole
dal soggetto.
Dice infatti
l'Autore: "
[...]
ogni singola conoscenaa e' il farsi consapevole di qualcosa che e' gia'
valido e stabilito nella concatenazione oggettivamente determinata dei
contenuti della conoscenza. Dal lato psicologico [...] ogni cosa
ritenuta vera e' un sentimento certo che accompagna i contenuti
della rappresentazione [...]. Nessuna percezione sensibile e nessuna
deduzione logica produce immediatamente la convinzione della verita';
sono soltanto condizioni che provocano il sentimento ultrateoretico
dell'affermazione, dell'assenso [...]. Esso costituisce il veicolo
psicologico tra le due categorie epistemologiche: tra il contenuto di
senso delle cose, valido, [...] e la nostra rappresentazione di esse,
che significa la loro realta' per il soggetto." (21). L'intelletto
da solo pertanto non e' capace di verita': vi e' bisogno dell'assenso
del valore, che riconosce la necessita' oggettiva di quella
rappresentazione come realizzazione di un contenuto idealmente gia'
stabilito che appartiene alla totalita' del sistema delle conoscenze. La
rappresentazione diviene vera quando alla sua correttezza interna si
aggiunge l'assenso
del soggetto.
Cosi', dal punto di
vista
psicologico, lp verita' e' un sentimento che va al di la' della
deduzione logica, al di la' dell'intelletto e delle sue regole: e'
un'attesa che la rappresentazione, come copia, realizza in riferimento
ad una totalita' di conoscenze valide oggettivamente, e idealmente
possibili. Qui viene in luce il significato che Simmel attribuisce alla
categoria del possibile (22): la sua concezione della verita' come
verita' logica indipendente dalle sue realizzazioni empiriche, dal fatto
di venir realizzata (23). Questo primo significato della verita' come
sentimento di validita', come assenso che il soggetto attribuisce a una
rappresentazione, si ricollega al rapporto tra l'idea e la
rappresentazione: alla teoria del terzo mondo di contenuti oggettivi.
Cosi' il fatto che una legge sia vera indipendentemente dal suo
essere scoperta, e dall'esistenza della materia cui si applica, non
dipende dal fatto che e' vera, ma dal fatto che e' un contevuto dello
spirito oggettivo, un prodotto del soggetto trascendentale che travalica
sia il singolo soggetto che la materia cui si applica. Questi significati della verita', come si e' gia' detto,
sono
deducibili a partirc dalle
riflessioni fatte nel precedente capitolo. Ma devono essere integrati
perche' emerga almeno in alcune delle sue molteplici sfaccettature il
concetto simmeliano di
verita'. Vorrei cercare di mostrare percio' un diverso tipo di
relativita' della verita', che riguarda anche le rappresentazioni
considerate oggettive dalla scienza. Questa, pur avendo elaborato nel
processo di distacco dal senso comune un nuovo concetto di verita' (24),
continua a conservare per Simmel un carattere di relativita'. Far
emergere questo significato che l'Autore attribuisce alla verita'
scientifica implica naturalmente soffermarsi nuovamente sulla sua
concezione della conoscenza. Il percorso per giungere a questa verita',
che gia' nel primo paragrafo si e' definita come rapporto tra le diverse
rappresentazioni che formano un sistema di conoscenza, puo' consistere
nel tentativo di definire il ruolo e il valore che Simmel attribuisce
all'universale. Esso si specifichera' nei paragrafi seguenti nelle due
forme del concetto e della legge. Vorrei riprendere (25) quella distinzione tra Objekt e Gegenstand
che ha permesso di definire la scienza come una "[...] donazione di
forma al materiale [...]", "[...] una donazione di forma ai
fatti secondo categorie e norme che per la scienza in questione sono a
priori [...]" (26). Da tale distinzione si era gia' dedotto che
mentre la conoscenza e' per Simmel un dare forma, il suo risultato e'
una forma. A partire dagli elementi che vengono selezionati di volta in
volta nella conoscenza in base a quell'idea-guida che abbiamo visto
costituire un primo significato della verita', obiettivo della
conoscenza diviene la formazione di concetti unitari (27) che si
qualificano appunto come forme.
E' possibile giungere a questa conclusione rispetto
all'epistemologia simmeliana considerando l'analisi che l'Autore piu'
volte conduce in ambito sociologico circa i rapporti tra individuo e
gruppo (25). Trasferendo quest'analisi dal campo applicativo della
sociologia al campo dell'epistemologia, come Simmel stesso autorizza
esplicitamente a
fare (29),
viene in
luce la sua
concezaone
del rapporto tra universale e particolare. Vedremo cosi' che il concetto
di forma in Simmel e' strettamente connesso a quelli di universale e di
particolare. Forse la loro descrizione risulta piuttosto complessa e
problematica proprio per gli intrecci e le sovrapposizioni che li
legano. Vorrei anzitutto indicare quale funzione Simmel attribuisce alla
forma intesa dal punto di vista concettuale: essa e' un'astrazione che
"[...] facilita il dominio del molto e dei molti a partire da un
solo punto." (30). La potenza formatrice
fa infatti parte di una tendenza generale dello spirito (61) al
"risparmio di energia" (32), che l'Autore definisce
intellettualismo. Gli elementi della conoscenza vengono connessi tra
loro in una forma, sulla base di integrazioni e salti
che sostituiscono al continuum eterogeneo il continuum
noetico della conoocenza (dis-continuum rispetto a quello ma continuum
al suo interno come ogni forma della conoscenza)(33). A proposito di
questa costruzione di connessioni unitarie nel lavoro storiografico,
Simmel afferma: "[...] i punti di condensazione,
gli elementi importanti [...] a cui quel
molteplice
si riduce ppr la conoscenza devono ora essere saldati in unita': [...]
in un processo unico e continuo, in una connessione intellegibile
[...]" (34) E piu' avanti, riferendosi alla capacita' di
integrazione e di selezione: "Questa struttura [...] consente
all'anima di compensare costantemente le interruzioni temporali delle
sequenze oggettivamente coerenti [...]" (35). Possiamo ora soffermarci sul processo analogo che da' origine tanto
alla formazione dei concetti che a quella dei gruppi sociali. In esso si
compongono movimenti reciproci di differenziazione e sintesi,
individualizzazione e generalizzazione
(36) che si rimandano all'infinito. Dal punto di vista della formazione dei concetti, all'unificazione
in una forma concettuale dei contenuti dell'esperienza sulla base di una
determinata idea-guida segue nel progresso della conoscenza una
differenziazione che fa nascere nuove formazioni concettuali. Una prima
sintesi si da' a partire da caratteristiche di evidenza immediata,
questo perche' la percezione coglie
il fenomeno
come un
tutto indifferenziato, che assume come tale la
forma stabile e unitaria nella pura
successione temporale, cosicche' forma e funzione coincidono
nella totalita' del fenomeno: le due parti sono omogenee tra loro e
formalmente identiche. Ad un
livello superiore di astrazione, a questa prima sintesi in una totalita'
unitaria e omogenea segue la differenziazione tra le parti, che mette in
luce caratteristiche meno evidenti consentendo la formazione di nuovi
concetti (37). La differenziazione investe cosi' la totalita' del
fenomeno, che non puo' piu' configurarsi come forma stabile, ma come forma
dinamica, perche' ora sono compresenti nella coesistenza spaziale
parti diverse le une dalle altre in base alle funzioni cui
assolvono (38). In realta', pero', tra coesistenza spaziale e
successione temporale la differenza non e' di principio ma di grado:
cio' che cambia e' il soggetto della differenziazione e quindi la
prospettiva di analisi da cui si guarda la formazione dell'unita':
"[...] un mutamento della forma e del soggetto [della
differenziazione]". (39). E' possibile infatti ridurre la
dimensione spaziale
alla dimensione
temporale: la coesistenza spaziale e' sempre relativa a quella
temporale, ossia e' sempre in
funzione di una determinata unita' di tempo presa come riferimento
ideale in se' omogeneo dal pensiero, che delimita nelle serie temporali
una certa frazione come unitaria, tralasciando che essa e' al suo
interno sempre ulteriormente scomponibile all'infinito. Infatti se due
funzioni hanno luogo nello stesso periodo di tempo, ossia nella
coesistenza spaziale, le loro parti non possono che presentarsi nella
successione temporale delle frazioni in cui e' possibile scomporre
quell'unita' temporale assunta dal pensiero concettuale (40). Con la
differenziazione della totalita' in parti differenti tra loro, ciascuna
parte puo' nuovamente costituirsi, a partire da nuove sintesi, a sua
volta come forma, come totalita' al suo interno omogenea.
4.4 La forma come universale concreto
Nel senso in cui si e' finora parlato del concetto come forma,
questa, come verra' meglio in luce ora, e' intesa da Simmel come
universale. La forma rappresenta, infatti, la possibilita' di opporre al
modo astratto e ideale in
cui tradizionalmente si era concepito l'universale, un concetto che nel
contempo faccia salva l'individualita' dei contenuti da cui nasce:
l'intento e' appunto di
"[...] affermare l'universale negandone l'astrattezza [...]
derivare il singolo da un concetto generale, senza sacrificare la sua
realta' materiale [...]" (41), ma anzi garantendo l'immediata
connensione con tale realta'. L'esempio piu' evidente che Simmel
fornisce di quest'impostazione del problema e' la societa': "Non
esiste mai societa' in generale nel senso che quei particolari fenomeni
di connessione si siano formati soltanto presupponendo la sua esistenza:
infatti non esiste alcuna azione reciproca in quanto tale [e' questo che
Simmel intende per societa'] ma particolari modi di essa, con il cui
manifestarsi la societa' esiste e che non sono ne' la causa ne' la
conseguenza di questa, ma sono immediatamente gia' essa stessa. Soltanto
la sterminata quantita' [...]
ha conferito al concetto generale di societa' una realta' storica
apparentemente autonoma." (72).
La forma come
concetto universale ha pertanto la sua origine nell'immediatezza delle
individualita' che la compongono e da cui il pensiero
le astrae secondo l'idea-guida scelta di volta in volta (nel caso
della societa', come si e' ricordato nella citazione, le interrelazioni
tra gli individui). Solo in seguito essa assume
un significato che va al di la' della loro mera somma numerica,
costituendo una nuova forma
autonoma dotata di una logica propria che trascende ciascuno dei singoli
particolari e che anzi si oppone ad essi come un che di estraneo e di
sostanziale. Sul piano epistemologico, cio' significa che l'universale come
concetto si configura come quel contenuto generalissimo cui ogni
riferimento diretto all'esperienza sia stato sottratto dal
neutralizzarsi reciproco di innumerevoli contenuti particolari, come
risultato di un graduale processo di condensazione che ha reciso
sul piano gnoseologico ogni rapporto con i suoi referenti diretti e su
quello psicologico ogni consapevolezza di tale rapporto col particolare
empirico, presentandosi cosi' come un'istanza assoluta avente valore di
in se', come forma autonoma, come sostanza.
La sua oggettivita', la sua verita' nasce per Simmel: "[...]
solo dall'intersecazione e dalla reciproca limitazione di
rappresentazioni singole, di nessuna delle quali si puo' riconoscere, in
se' e per se', se non sia magari puramente soggettiva." (43).
E' dall'incontro di ognuna con tutte le altre, per l'elidersi
delle contraddizioni che ne nascono, che si forma, per un verso come
risultato e per l'altro come fondamento, una rappresentazione oggettiva,
la quale deve pero' possedere un grado di formalita' e reciprocamente un
grado di indeterminazione superiore a quello delle rappresentazioni
singole. Queste considerazioni ci conducono direttamente nel cuore della
concezione simmeliana dell'universale. Come formazione autonoma,
l'universale potrebbe apparire a priori rispetto al singolo individuo;
viceversa, se lo si guarda dal punto di vista della totalita' dei
singoli particolari che lo compongono, poiche'
non avrebbe ragion d'essere al di la' di questa totalita',
potrebbe venire considerato a posteriori rispetto ad essa, intesa come
complesso logicamente pensabile. In realta' per Simmel, come lui stesso
chiarisce nel passo sulla societa',
l'universale rispetto al complesso logico dei
suoi
particolaqi concreti non e' ne' a priori ne' a posteriori,
essendo anzi precisamente proprio tale complesso. Pertanto la dialettica
di rimandi particolare-universale, e la connessa dialettica di
prospettive a priori-a posteriori ne fanno emergere senza possibilita'
di equivoco il carattere empirico. L'universale rappresentato dalla
forma - forma che assume significato e valore in base alla sua funzione
(44) - è un universale concreto, in re, che solo nel rapporto
col particolare assume legittimita' e necessita'. Questa concezione della forma non
e' stata correttamente intesa da molti critici simmeliani: la
definizione di formalismo infatti dev'essere concepita
"[...] in senso tutt'altro che ristretto. Esso non esclude
le idee, come qualcuno ha temuto, dalle forme [...]; ne' [...]
l'elemento contenutistico [...]. Il concetto di forma che Simmel ci
propone non offre ne' una semplice riproduzione, ne' un'anticipazione
normativa della realta' esistente. Esso assume il doppio ruolo
di concetto tipo (modello ideale) e di principio metodico
che
permette di
ordinare elementi
contenutistci non fondati in alcun apparato conoscitivo." (45).
Guardando ora all'altro dato del rapporto tra universale e particolare, quello dell'individuale, cosi' come in ambito sociale l'individuo nell'appartenenza a piu' gruppi sociali acquista via via piu' particolarita' e univocita' per l'originale combinazione di tali appartenenze, in campo epistemologico quanto piu' vasta e' la combinazione tra gli universali cui sono sussunte le sue qualita' tanto piu' il particolare e' determinato nella sua singolarita'. Cio' che e' dunque specifico dell'individualita' e' la combinazione tra universalita', tra concetti universali (46). Queat'interpretazione del fenomeno, dell'individuale, come punto d'incrocio di innumerevoli universali che lo definiscono in modo via via piu' preciso si puo' dedurre in vari punti dell'opera simmeliana (47), ma l'esempio piu' chiaro viene forse dalla definizione di individuo, che deriva per Simmel dal suo rapporto con le cerchie sociali in cui e' inserito: "[...] il punto d'incrocio di innumerevoli fili sociali [...] [che] diventa individualita' per le particolari quantita' e combinazioni con cui si raccolgono in essa gli elementi del genere." (48). A me sembra che qui venga prepotentemente in luce con tutta chiarezza il concetto simmeliano di fenomeno, il significato epistemologico dell'oggetto. Esso si configura come il punto di incrocio di innumerevoli connessioni della conoscenza, ognuna delle quali attraversa il fenomeno secondo una sua specifica direzione, immettendolo in une specifica serie e assegnandogli uno specifico posto. Cosi' il fenomeno assume una forma che deriva dalla funzione cui assolve in quella determinata connessione con gli altri elenenti della stessa serie. In questo senso si puo' parlare del fenomeno, dell'oggetto come una forma-funzione, identificando i due termini. E' Simmel stesso che introduce quest'identita' tra forma e funzione quando parla di "[...] funzione come pura forma [...]" (49) e di "[...] forma o funzione [...]" (50). In questa prospettiva la sostanza si funzionalizza: a seconda del punto di riferimento, ossia della specifica forma di conoscenza in cui e' inserito, il fenomeno assume una forma piuttosto che un'altra. In se', infatti, esso non e' nulla (51); anzi e' rivestito di senso e contenuto solo in rapporto ad altri, ossia a un sistema da intendere unitariamente, che nel caso che qui ci interessa e' la scienza. Il fenomeno in questa prospettiva e' dunque un punto dello spazio e del tempo attraversato da infinite possibili linee interpretative che ne modificano il contenuto in funzione propria. Queste ultime lo attraversano secondo prospettive diverse della conoscenza e cosi' facendo lo inseriscono in infinite serie di connessione tra elementi dell'essere. E' questo significato del fenomeno come punto di passaggio in se' indifferente cio' che lo costituisce come funzione, determinando dal punto di vista gnoseologico il cambiamento nella considerazione dell'oggetto da sostanza a funzione della conoscenza. Questa trasformazione e' stata sottintesa da tutto il percorso che fin qui questo lavoro ha compiuto, ma soltanto ora il soffermarsi sul concetto di fenomeno come forma-funzione l'ha potuta rendere esplicita.
4.6
Il passaggio dalla sostanza alla funzione
Simmel, pur riconoscendo nella storia del pensiero la rilevanza
della suddivisione tra sostanza e accidenti, la considera uno stadio
mitologico di iniziale orientamento nel caos del reale che ha poi
preteso uno statuto di unicita' che non le spettava (82).
La contrapposizione ontologica, effetto di un pensiero primitivo,
deriva dal bisogno dogmatico di ritrovare nel continuum
fenomenico dei punti fermi, stabili, fissi che fungano da riferimento in
quanto fondati solo su di se', e che quindi vengono dal soggetto
empirico rivestiti di valore assoluto. Questo pensiero primitivo assegna
ai fenomeni percepiti una sostanza che ne e' al tempo stesso causa e
fondamento oggettivo, istituendo tra la rappresentazione delle cose e le
cose stesse un'identificazione che da' alla conoscenza il carattere
dell'immediatezza (53). Per Simmel come per Cassirer (54),
tutta la storia del pensiero e'
leggibile come progressivo passaggio dall'oggetto come sostanza a
se' stante all'oggetto come funzione
della conoscenza.
La dissoluzione
di ogni
dogmatismo
ontologico rappresenta infatti uno dei caratteri della modernita': la
vita spirituale moderna va nella direzione di "[...] dissolvere
cio' che e' solido, identico a se', sostanziale, in una funzione, in una
forza, in un movimento [...]" (55). Riguardo alla sostanza Simmel
pertanto afferma che "[...] non c'e' alcuna unita' reale da
scoprire [...] [questa] e' solo un concetto [...]" (56). La critica
al carattere ontologico del concetto di sostanza conduce a dissolvere
qualunque unita' e a trasformarla in un concetto prospetticamente
mobile, cosicche' cio' che e' unita' da un determinato punto di vista
non lo e' da un altro. La sostanza si presenta dunque come un'unita'
concettuale, ideale, post rem: come una forma. Anche se nella prassi,
nella consapevolezza del soggetto empirico, la forma e' considerata
originaria, cio' che la produce e' una funzione unitaria, che la
individua a posteriori ed empiricamente, non a priori e metafisicamente
(57). Una delle fondamentali capacita' dello spirito e' quella di
costruire simboli, ossia di sostanzializzare in oggetti particolari le
astrazioni compiute a partire da determinati
rapporti e
fenomeni, di
modo ohe tali oggetti
risultano essere al tempo stesso le forme pure di tali rapporti e le
sostanze di cui lo spirito ha bisogno nella prassi. Cosi', pur esponendoli tra loro come due diversi modi di concepire
i fenomeni, Simmel opera a livello epistemologico una riduzione del
concetto di sostanza a quello di funzione, affermando che ad un esame
piu' approfondito lo stesso concetto di sostanza si rivela un concetto
di funzione (58): cio' che ha rilevanza dal punto di vista del soggetto,
e che da questo puo' venir
riconosciuto, non e' l'essere in se' delle cose,
in quanto tale assolutamente indifferente, ma l'essere per noi,
ossia l'essere per un determinato scopo. Questo "essere per"
che caratterizza tutte le cose ha il doppio significato di essere per il
soggetto e di essere le une per le altre. Quest'impostazione della
conoscenza giunge cosi' alla dissoluzione di qualunque unita'
ontologicamente intesa, ma puo' evitare il circolo vizioso di un
universo di significati e di determinazioni senza alcun contenuto
stabile perche' si appella da un lato all'Io come unico punto di
riferimento (dalla
cui prospettiva di
volta in volta
vengono
determinati i contenuti del mondo) e dall'altro, come si chiarira' ora,
al movimento stesso della conoscenza.
4.7 Il significato della funzione come valore: l'essere per il
soggetto
Nel primo senso in cui si puo' intendere il concetto di funzione,
cioe' quello dell'essere per il soggetto, Simmel puo' dire: "La
funzione e' il generale rispetto allo scopo specifico a cui essa serve,
il sentimento religioso e' il generale rispetto al suo contenuto di
fede, la conoscenza e' il generale rispesto ai suoi singoli oggetti
[...] nei confronti della molteplicita' dei quali essa si comporta come
sempre uguale a se stessa. Tutte queste sono forme e configurazioni che
comprendono i materiali piu' diversi. [...] il senso del valore [...] si
libera dalla sua materia e si incorpora nella sua funzione, che e'
generale e anche astratta." (59). Il passaggio dalla sostanza alla
funzione che si attua nel procedere dello spirito e' dunque, come si
deduce da
questo passo, un trasferimento di valore, di
senso,
di significato dall'una all'alkra, e' una differenziazione che lascia
libera la forma-funzione di riempirsi di contenuti autonomi. E' il
valore cio' che passa dall'una all'altra: "[...] la maggior parte
delle cose non hanno valore, ma lo possono avere e per fare cio' devono
continuamente emergere al di
fuori di se' ed entrare in rapporto con altre cose.
[...]. Il nostro senso del valore si connette soltanto agli
effetti che le cose producono." (60). Si puo' dunque affermare
che il passaggio dalla sostanza alla funzione e' un passaggio di valore,
nel senso che il soggetto da' forma a quei determinati
contenuti della conoscenza ai quali attribuisce valore, e questi
divengono oggetti della conoscenza in quanto hanno valore per il
soggetto. Infatti, dice Simmel,: "Costituisce un aspetto
fondamentale del mondo spirituale, il fatto che noi incorporiamo in
particolari formazioni i rapporti tra piu' elementi dell'essere; queste
formazioni costituiscono evidentemente anche essenze di per se'
sostanziali, ma la loro rilevanza per noi consiste soltanto nel fatto
che esse permettono di visualizzare un rapporto [...]." (61).
4.8
Il significato della funziyne come rapporto: il concetto come forma di
unione delle rappresentazioni. La forma-funzione.
Nel passo appena citato si puo' individuare la connessione dei due
significati dati al concetto di funzione. Infatti che le forme abbiano
lo scopo di visualizzare i rapporti tra gli "elementi
dell'essere" costituisce il secondo significato in cui si puo'
intendere il concetto di funzione in Simmel, quello di relazione tra
tali elementi. Dissolvendosi il significato sostanziale, le forme
divengono funzioni aventi lo scopo di connettere quegli elementi in
relazione tra loro. "L'attivita' conoscitiva stessa, infatti, che
produce tale dissoluzione, pare sottrarsi da parte sua al flusso
dell'eterno sviluppo e alla determinatezza puramente comparativa dei
singoli contenuti." (62). Questa determinatezza si riferisce
proprio alla relativita' delle determinazioni, i cui contenuti si
stabiliscono non in se', ossia isolatamente, ma in relazione a un prima
e a un dopo con cui il singolo elemento e' in rapporto. Il discorso
che si
e' fin
qui svolto sul passaggio
soshanza-funzione
(e sul significato della funzione come rapporto) specifica in una prima
direzione il significato epistemologico della forma. Il principio che
dal punto di vista gnoseologico consente di racchiudere sotto un
concetto unitario un insieme di interazioni e' infatti la funzione, che
pertanto determina la forma come forma-funzione. Se dal punto di
vista metafisico qualunque elemento e' sempre ulteriormente scomponibile
e la semplicita' e' una categoria inapplicabile in senso assoluto, cio'
che rende possibile l'unificazione degli elementi della conoscenza in
una forma concettuale e' quindi un'operazione dell'intelletto, che
unifica quegli elementi in base ad una funzione. Cio' che da un punto di
vista gnoseologico e' in ordine di tempo primario sono le interazioni,
non il nome che le unifica, il quale non e' appunto dotato di alcuna
sussistenza, di alcun sostrato reale. Il contenuto di quel nome e'
pertanto l'unificazione di piu' rappresentazioni in un concetto,
che risulta dunque come forma di unione delle rappresentazioni.
Che poi tale nome si riferisca a un insieme in se' ulteriormente
scomponibile, e dunque ne' semplice
ne' originario,
e' un fatto
assolutamente
secondario
e iadifferente per lo scopo che ha prodotto quel nome (63). Una corretta impostazione del lavoro scientifico deve dunque essere
avvertita nell'uso di categorie e concetti, considerando sia le une che
gli altri come forme che esprimono unitariamente rapporti tra fenomeni,
cosi' da ricondurle ai processi di sintesi intellettuale da cui si sono
formate come rappresentazioni
unitarie. Nella scienza moderna infatti "[...] ogni elemento occupa
un posto limitato da determinarsi soltanto in base al rapporto con cio'
che lo precede e con cio' che lo segue; che essa rinunci all'essenza in
se' delle cose e si accontenti di determinare i rapporti tra le cose e
il nostro spirito, considerati dal punto di vista di quest'ultimo."
(64). Se invece le considera come sostanze (65), la conoscenza
scientifica ipostatizza in unita' originarie e assolute dei processi in
se' estremamente complessi e rende impossibile la comprensione dei
rapporti che esse vogliono esprimere; infatti, considerando
originarie quelle unita', si puo' procedere soltanto sulla base di una
rigida causazione dall'una all'altra o
viceversa. Nel
momento in
cui
invece
il lavoro scpentifico e' avvertito dell'arbitrarieta' delle
concettualizzazioni e delle sintesi e' inevitabile che le consideri
delle forme dinamiche la cui determinazione non e' univoca, cosi' come
non lo e' quella dei loro rapporti reciproci. Ma l'arbitrarieta' di quelle concettualizzazioni, di quelle
rappresentazioni unitarie, non sconfina nell'arbitrio soggettivo, non
esclude la loro oggettivita' e validita' scientifica.
E' il movimento della conoscenza che garantisce la possibilita'
dell'oggettivita' alla conoscenza: essa risiede nella rispondenza a
certi criteri stabiliti dalla comunita' scientifica come validi, e
dunque nell'accordo comune di tutte le sintesi e concettualizzazioni nel
campo o sistema scientifico in questione. Il concetto di funzione ha
percio', come si e' cercato di mostrare, un doppio significato: da un
lato esso vuole indicare nell'oggetto della conoscenza cio' che lo
costituisce in unita' a partire dal manifestarsi di interazioni,
dall'altro sembra riferirsi, dal punto di vista del soggetto della
conoscenza, allo scopo in base al quale l'oggetto
viene concepito,
alla finalita'
della
conoscenza
stcssa, significato questo nel quale il concetto di funzione potrebbe
assimilarsi a quello di progetto. La conoscenza dunque non e' mai
diretta e immediata esperienza, ma sempre anticipazione di un
determinato contenuto.
4.9 Il rapporto tra concetto e idea: la connessione
tra intelletto e volonta' nella conoscenza.
Quest'anticipazione e' forse individuabile nell'idea. Cassirer
afferma che l'idea in Platone e' il
modello, l'universale che oltrepassa l'oggetto specifico e
particolare e attinge al mondo dei puri contenuti. La forma dell'oggetto
e' pertanto in funzione del fine che il soggetto le attribuisce, del
valore che esso assume per il soggetto: "Ogni essere semplicemente
essente e' un dover essere." (66)
In cio' dunque ogni esserci e' sempre in relazione ad altro, a un
qualcosa che lo trascende, e la conoscenza e' proprio la ricerca di una
proporzione, di un'armonia tra l'esserci e il dover essere, tra fenomeno
e idea. L'idea trascende la
cosa ma e' con essa in continuo rapporto, poiche' soddisfa la sua
definizione e la sua destinazione. Cosi' cio' che distingue un semplice
agglomerato da un'unita', da un concetto unitario di oggetto, da un
fenomeno, e' il fine, che rende l'eterogeneita' degli elementi una
serie, una forma unitaria, strutturata secondo un suo proprio telos.
Perche' infatti sia possibile la costruzione di una serie di elementi
internamente connessi e ordinati in un concetto, tali da concorrere nel
loro complesso a costituire una forma unitaria,
e' sempre necessaria un'idea-guida, un'idea regolativa: si
stabilisce cosi' un rapporto tra concetto - come forma di unione
delle rappresentazioni - e
idea - come ideale che rende possibile quell'unificazione.
Cosi' nella conoscenza, mentre l'idea e' regolativa, il concetto
e' costitutivo (67). E poiche' l'idea
fonda la connessione tra elementi eterogenei in un complesso
unitario rappresentato dal concetto, la conoscenza e' sempre rapporto
col terzo mondo ideale dei puri contenuti. Noi formiamo una totalita'
concettuale in se' connessa interpretando il materiale della conoscenza
come espressione di un contenuto ideale in esso presente, facendo
assurgere a
validita' intemporale cio' che si
presenta
bella sua individualita' di contenuto inserito nel flusso dell'eterno
divenire. Qui il problema dell'essere si trasforma nel problema del
significato: e' questo il punto nel quale la conoscenza come forma
specifica di oggettivazione attua quella connessione tra serie
dell'essere e serie del valore, tra intelletto e volonta', di cui nel
terzo capitolo si era gia' parlato a proposito dell'oggettivazione in
generale. Perche' un oggetto nel senso del rickertiano Objekt sia
sottoposto a conoscenza, e' necessario un atto di scelta del soggetto
che lo ponga, lo faccia assurgere a fine della conoscenza. In questo
senso l'oggetto e' un valore, assumendo un significato che esula dal
contesto specifico della conoscenza di cui di li' a poco diverra'
oggetto. Il valore e' infatti, come le parole stesse di Simmel ci
avevano gia' chiarito, qualcosa che si appone dal di fuori ai fenomeni.
"Il punto di vista unitario in base al quale avviene la sintesi
[tra elementi eterogenei] e' la loro relazione con uno scopo unitario
[...] cioe' la loro relazione con il terminus ad quem [...]"
(68). L'identita'
funzionale puo'
dunque
tralascpare
l'eterogeneita' dei contenuti, e mettere a fuoco l'uniformita' formale.
Una volta determinato il fine della conoscenza, con un atto di
consapevole scelta del soggetto, alla serie teleologica che considera i
fenomeni dal punto di vista del loro essere per il soggetto, del loro
avere valore, si sostituisce la serie causale, che inserisce i fenomeni
nella dimensione dell'essere non piu' per il soggetto, ma l'uno per
l'altro in una serie il cui principio e' la legge, e' il rapporto di
causa-effetto. Soltanto qui entriamo nel vero e proprio sistema della
conoscenza: al terminus ad quem si sostituisce il terminus a
quo.
4.10 Il rapporto tra concetto e legge: la legge come forma
di rapporto tra le rappresentazioni
E' questo il punto nel quale alla liberta' del soggetto nella
scelta, si sostituisce la necessita' della legge: nella
conoscenza, infatti, se il primo passo, come chiarisce bene Simmel, e'
libero, tutti gli altri sono necessitati da quello. Al
rapporto tra
concetto
e
idea
sinora consideyato, che pone i contenuti della conoscenza in rapporto
con un ideale che ne costituisce la norma e la misura esterna,
si sostituisce
cosi' il rapporto tra
concetto e legge, tra i singoli contenuti e la funzione che ne
regola la connessione. Cerchero' di puntualizzare il senso in cui Simmel intende la legge
come rapporto di causa-effetto e la sua necessita', indicando cosa dei
fenomeni esprime la legge, in che senso essa puo' dirsi necessaria e
quindi in che rapporto si pone rispetto ai fenomeni, costituendo proprio
la possibilita' della loro comprensione. La radicale critica simmeliana
del concetto di causa cosi' come e' stato inteso dalle due posizioni
fondamentali ma antitetiche dell'oggettivismo kantiano e del
soggettivismo humiano puo' servirci a questo scopo. Nella storia del
concetto di causalita' Simmel individua la dicotomia
insuperabile tra universalita' della legge da un lato -
universalita' che ha valore al di la' di ognuno dei
singoli casi in cui la legge si manifesta - e soggettivita' del
singolo caso, dall'altro. Simmel vuole porsi al di la' di questa
dicotomia e
considerare la
validita' oggettiva della
legge
sna al di sopra di ognuno
dei suoi singoli casi, sia, nello stesso tempo, come espressione
di tutti i possibili e di tutti i reali. Cio' significa che mentre ogni
caso non puo'
esaurire il contenuto della legge, la somma assoluta dei casi -
pensabile ma non conoscibile dal soggetto empirico
- e' espressa dalla legge. La diversita' tra "ognuno" e
"tutti" e' dunque
differenza tra prospettive gnoseologiche:
nell'un caso si fa riferimento al rapporto tra legge e caso come
autonomia della prima nei confronti della dipendenza del secondo;
nell'altro caso all'identita' tra legge e somma assoluta dei suoi
casi. "Certo, la teoria della conoscenza deve distinguere la
legge eterna di natura dalla somma
temporale delle sue attuazioni: ma io non capisco che funzione essa
possa avere all'interno della prassi del conoscere all'infuori
della determinazione di qgni singola attuazione." (69). Kant e Hume
sono cosi' per Simmel interni alla stessa
prospettiva gnoseologica, che vede nella legge un che di altro
rispetto ai singoli casi e si arresta a questa considerazione,
ribadendola l'uno, contestandola l'altro.
Procedere oltre
per Simmel
non vuol
dire
scanfessare
l'affermazione che vuole la legge "altra" rispetto ai singoli
casi, ma riconoscerla come espressione dell'appartenenza del singolo
caso a una totalita' di cui la legge costituisce la formula
astratta, la regola, la funzione: la forma del rapporto tra le
rappresentazioni (70). Essa rappresenta la necessaria connessione
dei fenomeni tra
loro, cio' che rende possibile il connetterli come elementi
in una serie. E' dunque sul piano empirico che avviene la
distinzione tra legge e somma temporale, mentre sul piano logico vi e'
identita' in quanto la legge esprime la formula di tutti i casi
possibili cui si applica, necessaria al di la' del suo effettivo
manifestarsi. La necessita'
cui fa riferimento Simmel e' quella che caratterizza il mondo dei puri
contenuti, il terzo regno delle idee valide oggettivamente:
e' appunto la necessita' della legge, non la necessita' del
fenomeno in cui quella legge si esprime.
Essa non appartiene al piano della realta' ma al piano della conoscenza:
le leggi da sole non sono in
grado di restituire l'esistenza reale in
quanto sono espressione puramente ideale
di quella,
e quindi ne
esprimono soltanto il contenuto idealmente valido, non
l'effettivita' reale. Perche' sia possibile il passaggio dal
piano ideale delle leggi al piano reale dell'esistenza empirica dei
fenomeni, e' necessaria la
categoria dell'essere, che Simmel intende come la sostanza assolutamente
indifferenziata, la pura materia. L'essere
e le leggi sono ambedue "[...] puri fatti [...]"
"[...] in linea di
principio indipendenti tra loro [...]" (71). Perche' dunque sia
possibile un rapporto tra tali puri fatti assolutamente distanti tra
loro, e' necessario un termine medio, la forma, il concetto, che
costituisce la possibilita' della connessione
tra l'essere e le leggi in quanto esterno
ad ambedue (72). Nel momento
in cui tra l'essere e le
leggi il concetto stabilisce un rapporto, questo
assume la forma della necessita',
che e' qualcosa di esterno ad ognuna delle due
categorie. Questa
forma fa si' che la scienza si inserisca nel
piano dell'esperienza reale, che non rimanga sul piano della
validita' ideale assolutamente indifferente delle leggi. Nel senso in cui queste considerazioni hanno reso esplicito
il concetto
di legge in
Simmel si puo'
conclbdere
che la legge cui la conoscenza scientifica mira, come necessaria forma
di rapporto tra le rappresentazioni, e' riconducibile anch'essa, come il
concetto, all'universale. Il significato che gia' la riflessione
simmeliana sul concetto attribuiva a tale universale nella scienza
moderna viene qui ribadito ora per quanto riguarda la legge: sia l'uno
che l'altra si configurano come universali concreti, empirici, proprio
in quanto amredue esprimenti una funzione, e quindi legati al
particolare. Mentre il concetto si e' definito come l'universale
forma di unione delle rappresentazioni, la legge si configura
come l'universale forma del rapporto reciproco tra le
rappresentazioni (73).
4.11 La verita' come rapporto tra le singole rappresentazioni che
formano un sistema di conoscenza. Verita' della singola rappresentazione
e verita' del sistema: il rapporto tra il singolo contenuto di
conoscenza e il sistema.
Dopo aver considerato il rapporto tra concetto e idea e quello tra
concetto e legge, possiamo soffermarci sul rapporto tra il
singolo contenuto di conoscenza e il sistema di cui fa
parte. La concezione simmeliana dei contenuti della conoscenza come
funzioni e non come sostanze da' al problema del rapporto tra conoscenza
e realta' un nuovo significato che modifica di conseguenza il contenuto
di verita' di ogni singolo concetto. Traslando sul piano gnoseologico le riflessioni che Simmel elabora
raguardo al denaro come strumento di misura dei valori economici, si
puo' affermare che per l'Autore non e' necessario che tra sistema di
misura e sistema da misurare esista una identita', un'omogeneita'
sostanziale, bensi' e' sufficiente un'analogia funzionale. "Sarebbe
giusto ritenere che la merce e cio' che la misura debbano avere la
stessa natura, se vi fosse un'unica merce da equiparare con un valore
monetario. Ma [...] basta determinare il rapporto di diverse (o di
tutte) le merci tra di loro [...] e porre l'equivalenza di tale rapporto
con la frazione corrispondente dell'offerta di moneta disponibile."
(74). Se l'analogia che vorrei stabilire non e' illegittima, e si
considerano ora il singolo concetto e il singolo oggetto della
conoscenza l'uno come strumento
di
misura dell'altbo analogamente al denaro e alla merce, si puo' forse
dire che come la confrontabilita' tra la singola somma di denaro e la
singola merce non e' immediata ma e' resa possibile dall'assunzione di
una corrispondenza tra la totalita' del denaro e la totalita' delle
merci, cosi' la confrontabilita' tra il singolo oggetto della conoscenza
e il singolo concetto non attiene ad un rapporto diretto tra questi due
termini. Cosi', mentre il rapporto tra le due totalita' e' un assioma,
il rapporto, fondato su quello, tra le due particolarita' - il singolo
oggetto e il singolo concetto - e' una dimostrazione. "Questo
rapporto di totalita' tra di
loro ha in un certo senso il significato di un assioma che non e' vero
nello stesso modo in cui lo sono le singole proposizioni che si fondano
su di esso; le proposizioni sono dimostrabili, mentre l'assioma non puo'
riferirsi a nulla da cui lo si possa dedurre logicamente." (75). La
verita' del rapporto tra le due totalita' pertanto non e' vera nello
stesso senso in cui e' vera la verita' del rapporto tra le due
particonarita'. La prima verita', quella del sistema
della conoscenza,
puo' trovarsi soltanto fuori
dal
sistema: e' posta q priori dal soggetto trascendentale,
e' esterna, e' il fondamento. La seconda, in quanto e'
interna al sistema stesso, e' scoperta a posteriori dal soggetto
empirico, e pertanto ha fondamento. Cio' vuol dire che la verita'
della singola proposizione scientifica esiste in quanto e' sostenuta
dall'intero sistema delle proposizioni scientifiche cui essa si
riferisce. La verita' dell'intero sistema invece esiste in quanto posta
in essere dal seggetto trascendentale, come posizione a priori: "La
totalita' del conoscere sarebbe cosi' altrettanto poco "vera"
di quanto la totalita' della materia e' pesante; le proprieta', che non
si potrebbero attribuire senza controddizione al tutto, varrebbero
soltanto nel rapporto delle parti tra loro." (76). Si delinea qui
la concezione che Simmel ha della scienza come conoscenza che si
sviluppa all'infinito secondo un doppio movimento (77), da un
lato circolare, dall'altro lineare: "La necessita' propria del
nostro spirito di conoscere la verita' mediante prove, sposta
all'infinito la possibilita' di conoscere, eppure si muove in un circolo
[...]" (78).
Il movimento della conoscenza e' circolare in quanto ogni
verita' e' sostegno ed e' sostenuta da ogni altra all'interno del
sistema della scienza considerato come sistema chiuso: "[...] cio'
significa che ogni legge diventa valida in quanto tale soltanto mediante
un'altra legge, e non di per se'." (79).
E ancora: "Se la verifica di una proposizione avviene
risalendo ai suoi fondamenti [...], ci si accorge spesso che la verifica
e' possibile soltanto, cioe' e' verificabile a sua volta, se si
presuppone che la prima proposizione da verificare e' gia' verificata.
[...] Se non vogliamo una volta per tutte fermarci dogmaticamente su una
verita' che non richieda per sua natura di essere dimostrata, e' facile
ritenere questa forma di prova reciproca come la forma fondamentale
della conoscenza, pensata come chiusa in se'." (80). D'altronde, il movimento della conoscenza e' lineare, in
quanto ogni verita' prima e inconcussa, che funge da fondamento esterno
al sistema, e' destinata col progresso scientifico ad essere a sua volta
sostituita. In tal modo non
e' necessaria un'immediatezza della conoscenza: si ribadisce la distanza
qualitativa insormontabile tra concetto e
realta', ma parimenti
si fa salva la verita' del concetto.
In
tale prospettiva, la verita' viene a cunfigurarsi come un
rapporto tra il singolo concetto e la totalita' del sistema dei concetti
stessi. Bisogna sottolineare che tale possibilita' di confronto tra
concetto e oggetto cosi' stabilita ha carattere relativo e non assoluto
appunto perche' mediata dal sistema della conoscenza in cui e' inserita,
non immediata; ma cio' non toglie ad essa il carattere di proporzione
oggettiva, dal momento che si assume a priori come valida la proporzione
tra i due sistemi totali. Inoltre, la relativita' del rapporto,
ontreche' al suo essere indiretto, si deve al suo riferimento al
soggetto che lo stabilisce. Il soggetto di cui qui si parla e' il
soggetto trascendentale, e non quello che verifica individualmente il
singolo contenuto concettuale in rapporto al singolo oggetto che in una
data frazione spazio-temporale lo interessa in base ai propri scopi
pratici. E' quel soggetto trascendentale che assume a priori come valida
la proporzione tra i due sistemi totali di cui si e' detto, e cio'
spiega il carattere inconsapevole che tale assunzione riveste per il
seggetto empirico di volta in volta interessato alla ricerca di un singolo contenuto di verita'. "L'equazione si
forma assumendo a priori, per scopi pratici, che le due somme siano tra
loro equivalenti; o meglio: il rapporto pratico in base al quale
utilizziamo le due categorie, si riflette a livello di coscienza teorica
in forma di equivalenza. Ora, questa equazione costituisce la
spiegazione generale di tutte le equazioni tra singoli prodotti e
singoli prezzi, percio' essa non viene percepita, ma costituisce [...]
il fattore che agisce a livello inconscio, senza il quale prezzi e
prodotti non avrebbero nessuna possibilita' di entrare in un qualsiasi
tipo di rapporto." (81). Si
chiarisce cosi' come sia possibile che il concetto si offra al soggetto
come criterio e unita' di misura del reale pur nel necessario
riconoscimento della distanza tra i due sistemi e della conseguente
impossibilita' di qualunque analogia o rapporto diretto. Il punto focale
della questione mi sembra il superamento dell'impasse costituita
dalla confusione di piani che
Simmel inrividua tra la necessita' della causalita' da un punto di vista
trascendentale e la necessita' della causalita' da
un punto
di vista ontologico. La fecondita'
della
prospettiva
simmeliana risiede nell'assunzione di una proporzione aprioristicamente
costituita da un soggetto
empirico-trascendentale. Cio' che fonda la proporzione, e che, essendo
altro rispetto di suoi due termini, la rende indiretta e' il soggetto
empirico-trascendentale, che si pone come terzo elemento medio tra due
elementi qualitativamente distanti: il reale e l'ideale. Secondo
quest'interpretazione, viene conservata la fertilita' dello schematismo
trascendentale, ma viene altresi' ribadita la relativita' di tale
proporzione, il suo non essere assoluta, e dunque quello schematismo
stesso viene arricchito di una prospettiva relativistica che lo
radicalizza sino alle estreme conseguenze, ponendo nel soggetto
empirico-trascendentale e solo in esso il fondamento della
corrispondenza tra oggetto e concetto, ossia il fondamento dblla verita'
(82).
Abstract: La critica al realismo ingenuo. Il rapporto tra scienza e senso
comune. Il prospettivismo della verita'. La verita' della singola
rappresentazione: dal punto di vista pratico, l'utilita'; logico,
l'idea; psicologico, il sentimento
di validita'.
Il contenuto
della
conoscenzn:
il concetto come forma. Forma stabile e forma dinamica. La forma come
universale concreto. Il fenomeno come punto di incrocio di innumerevoli
liree interpretative: il fenomeno come forma-funzione.Il passaggio dalla
sostanza alla funzione. Il sistema dvlle conoscenze e la differenza tra
verita' del singolo concetto e verita' del sistema. Il problema della
misura tra universi distinti e la possibilita' di un loro rapporto: il
denaro e le merci, il concetto e la realta'. La verita' come rapporto
tra sistemi o universi distinti, rapporto reale perche' instaurato dal
soggetto trascendentale.
Note
al capitolo quarto
1: Ad esempio nei Problemi della Filosofia della storia,
dove mette in discussione la possibilita' di una descrizione dei fatti
storici, che basa il suo assunto sull'identita' sostanziale tra soggetto
e oggetto del conoscere. Cfr. Simmel G., I problemi della filorofia
della storia, Marietti, Casale Monferrato, 1982.
2:
Simmel G., Kant cit., p.54. Per Carlo Mongardini in quest'interpretazione simmeliana della
conoscenza, e ancor piu' in quella del soggetto come funzione unitaria
che come pura attivita' ininterrotta produce
conoscenza (vedi piu' avanti, Ibid., b.51), e'
individuabile una profonda influenza del pensiero di Nietzsche. Cfr.
Mongardini C., Introduzione a Simmel G., Il conflitto della
cultura moderna cit., p. LXIV sg. e n.177.
3: La possibilita' di parlare di realismo concettuale per quanto
riguarda la concezione gnoseologica di Simmel viene forse dalla
consapevolezza critica con la quale l'Autore
affronta l'argomento.
Di realismo concettuale
parla
Gaqtano Calabro' a proposito del tema dominante dell'Introduzione
alla scienza morale di Simmel: il distacco delle norme etiche dalla
vita che le ha prodotte come sue oggettivazioni. Cfr. Calabro' G., Introduzione
a Simmel G., L'etica e i problemi della cultura moderna, Guida,
Napoli, 1968, p.9.
4: Racinaro evidenzia questo aspetto di Simmel in un denso saggio
sul tema dell'oggettivazione. Cfr. Racinaro R., Il futuro della
memoria, Guida, Napoli, 1985, pe.217- 5: Cfr. Cassirer E., Sostanza e funzione cit., pp.362-665.
6: Popper K., Conoscenza oggettiva cit., p.58, e piu' in
generale pp.58-60.
7: La stessa interpretazione di una linea di continuita' esistente
tra pensiero comune e pensiero scientifico e' riscontrabile anche in
Ernst Mach. Veqi Mach E., op. cit., pp.3-5 e pp.228-231.
8: L'interrelazione tra scienza e senso comune puo' forse essere
intesa secondo due direzioni inverse. Una prima e' appunto quella cui si
fa riferimento nxl testo e che e' condivisa da Simmel come da Popper.
Una seconda puo' essere forse individuata in una sorta di feadback
che la scienza eserciterebbe sul senso comune, un'inversione rispetto al
rapporto precedente. Cosi' il senso comune sarebbe da un lato punto di
partenza per la scienza della sua epoca, dall'altro
volgarizzazione dello stato della scienza specifico dell'epoca
precedente. Il mondo avrebbe cosi', per la visione comune di una
determinata epoca, l'aspetto che una scienza ormai superata gli
attribuiva, mentre il sapere scientifico ancora in fieri del
presente influerzerebbe il senso comune dell'epoca successiva. La
costitutivita' per la visione comune del mondo qui attribuita alla
scienza e' per Simmel
propria dell'arte: "[...] per ogni epoca la natura ha l'aspetto che
l'arte degli artisti dell'epoca le attribuiscono. Noi cioe' non vedremmo
la realta' obiettivamente, ma
attraverso gli
occhi
degli actisti." Cfr. Simmel G., Intuizione della vita cit.,
p.86.
9: Idem, Sociologia cit., p.4
10: Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Sociologia
cit., p.XIII, cfr. anche Ivi, p.18.
11: Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.161-164.
12: Idem, Intuizione della vita cit., p.69, e, per
l'argomento che qui si sta trattando, in generale le pp.66-71.
13: Idem, Filosofia del denaro cit., p.163.
14: Cfr. per la legge individuale dal punto di vista etico, Idem,
Kant cit., X lezione, in partc. p.186 sgg., Idem, L'etica
e i problemi della cultura moderna cit., p.50 e in partc. il cap.
"La legge individuale, realta' e dovere", p.61 sgg., dove la
critica all'etica kantiana viene portata a fondo a partire dalla
fondamentale distinzione tra individuale e soggettivo, che vuol far
salva l'oggettivita' e dunque la legittimita' della scelta individuale.
15: Gaetano Calabro', nell'Introduzione a Simmel G., L'etica
e i problemi della cultura moderna cit., p. 10 sgg., sottolinea
questa funzionalizzazione con particolare riferimento al campo morale,
individuando nel dogmatismo l'obiettivo polemico di Simmel.
16: L'Autore collega infatti questo concetto di verita' del senso
comune a quella che chiama la conoscenza vitale, ossia la conoscenza che
ha un rapporto immediato con la vita, intesa come vita pratica, e che
dunque e' ad essa funzionale in quanto serve alla sua conservazione. Ma
l'apparente pragmatismo di questa concezione della verita' e' solo il
punto di partenza per un indirizzo di pensiero che ne e' negli esiti
lontanissimo. L'intento di Simmel infatti e' ricondurre qualunque
contenuto, compresi quelli scientifici, al flusso
vitale ininterrotto da cui emergono all'infinito
nuove
oggetgivazioni. Il loro significato e valore piu' profondi risiedono
appunto per lui in questo rapporto con la vita, che nelle teorizzazioni
dell'ultimo Simmel assume accenti metafisici. Ma questo argomento esula
dall'ambito del presente lavoro, anche se alcuni cenni se ne ritrovano
nel cap.V, parr.5.4 e 5.5. Cfr. Simmel G., Intuizione della vita
cit., passim, e anche l'interpretazione di Mongardini C., Introduzione
a Simmel G., Il conflitto della cultura moderna cit., p. LXIII e
p. XC sgg.
17: Simmel G., Sociologia cit., p.30
18: Sigfried Kracauer riconosce la presenza di un forte interesse
epistemologico in tutte le opere simmeliane e afferma che la ricerca di
un concetto di verita' che conservasse al relativismo tutta la sua
ricchezza di prospettive fu sempre uno degli obiettivi principali di
Simmel, assieme al problema del rapporto tra soggetto e oggento della
conoscenza. Cfr. Kracauer S., "Georg Simmel", in Idem, La
massa come ornamento, Prismi, Napoli, 1982, p.40. Interessantissimo
e originale, il saggio cerca di evidenziare non solo e non tanto i nodi
problematici del pensiero di Simmel, quanto il suo modo di procedere,
direi il suo modo di ragionare, facendo entrare il lettore quasi in un
rapporto empatico col pensiero di Simmel.
19: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.637 sgg.
20: Idem, Intuizione della vita cit., p.67 sgg.
21: Idem, Filocofia del denaro, p.638, e, piu' in generale,
Simmel tratta quest'argomento alle pp. 637-639.
22: Altrove Simmel considera la verita' in rapporto alla
temporalita', e da' cosi' un diverso senso alla possibilita'. La verita'
presuppone sempre l'universale validita' (Kant), l'insieme dei soggetti
che la riconoscano come tale. Questo riconoscimento puo' essere attuale
o possibile, ma e' comunque necessario che non sia
impossibile. Infatti
almeno un
soggetto deve
riconoscere un contenuto cume vero perche' in un tempo possibile
quel contenuto possa venire riconosciuto anche da altri,
divenendo patrimonio comune. Se infatti nessun soggetto attuale o
possibile riconosce quel contenuto come vero, esso trapassa nello status
di falso e il suo valore si annulla. Cfr. Idem, La
differenziazione sociale cit., pp.105 sgg.
23: Simmel fa esplicitamente l'esempio della legge di gravita' di
Newton. Cfr. Idem, Filosofia del denaro cit., pp.635 sg.
24: Popper evidenzia il dogmatismo del senso comune che attribuisce
immediatezza alla conoscenza, e vi oppone la concezione scientifica che
il "dato" e' sempre il risultato di un processo culturale di
decodificaziore e interpretazione del reale che con l'esperienza diviene
"quasi automutico" - ossia abituale - per cui sembra
immediato. Cfr. Popper K., op.cit., p. 62 e p.97 sgg.
L'esperienza percio' non e' il punto di partenza della conoscenza, ma
interviene a posteriori con funzione di critica
"falsificante". Essa non ha un ruolo produttivo nei confronti
della conoscenza, ma di risposta a problemi sorti per lo scontro tra
aspettative e scoperte nuove o ipotesi nuove. Tra conoscenza ed
esperienza vi e' per Popper un salto logico di tipo qualitativo. Cfr. Ibid.,
pp.5-13 e pp.341-389. La stessa critica al concetto di "esperienza
pura, sciolta da ogni presupposto concettuale" propria
dell'empirismo, e' svolta da Cassirer: "L'astratta teoria non si
trova mai da un lato, mentre si contrappone ad essa, dall'altro lato, il
materiale di osservazione isolato in se stesso e senza alcuna
interpretazione concettuale. Questo materiale, invece, deve gia'
necessariamente recare in se' [...] i tratti di una certa elaborazione
formale di carattere concettuale. Non possiamo mai opporre ai concetti
[...] i dati di esperienza, come nudi 'fatti'[...]." Cfr. Cassirer
E., Sostanza e funzione cit., p.147.
25: Cfr. cap. II, par.2.3 di questo lavoro
26: Simmel G., La differenziazione sociale cit., pp.4 sgg. 28: Questo tema viene toccato da Simmel nella Differenziazione
sociale cit., nella Filosofia del denaro cit., nella Sociologia
cit., in Forme e giochi di societa', Feltrinelli, Milano, 1983,
ne Il gruppo e l'individuo, Laterza, Bari, 29: Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.23. Tutta
l'opera puo'essere letta in chiave epistemologica come un'analisi del
rapporto universale-particolare e delle connessioni tra questo rapporto
e il concetto di forma.
30: Idem, Filosofia del denaro cit., p.687.
31: Ibidem, p.296 sg.
32: A questo cqncetto del risparmio di energia Simmel dedica un
capitolo della Diffesenziazione sociale, e ne parla diffusamente
anche nella Filosofia del denaro a proposito della funzione del
denaro e del suo rapporto con l'intelletto. Anche Mach
ha in comune con Simmel la concezione della scienza come
rispondente al principio del risparmio di energia da parte del pensiero,
per cui l'intelletto e' il mezzo per scegliere il comportamento piu'
economico e vantaggioso: vedi Mach E., op.cit., p.76 sg., p.127,
p.176. p.278, p.448. Questa concezione psicologistica ed evoluzionistica
della conoscenza in generale come processo di adattamento a fini di
sopravvivenza, che in Simmel non e' cosi' accentuata, viene ampiamente
riportata, per cio' che riguarda Mach, da Robert Musil (vedi Musil R., Sulle
teorie di Mach, Adelphi, Milano, 1983, p.10 sgg.) e condivisa da
Popper: la scienza e' l'ultimo
piu' sofisticato
strumento di selezione naturale nella lotta per la sopravvivenza, e ha
come fine di dominare i fatti, presupponendo dunque il realismo.
33: Quest'idea di un continuum noetico della conoscenza e'
venuta dalla lettura di Desideri F., Introduzione a Simmel G., La
forma della storia cit., in partc. p.22. Ne iedividuerei la matrice
nella tematica rickertiana del rapporto tra cogtinuum eterogeneo
del reale e astrazione del pensiero, di cui si e' gia' accennato nel
cap.II, par.2.3 di questo lavoro.
34: Simmel G., I problemi della filosofia della storia cit.,
p.62.
35: Ibid., p.19. L'obiettivo polemico sottinteso a tutta
l'opera e' ancora una volta quello del naturalismo e del realismo
gnoseologico, come si evince in particolare dal secondo capitolo, che e'
quello a cui qui ci si riferisce. 36: Idem, La differenziazione sociale cit., pp.89-82
37: Cosi' nel cammino della scienza la differenziazione
progressiva di ogni concetto, che conduce alla
specializzazione scientifica, ossia alla nascita di nuovi ambiti,
procede di pari passo con la scoperta di omogeneita' e parallelismi
esistenti fra ambiti concettuali e scientifici distanti tra loro, che
mettono in relazione sulla
base di concetti di volta in volta sempre piu' omnicomprensivi fenomeni
lontanissimi tra loro. Via via che la conoscenza progredisce, si
scoprono per Simmel tra i fenomeni piu' diversi interrelazioni e
somiglianze, analogie e correlazioni che li legano in una rete
inestricabile: "[...] la differenziazione e l'individualizzazione
allentano il legame con i piu' vicini per tessere un nuovo legame
- reale e ideale - con i piu' lontani." Cfr. Ibidem,
p.57. Cfr. anche, a proposito dell'analogia e della similitudine, delle
loro differenze e del frequente uso che ne fa Simmel nei suoi scritti,
le pagine ricche di spunti e suggestioni che Sigfried Kracauer dedica
all'argomento nell'opera La massa come ornamento cit., pp.44-49. 38: Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.158.
39:
Ibid., p.159.
40:
Ibid., p.168 sg.
41: Idem, Filosofia del denaro cit., p.297
42: Idem, Sociologia cit., p.13.
43: Idem, La differenziazione sociale cit., p.104.
44: Cfr. infatti queste parole di Simmel: "Cosi' e' [...]
l'identita' funzionale e non l'esteriorita' accidentale a dominare la
sintesi. [...] Il punto di vista unitario in base al quale [...] avviene
la sintesi [...] e' la loro
relazione con uno scopo unitario [...]: cioe' la loro relazione con il terminus
ad quem [...]", Ibid., p.129.
45: Mongardini C., Introduzione a Simmel G., Il conflitto
della cultura moderna cit., p. CIC. Per tutto il discorso relativo
all'interpretazione del pensiero simmeliano come formalismo, che pero'
viene condotto in riferimento al Simmel sociologo, piu' in generale da
p. XCV a p. CIV. I critici cui l'Autore fa riferimento sono L.von Wiese,
R.Aron, F.H.Tenbruck, H.J.Lieber.
46: A proposito del rapporto tra individuo e gruppo sociale, Simmel
afferma: "[...] l'elemento specifico dell'individualita' e'
garantito dalla combinazione delle cerchie [...]". Cfr.
Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.126.
47: Ad esempio quando, parlando della rappresentazione della
personalita' degli individui, dice: "Quando trattiamo con un
ufficiale, o un sacerdote,
[...] anche di cose che non hanno attinenza con la loro professione, non
li trattiamo affatto come individui, bensi' [...] come esemplari
[sottolineatura mia] [...] della professione generica di cui fanno parte
[...] noi non vediamo affatto l'individualita' pura [...] [ma] una
sintesi di
concetti psicologici
generici [...] che
esprimono
il loro carattere di universalita' [...] noi non possiamo fare a meno di
tradurre l'individuo in termini siffattamente generali." Cfr. Idem,
Intuizione della vita cit., p.91 sg.
48: Idem, La differenziazione sociale cit., p.123, e
piu' in generale per questo tema pp.121-126.
49: Idem, Filosofia del denaro cit., p.296.
50: Ibid., p.297.
51: La funzionalizzazione cui Simmel sottopone la sostanza, cosi'
come tutto il mutamento di prospettiva da cui guarda al rapporto tra
pensiero e realta', richiama Eraclito, cui Simmel medesimo fa esplicito
riferimento considerandolo il primo filosofo che imposta sul piano del
logos, sul piano della conoscenza, il problema dell'essere. Dal punto di
vista del logos, la sostanza non esiste, ma e' continuo divenire senza
ne' inizio ne' fine: in Simmel la corrente vitale e inarrestabile del Leben.
Eraclito scopre il logos, e lo fonda come rapporto tra le cose del
mondo, come legge, come funzione, non come sostanza immobile: in esso il
mondo del mutamento perenne, della negazione e del divenire, delle
determinazioni in continua trasformazione, ha la sua regola interna, la
sua forma. La medesima interpretazione di Eraclito si ritrova
anche in Cassirer: per primo il presocratico opera una
trasformazione dell'essere in funzione del logos, che diviene la norma
assoluta e inviolabile, il fondamento, il "[...] rapporto generale
delle cose [...]". Il vero essere non e' piu' inteso in senso
mitico come fondamento sostanziale di cui ricercare le origini, ma in
senso filosofico come fondamento logico di cui ricercare i rapporti che
danno forma al mondo. Cfr. Cassirer E., Da Talete a Platone,
Laterza, Bari, 1984, p.24 sg., p.172 sg., citaz. p.33.
52: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p. 250 sgg.
53: Idem, La differenziazione sociale cit., p.16.
54:
La stessa interpretazuone riguardo alla trasformazione del concetto di
oggetto dalla sostanza alla
funzione si ritrova in Cassirer, il quale pero' a differenza di Simmel
ne ricostruisce puntualmente le tappe nella storia del sapere filosofico
a partire dal Rinascimento. Nel presentare un quadro della filosofia di
questo periodo, il filosofo mette in rilievo come uno degli aspetti
unitari che lo caratterizzano sia la "lotta contro le forme
sostanziali", che accomuna le discipline piu' diverse, dalla logica
alla grammatica, dalla psicologia alla retorica, ma che in prima istanza
viene condotta nel campo della scienza della natura, in particolare
nella fisica. Al Medioevo scolastico, teso a sostanzializzare e
ipostatizzare tutte le qualita' e le attivita' in sostantivi astratti e
oggettivi, si sostituisce la mutata visione dell'umanesimo e del
Rinascimento, che spiega queste produzioni terminologiche come involucri
di una determinata struttura categoriale. Rinascimento significa dunque
crisi dell'aristotelismo, e in particolare del suo realismo conoscitivo
basato su di una psicologia sensistica: la filosofia della natura
ribadisce che la distinzione tra sostanza e accidenti, materia e forma,
potenza e atto ha carattere puramente metodologico e valore logico, non
verita' ontologica. Telesio, Campanella, Patrizzi, preparano una nuova
concezione che supera il dualismo percezione/intelletto,
aprendo cosi' la strada alla sperimentazione della scienza della
natura. Ma l'affrancamento dalle forme aristoteliche sara' compiuto solo
quando dal piano delle esigenze e delle enunciazioni di principio si
passera' al piano concreto dell'elaborazione di nuovi strumenti e nuovi
metodi, cioe' fintanto che non emergera' la coscienza del valore
conoscitivo della matematica, e fintanto che la riscoperta del pensiero
pitagorico di un'armonia universale non si distacchera' dall'originario
valore simbolico-ideale di derivazione neoplatonica per connnttersi alla
ricerca empirica di precisi contenuti e di precisi rapporpi tra i
fenomeni. Soltanto allora l'induzione assumera' il significato di un
metodo fecondo e contenutisticamente pregno: l'oggetto della scienza
della natura non e' piu' l'essere ma il divenire, e
l'essere si
trasferisce dal
campo dei fenomeni,
della realta', al campo del pensiero, delle forme pure che il pensiero
matematico e geometrico costruisce per dominare la realta'. L'essere
diviene il rapporto costante nella serie fenomenica, ossia la legge.
E' necessario, dice Cassirer,
"[...] rinunciare conseguentemente al concetto di oggetto
assoluto al di fuori di ogni relazione con la conoscenza, e fondare le
differenze dell'essere in differenze della conoscenza.". Oggettivo
diventa in questo caso solo l'intelletto scientifico, e l'oggetto in se'
scompare per lasciare il posto all'oggetto della conoscenza: la pars
destruens, ossia quella dell'inconoscibilita' dell'assoluto che
autribuisce al concetto di sostanza un campo rigorosamente limitato al
pensiero trova ora nella matematica la possibilita' di riempire di
contenuti positivi quel concetto, aprendo la strada alla successiva pars
costruens di Kant dell'intelletto come "creatore della
natura". La riduzione delle cose-sostanze a funzioni e raeporti
matematici segna il passaggio dalla filosofia della natura alla scienza
della natura: dalle spiegazioni antropomorfiche di tipo empaktco e
animistico che fanno riferimento alla particolarita' e specificita'
delle cose in se', la nuova scienza passa all'indagine matematica che
mette in luce l'universalita' del movimento, la costanza dei rapporti.
La cososcenza e' ora non piu' riproduzione, e peraltro attraverso i
sensi riproduzione immediata, adaequatio rei et intellectus. La
scienza della natura da' ora al concetto di causa un nuovo significato,
abbandonandone le connotazioni teleologiche e finalistiche: la causa e'
ora la legge, ossia "[...] un insieme di condizioni matematiche
[...]" che esprimono un processo, un movimento necessario dei
fenomeni. L'enorme carica innovativa di Cartesio risiede proprio
nell'incentrare la riflessione non piu' sulla costanza delle cose, ma su
quella delle leggi che gnvernano i fenomeni: all'incommensurabilita'
delle qualita' egli sostituisce la misurazione matematica delle
quantita', la misura comune rispetto alla quale la diversita' diviene
omogeneita', la mathesis universalis. Le nuove scoperte nel campo
della scienza della natura ad opera di Galilei, Keplero, Copernico si
riverberano dunque sul sistema concettuale
della filosofia:
il concetto di
spazia
ad esempio, legato a un corpo nella visione peripatetica come una sua
prcprieta' o qualita' tra le altre, si trasforma in un campo di
relazioni in cui nessun punto ha piu' valore di un altro. La reductio
ad unum che la scienza ha come compito non ha piu' il senso
scolastico della ricerca della sostanza, bensi' il senso della riduzione
ad una comune misura quantitativa e dalla comparazione dei valori cosi'
ottenuti. Cambia conseguentemente il concetto stesso di verita': essa
non ha piu' riferimento ai fenomeni, ma alla validita' del rapporto tra
le idee, ed e' quindi situata tutta all'interno di un orizzonte di
relazioni puramente ideali, le uniche eternamente valide in quanto non
toccate dal divenire e dall'esistenza. "Le nostre conoscenze
fondamentali non ci garantiscono mai direttamente le cose, ma
soltanto un determinato nesso di condizioni. Quando poniamo il concetto
di materia dobbiamo senz'altro attribuirgli anche le sue qualita' e
caratteristiche [...] ma l'esistenza effettiva della materia non
e' una qualita' [...]": il passaggio dall'idea all'esistenza, dalla
logica all'ontologia e' dunque illegittimo. Questa fondamentale svolta
del pensiero dall'esistenza all'idea, dal piano della realta' al piano
rella conoscenza, che e' resa possibile concretamente dalla scienza dei
numeri, riceve un ulteriore impulso quando cio' che costituisce la sua
vera innovazione viene indicato non nel numero o nella grandezza
geometrica, concetti troppo specifici per poter essere proficuamente
estesi fbori dal loro campo, ma nel concetto di funzione, che peraltro
li precede da un punto di vista logico, includendoli: da qui soltanto
sara' possibile trasferire in ogni campo della conoscenza le
acquisizioni concettuali che si
sono velocemente ripercorse sin qui. Con Leibnitz, "L'intero
schema della scienza universale subisce cosi' una trasformazione
caratteristica. Mentre l'interesse era sinora rivolto essenzialmente
alla determinazione degli elementi, onde dovevano essere
costituiti gli oggetti cumposti, ora per contro s'indirizza anzitutto
alle forme della connessione.". La variazione del contenuto
non indica piu' la contrapposizione qualitativa perche' viene spiegata e
resa comprensibile a partire da una norma
che ne
esprime l'ordine
di successione
e di variazione, la relazione fissa e immutabile tra le parti: la legge
che la esprime e' formale e dunque universale. L'universalita' si sposta
dal contenuto alla connessione che la legge esprime: le idee non sono
copie del reale, ma rappresentazioni delle leggi del reale, dunque
simboli in quanto ne riproducono non i contenuti ma i modi di
funzionamento, le funzioni. Il problema del rapporto tra piano reale e
piano ideale dunque si traduce dalla riproduzione delle cose alla
riproduzione del rapporto tra le cose. La relazione tra le idee e' vera
quando corrisponde alla relazione tra le cose, non alle cose stesse: tra
le due serie vi e' dunque analogia, non identita'. "Cio' che
appartiene alla sfera ideale non trova nell'esistenza concreta alcun
immediato oggettd corrispondente, tuttavia il reale e' ordinato
come se le norme puramente ideali fossero delle realta' perfette.".
La realta' non e' mai perfettamente adeguata alle norme, cioe' perfetta:
la scienza e' dunque un costrutto ipotetico .
Cfr. Cassirer E., Storia della filosofia moderna cit.,
in partc. voll.I p II. Le citazioni sono prese dalle pp. 292, 399 e 622
del vol.I e dalle pp. 173 e 239 del vol.II. Cfr. anche Windelband W., Storia
della filosofia, Sandron, Firenze, 1967, vol.II, p.54 sg. Questa
lunga parentesi storica ci consentira' di comprendere meglio
l'articolarsi del discorso sulla logica della conoscenza scientifica.
55: Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.17 sg.
Come si vede, gia' qui, nel primo scritto simmeliano, si ritrova in
germe l'impostazione del suo relativismo e del concetto di funzione.
56:
Ibidem, p.16.
57: Ibidem, p.38 sgg.
58: Cfr. Idem, Filosofia del denaro cit., p. 249:
"[...] infatti, il valore sostanziale del denaro non e' altro che
un valore funzionale."
59:
Ibidem, p.297.
60:
Ibidem, p.249. 62: Ibidem, p.157.
63: Idem, La differenziazione sociale cit., p.18 sg.
64: Idem, Filosofia del denaro cit.,
p.157 sg.
65: Simmel stesso si riferisce al caso delle facolta' dell'anima
nella vecchia psicologia e lo paragona
a quello delle forme economiche della moderna sociologia: in
ambedue i casi si tratta per lui dunque soltanto di concetti che
rispondono a criteri di utilita' per il pensiero, e che hanno quindi
solo valore euristico per la conoscenza, non valore ontologico. Cfr. Ivi,
p.172 sg.
63: Cassirer E., Da Talete a Platone cit.,
pp.111-126, citaz. p.121.
67: E' Racinaro a parlare di costitutivita' del concetto in Simmel.
Cfr. Racinaro R., Il futuro della memoria cit., p.228. L'Autore
fa riferimento anche ad Hegel, per il quale il concetto rappresenta non
un'astrazione ma l'obiettivita' delle cose, perche' si riferisce
all'idea. Cfr. Ivi, p. 232.
68: Simmel G., La differenziazione sociale cit., p.129.
69: Idem, Filosofia dsl denaro cit.,
p.439, e piu' in generale, p.538 sgg.
70: Sul concetto di legge come relazione, come rapporto, come
astrazione che esprime la connessione dei fenomeni tra loro considerati
come elementi di una serie, si sofferma ia modo molto piu' approfondito
Cassirer. Cfr. Cassirer E., Sostanza e funzione cit., passim.
71: Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.166.
72: Idem, I problemi della filosofia della storia cit., pp.57-99 e p.102. 73: Ibidem,
p.76.
74: Idem, Filogofia del denaro cit., p.202.
75: Ivi, p.209.
76: Ivi, p.161.
77: A proposito di questo complesso movimento della conoscenza,
Boudon, richiamando Albert, parla di "trilemma di
Munchhausen". Cfr. Boudon R., "La teoria della conoscenza
nella Filosofia del denaro di Simmel" cit, r.479 e Albert
H., Traktat uber Kritische Vernunft, Mohr, Tubingen, 1975.
78: Ancora Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.161.
79: Ivi, p.160.
80: Ivi, p.160-161.
81: Ivi, p.204.
82: Ivi, pp.197-220.
Capitolo quinto
L'oggettivazione dei valori come punto di contatto per
un'inversione di lettura dal Simmel epistemologo al Simmel metafisico
L'oggettivazione dei contenuti logici del pensiero, di cui si e'
parlato nel capitolo precedente, ha condotto il discorso sul piano della
costituzione dolla forma come oggetto della conoscenza - identificata
nella conoscenza dell'oggetto - e lo ha specificato in direzione della
conoscenza scientifica. Considerare ora l'oggettivazione dei
valori significa porsi all'interno della riflessione simmeliana
sulle forme della cultura. Ma essendo questo tra i temi predominanti
negli scritti filosofici di Simmel (1), e conseguentemente da lui
ampiamente trattato oltreche' ricco di letteratura critica, sarebbe
impresa opinabile il volerlo fare oggetto non di un poderoso lavoro ma
di un capitolo conclusivo. L'intento di questa tesi e' stato
di esperire un itinerario trasversale
nell'opera simmeliana, per far emergere dal filosofo etico e dal
sociologo, collegati dal tema oel conflitto della cultura moderna, il
Simmel epistemologo. Cosi' anche
il tema delle forme della cultura, che caratterizza assieme al contrasto
vita-forme il Simmel filosofo, verra' qui preso in considerazione
tangenzialmente, soltanto cioe' per quegli aspetti che lo collegano al
discorso sin qui svolto. Di conseguenza, tutta questa tematica verra' in
questa sede data per acquisita, rimandando alla vasta bibliografia
critica sull'argomento per una approfondita riflessione su di essa, che
qui avrebbe potuto soltanto, se non altro per l'esiguita' dello spazio
rimastoci, ricalcarne le orme (2). Possiamo tornare ora, dopo queste necessarie precisazioni, al
nostro discorso. Oggettivazione dei contenuti logici del pensiero e
oggettivazione delle forme della cultura
riconfermano cosi' ancora una volta
essere e valore come i due modi dell'oggettivazione secondo i
quali il soggetto struttura la propria esperienza, e nel contempo i due
piani all'interno dei quali tale esperienza si divide. A me sembra
pero', come cerchero' di
mostrare, che
per Simmel la logica
cui questi due ordini di
oggettivazioni sottostanno nella loro costituzione sia sostanzialmecte
diversa: nell'un caso il movimento e' interno all'ordine stesso,
nell'altro deve trovare fuori di se' la possibilita' stessa della
propria esistenza. Sul piano dell'essere infatti, cioe' quello dell'oggetto della
conoscenza, Simmel articola
il discorso in relazione a
problemi interni al sistema stesso della conoscenza: oggetiivita' e
verita' delle rappresentazioni costituiscono in una prospettiva
epistemologica appunto tali
problemi. Essi chiamano in causa, come si e' mostrato,
per un verso il rapporto tra piano della realta' fenomenica e
sistema delle conoscenze e per l'altro il rapporto tra questo stesso
sistema e i suoi singoli
contenuti: nel primo caso faccio riferimento al problema dell'analogia e
nel secondo al rapporto tutto-parte. Il piano dell'oggettivazione dei valori in forme stabili, invece,
devia il discorso simmeliano in direzione del contrasto vita-forme,
ponendo alla nostra attenzione non piu' il tema della forma che si
oggettiva sul piano
dell'essere, ma il
tema dell'interrelazione in cui la forma, come costituzione oggettiva
del valore, si trova con la vita. Voglio dire che la logica di
oggettivarione dei valori, al contrario di quella della conoscenza,
individua al di fuori di se' un elemento essenziale alla sua
stessa costituzione: la sua interrelazione con la vita. E'
l'interrelazione che consente
l'oggettivazione dei valori nel suo stesso movimento, e che sola rende
possibile la costituzione della forma oggettiva come valore. La logica
dell'oggettivazione della conoscenza, invece, trova all'interno di se'
soltanto sufficiente stimolo per la costituzione della forma oggettiva
come essere (3). Questa diversita' riceve una spiegazione dal fatto che per Simmel
la conoscenza, pur costituendo il piano dell'essere come
una delle modalita' del soggetto accanto al piano del valore, e'
al tempo stesso per questo
medesimo soggetto, vista da una diversa prospettiva,
una forma tra altre di oggettivazione, accanto alla religione,
all'arte, al diritto, alle istituzioni , ecc., che nel loro complesso
esprimono la capacita' specifica che ha l'uomo di oggettivare le proprie
rappresantazioni. La
conoscenza scientifica, cosi' come quella del senso comune,
costituisce in tal senso una particolare configurazione di tale
capacita' di oggettivazione: e' anch'essa una forma oggettiva della
cultura. Dice infatti Simmel: "[...] noi parliamo di cultura quando
il moto creatore della vita ha espresso certe formazioni, nelle quali
esso trova la propria estronsecazione, le forme della sua realizzazione
[...]. Tali sono le costituzioni sociali e le opere d'arte, le religiori
e le conoscenze scientifiche [...]." (4). Ricondurre anche la
conoscenza nell'ambito del valore significa appunto considerarla una
delle forme culturali in cui
il valore si oggettiva, un caso specifico di tale oggettivazione.
Pertanto la conoscenza, finora
considerata dalla prospettiva dell'essere, verrebbe ricompresa da questa
diversa prospettiva all'interno dell'oggettivazione dei valori. Sarebbe qui rinvenibile, nella trattazione simmeliana, una
sfasatura di livello tra
oggettivazione dell'essere e oggettivazione del valore: la prima, come
forma specifica della cultura avente pertanto una logica propria
per la
costituzione della
sua forma-oggetto, viene da Simmel indagata dall'interno nel suo
movimento; la seconda viceversa,
che appunto possiede una logica condivisa da tutte le forme di cultura e
dunque anche dalla conoscenza, viene indagata secondo la sua
interrelazione con la vita. Si vede come qui, sul piano del valore, il
significato che Simmel attribuisce alla forma sembri attenere non al
risultato dell'oggettivazione - la forma-concetto, la forma-fenomeno del
piano dell'essere - ma ai diversi
campi cui il processo di oggettivazione da' vita: arte, diritto,
religione, ecc.
La capacita' di oggettivare in forme stabili le proprie
acquisizioni culturali costituisce per Simmel la possibilita' che ha il
soggetto di conservarle nel corso del tempo come patrimonio
indistruttibile: "Con la oggettivazione dello spirito si raggiunge
la forma che consente di conservare e di accumulare il lavoro della
mente; essa
e' la
piu' importante e la piu' ricca di conseguenze tra le categorie
storiche dell'umanita'. Perche' con essa diviene un fatto storico cio'
che sul piano biologico e' ccsi' dubbio: la trasmissione ereditaria di
cio' che e' acquisito." (5).
E' in questo senso dell'oggettivazione come produzione di forme
oggettive della cultura che Cavalli parla di oggettivazione (6). Si potrebbe forse affermare che queste forme oggettive della cultura costituiscono, nel loro complesso, il terzo mondo nel senso che Popper ha dato a questa espressione. Mentre nel significato simmeliano, infatti, il terzo mondo non e' quello delle forme, ma della validita' logica delle forme, e dunque non oggetto ma norma della conoscenza, nel significato popperiano il terzo mondo e' il vero oggetto della conoscenza dell'uomo, e parimenti, come patrimonio comune a tutti gli uomini, quello che rende possibile la fondazione dell'intersoggettivita'. Popper cioe' sembra dare al suo terzo mondo lo stesso significato che sia Cassirer che Simmel danno alle forme culturali. Cio' sarebbe verificato dal fatto che questi ultimi attribuiscono alle forme culturali la possibilita' dell'intersoggettivita'. Nel saggio dedicato al tema
simmeliano delle forme della cultura, Cassirer infatti, dopo aver citato
un passo nel quale Simmel si sofferma sul contrasto tra il soggetto che
crea tali forme e l'oggettivita' con cui esse, una volta create, gli si
oppongono, mette in evidenza la funzione cui le forme assolvono nel
percorso spirituale del soggetto: "Al termine [...] sta non l'opera
nella cui perdurante esistenza si solidifica il processo creativo, ma il
'tu', l'altro soggetto che accoglie tale opera per includerla nella sua
sfera vitale e cosi' ritrasformarla nel medio da cui originariamente
deriva. [...] per quanto significativa, solida e stabile su se stessa
un'opera possa essere, essa rimane soltanto un punto di passaggio. Non
e' un 'assoluto' in cui l'io si trovi a cozzare, ma un ponte sulla
polarita' tra un po e un altro. E' qui la sua specifica e principale
funzione. Il processo vitale della cultura consiste appunto nel fatto
che essa e' inesauribile nel creare un tale genere di mediazione e di
passaggi." (7). Quest'interpretazione delle forme culturali come
fondanti l'intersoggettivita' da'
pertanto all'oggetto
culturale, come
Cassirer esplicita con chiarezza, il
significato di potenziale relazionale: cgni oggetto culturale e' per sua
natura intersoggettivo, e' ponte tra soggetti. E l'oggetto puo' fungere
da ponte proprio perche' il suo significato non e' stabile e determinato
una volta per tutte: la
forma e' risoggettivizzabile proprio perche' il suo il contenuto,
il suo significato e' mobile e dinamico. Questa forma e' un mondo nel
quale e' garantita al soggetto empirico
la possibilita' di infinite acquisizioni, regolate in forme
socialmente riconosciute e dunque oggettive: arte, cultura, ideali, sono
a tutti accessibili per infinite volte, senza che il loro valore
diminuisca, ma anzi subendo nel tempo un incremento di significato, e
senza che l'acquisizione da parte di uno voglia dire esclusione degli
altri, ma anzi rendendo possibile proprio la comunicazione tra soggetti.
In tal senso, la forma e' un "[...] concentrato di immense energie
potenziali, che attendono solo di venir fuori [...]." (8). Nella
forma culturale cosi' intesa si attua quella sintesi fra tradizione e
innovazione, conservazione e rinnovamento che consente cio' che
Nietzsche in
campo storiografico
chiama "storia
critica", ossia storia che si fa vita, e che in campo genericamente
culturale e' il tratto caratteristico del soggetto.
5.3 La forma culturale come valore
Se si intendono le forme oggettive come ponte che rende possibile
l'intersoggettivita', le si riconosce implicitamente come
valori culturali. Ma
in Simmel esse, mentre
costituiscono un patrimonio oggettivo della societa', sono un possesso
potenziale del soggetto empirico, possesso che solo quando diviene
consapevole, attuale, si fa valore culturale. Valore culturale e'
infatti cio' che determina lo stile di vita di un soggetto, innalzandone
la consapevolezza e sviluppandone le pntenzialita'.
La distanza che intercorre tra
spirito oggettivo e valore culturale e',
pertanto, indicativa del livello di civilta' raggiunto da
una determinata societa' in un dato momento storico. Cosicche' si puo'
individuare in Simmel una distinzione tra
valore culturale, ad un tempo premessa e risultato del rapporto
tra soggetti, ossia dell'intersoggettivita',
e valore dell'oggetto, che corrisponde al suo contenuto logico,
alla sua verita'. "Non esiste alcun valore di cultura che sia
soltanto un valore di cultura; ognuno piuttosto, per conquistare questo
significato, deve essere un valore anche in un ordine obiettivo. Ma
dovunque e' presente un valore di questo tipo e un interesse o una
capacita' della nostra natura progrediscono per suo mezzo, questo valore
significa un valore di cultura solo quando questo parziale sviluppo
solleva contemporaneamente di un grado verso l'unita' del suo compimento
la totalita' del nostro Io." (9). Valore logico e valore
culturale dell'oggetto sono dunque distinti. Possono esserci,
esemplifica Simmel, ricerche scientifiche che dal punto di vista della
loro oggettiva validita' intrinseca sono corrette, mentre non hanno
alcun valore culturale poiche' sono sterili per lo sviluppo dello
spirito oggettivo (10): la correttezza del metedo e dei risultati non
garantisce del loro valore. Vi e' pertanto una differenza tra la logica
concettuale e
la logica
culturale. Se
il valore dell'oggetto e' un essere-per-se' che si forma secondo una
logica immanente del contenuto (11), ossia fa riferimento alla validita'
oggettiva del contenuto stesso, il
valore culturale e' un essere-per-noi che ha la sua radice nello
scambio, possibile o attuale, tra soggetti, nel rapporto Io-Tu che e' la
forma fondamentale nella quale si oggettiva la soggettivita'. Si puo' sostenere che Simmel attribuisca al concetto di scambio
un'area di significato che va ben al di la' del solo campo economico:
egli sembra suggerire che lo scambio sia in generale la categoria
secondo la quale avvengono le azioni degli uomini, direi quasi quel
"commercio col mondo" di cui parla Heidegger. In tal senso
oggetto dello scambio puo' essere inteso anche tutto cio' che non ha
caratteristiche oggettuali. Il valore culturale e' appunto il risultato di quel processo di
interazione tra soggettivita' che e' lo scambio. Nello scambio il valore
soggettivo della cosa si oggettiva, si rende manifesto, viene
all'essere, e in questo oggettivarsi diviene autonomo, trascendendo il
suo originario
significato soggettivo
(12). Quindi il fondamento del valore risulta essere la soggettivita'
(una soggettivita' pero' che come rapporto Io-Tu e' originariamente
plurale), mentre il fondamenco oggettivo, ossia l'oggettivazione del
valore, e' lo scambio. Lo scambio presuppone sempre per poter avvenire
una differenza di valore tra gli oggetti di scambio, differenza
complementare tra le due soggettivita' che lo operano, e dunque
reciproca. Ma mentre lo scambio rende esplicito il valore, lo forma, lo porta
all'essere, e' il sacrificio cio'
che da' la misura del valore (13): il sacrificio e' il valore, in
quanto si pone come ostacolo nello scambio, come antitesi interna allo
scambio visto come processo dialettico, antitesi necessaria e
costitutiva dello scambio, che la presuppone implicitamente o
esplicitamente come suo momento. E per sacrificio Simmel intende da un
lato la rinuncia ad altre possibilita' di scambio, la scelta di questo
scambio tra altri possibili (in tal senso il sacrificio
e' un valore di tipo
relativo e inoltre esterno allo scambio, perche' attiene al rapporto tra
questo scambio e i molti altri possibili)
e dall'altro
la rinuncia
all'oggetto specifico di questo scambio, rinuncia che e' invece
assoluta e interna allo scambio. Da queste brevi note sulla formazione del valore in Simmel si
deduce la sua posizione critica nei confronti delle teorie
assolutistiche del valore, che lo vedono fondato nelle cose come loro
qualita' intrinseca. Il valore, da un punto di vista logico, non e' un
in se', un concetto assoluto: e' una formazione dinamica che si
costituisce nel confronto, e' un concetto relativo che "[...] non
e' presente nelle cose stesse [...]" (14) come loro qualita', e' un
"[...] atto interno del nostro pensiero [...]" (15) che misura
e valuta sempre in relazione ad altro. Cosicche', ancora una volta, nel
pensiero simmeliano troviamo confermato quel principio del relativismo
secondo il quale e' il nostro pensiero che produce concetti in se'
assoluti, metafisici, e che giudica in base ad essi ipostatizzandoli: da
un punto di vista logico il pensiero ha compiuto un processo di
astrazione comparando grandezze relative. L'originarieta' e' pertanto
del relativo e non dell'assoluto. Nel valore di una cosa e' come
rappreso un giudizio
che e'
il risultato
di un atto di comparazione del
soggetto, dal quale quel giudizio si e' pero' distanziato,
oggettivandosi in un valore. Questo e' a un tempo soggettivo e
oggettivo: non appartiene al mondo degli oggetti come loro qualita', ma
e' un alcunche' di esterno ad essi e in questo senso e' soggettivo
"[...] dal punto di vista dell'oggettivita' naturale [...]"
(76); eppure si impone a noi soggetti con una forza che ci trascende e
ci costringe a riconoscerne l'indipendenza dalla nostra volonta', e in
questo senso e' oggettivo. Cosi' il valore e' esterno all'oggetto come
al soggetto, si trova al di la' del dualismo soggetto-oggetto, ma e' con
essi al tempo stesso in relazione (17). Il valore e' anzi la relazione
stessa. L'oggettivita' del valore non significa infatti la sua inerenza
all'oggetto, ma il fatto che in tutti i soggetti si rinviene un'uguale
impressione che fa apparire l'oggetto in questione come dotato di
valore: "[...] impressioni del tutto diverse possono nella loro
diversita' essere imputabili ai soggetti che le percepiscono, ma la loro
uguaglianza [...] puo' risalire soltanto al fatto che l'oggetto cosi'
qualificato si rispecchia nelle nostre menti [...]" (18) Cosicche'
il valore e' un concetto relativo rispetto all'oggetto, ma nello stesso
tempo relativo rispetto al soggetto. La formazione del valore e' un
processo alla fine del quale si e' verificato uno spostamento dal
soggetto che attribuisce valore all'oggetto come dotato di valore
intrinseco. Le teorie assolutistiche del valore, che lo considerano
appunto come qualita' inerente alle cose, incentrano l'attenzione
soltanto sul risultato e non tengono conto del processo di formazione
del valore, che e' anch'esso un processo di oggettivazione. Simmel
pertanto considera tale processo una formazione dinamica sempre nuova,
che puo' assumere contenuti diversi in relazione a contesti diversi.
L'assolutezza del valore e' cosi' da lui contestata sia sul versante
dell'oggetto (valore=proprieta' intrinseca) sia sul versante del
soggetto (valore=contenuto eterno, immutabile, indipendente dal
soggetto). In questo secondo senso Simmel, storicizzando il valore, si
allontana dalla concezione del valove di Rickert: non esistono valori
astorici, universali, che si staglino al di sopra e al di la' del
contingente e ne fondino la legittimita'. Per Rickert infatti il valore
costituisce una sfera immutabile il cui rapporto con l'empiria e' sempre
univocamente diretto. Non esiste scambio, interrelezione appunto, e
dunque possibilita' di modificazione, storicita'. Simmel a questo
proposito parla di "storia di fantasmi" per quanto riguarda la
concezione rickertiana della storia, e quindi dei valori, cosi' come
parla di un'"etica di fantasmi" per quanto riguarda
l'imperativo categorico kantiano a cui la concezione rickertiana
dell'etica si attiene strettamense.
Nel concetto di valore come apporto del soggetto e non come
qualita' intrinseca delle cose ritroviamo l'impostazione neokantiana;
nella teoria del valore come interazione si rivela invece la relativita'
del valore, la sua non assolutezza, la sua storicita': Simmel pertanto
opera un'originale combinazione tra le due posizioni. Queste brevi note rendono forse
possibile comprendere in che
senso il valore culturale e' risoggettivabile. Mentre il valore
oggettivo e' in riferimento al mondo delle idee o terzo mondo
simmeliano, il valore culturale e' in riferimento al mondo dello forme
culturali, al terzo mondo popperiano, nel quale
appunto il valore viene risoggettivato infinite volre.
5.4 Il problema del livello della riflessione sul tema vita-forme:
la distinzione tra Leben e Erleben, tra rapporto e contrasto, tra
metafisica e psicologia
Questo rapporto tra soggetti e mondo delle forme culturali, che in
Cassirer e' privo di conflitti, come abbiamo constatato poco sopra, in
Simmel si tramuta in polarita' vita-forme (19), trasformando la forma
culturale, l'oggetto, da ponte, da valore, in limite per il soggetto:
"La cultura era definita dal fatto che le energie spirituali
soggettive acquistano una forma, che diviene in seguito indipendente dal
processo creativo della vita, e dal fatto che questa forma viene
nuovamente inserita nei processi soggettivi della vita in modo da
condurre chi ne costituisce il vettore al compimento del suo essere
centrale. Questa corrente, diretta dai soggetti ai soggetti attraverso
gli oggetti, in cui un rapporto metafisico tra soggetto e oggetto assume
realta' storica, puo' perdere la sua continuita'; l'oggetto puo' in
linea di principio [...] abbandonare il suo significato di mediazione e
rompere cosi' i ponti per i quali passava la via della sua funzione di
cultura." (20). L'oggetto culturale, dunque, per Simmel, cessa
in alcuni casi di essere ponte tra soggetto e soggetto, di avere
questa funzione di medium, di essere in altre parole un valore,
per trasformarsi in limite oggettivo, la cui oggettivita' e' provata
proprio dalla tragicita' con la quale il soggetto empirico vi si scontra
(21). Cosi', se la capacita' di oggettivazione recide ogni legame
filogenetico tra l'uomo e gli animali, d'altro canto la crescente
complessita' delle forme - dovuta all'accumulo dei contenuti di ognuna e
all'intellettualismo dell'epoca moderna,
che li rende sempre
piu' astratti e simbolici - recide
ogni legame tra le forme stesse e l'uomo che pure le ha prodotte. Nel
loro complesso esse si stagliano percio' di fronte al soggetto empirico
con una propria autonomia e una propria logica che lo
travalicano. Pertanto, la necessita' della forma come necessita'
dell'oggettivazione che ad essa conduce se da un lato costituisce
l'unica possibilita' di espansione del patrimonio culturale
dell'umanita' - si inserisce qui il debito nei confronti di Hegel (22) -
, dall'altro trasmuta nella distanza progressiva della vita dalle forme
via via che queste aumentano in quantita' e in complessita', colorando
di tragico l'esistenza (23). E' in questo senso
che Cavalli rimanda il tema simmeliano del contrasto vita-forme
al problema marxiano dell'alienazione (24), alienazione
che in Simmel diviene estraneazione del soggetto dai contenuti
spirituali, i quali, cristallizzatisi in forme autonome, lo sovrastano
nella loro complessita'. L'accento drammatico presente nella considerazione simmeliana di
questo mondo di forme oggittive e' dato appunto dal contrasto in cui
esse vengono a trovarsi rispetto all'Erleben, ossia al flusso
della vita individuale. Lo spirito oggettivo della cultura che nella sua
estraneita' si scontra con il singolo individuo fa pensare alla
concezione nietzscheiana della "storia archeologica", una
storia cioe' che non si fa vita, ossia interiorita' pulsante del singolo
Erleben, ma rimane estranea e contrapposta ad essa (25). Cosi', sembra necessario a questo punto
distinguere tra rapporto e contrasto vita-forme. Se
e' vero infatti che le forme nascono dalla vita, e dunque non vi e'
contrasto reale ma solo trasformazione all'interno della vita stessa,
come sia Cassirer che Aron sottolineano (76), pure bisogna porsi il
problema del livello al quale le forme debbano essere considerate come
emanazioni della vita. Se ci si pone al livello
del Leben, ossia a livello metafisico, senz'altro si devono
considerare le forme una promanazione della vita, necessaria perche' la
vita stessa si realizzi passando, direi quasi, dalla potenza all'atto.
Se e' vero, infatti, come dice Bergson, che la forma e' solo un simbolo
della vita, e quindi e' falsa rispetto ad essa, che e' l'unica verita',
e' pur vero che la forma e' necessaria perche' la vita
"esista" (27). In tal senso il contrasto forma-vita e'
risolvibile e assume anzi valore positivo (28) per la vita, perche'
ne stimola lo sviluppo (59). Mentre la forma e' dominata dall'idea e da
questa riceve coerenza e stabilita', la vita non si lascia imbrigliare
dall'idea, perche', di fronte al movimento incessante che la
caratterizza, la persistenza della forma scompare e viene travolta.
Questa chiave di lettura di un piano metafisico del Leben sul quale il
contrasto tra vita e forme e' risolvibile consente di sostenere che
l'oggettivazione e' il movimento dialettico attraverso cui la
vita, divenendo piu' che vita, diviene piu' vita (30), facendo rientrare
in se' tutte le opposizioni e tutti i conflitti (31). Infatti,
"Simmel [...] 'non contrappone i contenuti della vita secondo un
criterio definitivo con un segno positivo o negativo, ma li dispone
tutti in un'unica serie positiva'" (32), assegnando pertanto per un
verso legittimita' a tutte le forme in cui la vita si oggettiva, e per
l'altro, nel contempo, provvisorieta' ad ogni sintesi, nncessantemente
aperta a nuovi cicli dialettici (33).In tal senso, il momento della tesi
sarebbe rappresentato dalla vita intesa come Erleben e quello
dell'antitesi dalle forme (piu' che vita), mentre il superamento del
contrasto nella sintesi sarebbe inverato dalla Vita intesa come Leben
(piu' vita) che si autotrascende. Quest'interpretazione
darebbe al rapporto
Simmel/Hegel un nuovo significato, altre quello che tradizionalmente
accomuna le forme della cultura allo spirito oggettivo. Infatti,
"Gia' Jankelevitch, nel suo prezioso saggio del 1925 [34], scriveva
che 'l'eredita' hegeliana sembra aver lasciato tracce in questa
metafisica della cultura che esige che la vita sviluppi immediatamente
la sua negazione e l'assomna in una sintesi assoluta.' [...] Il tema
della vita e' dominante nella Fenomenopogia dello Spirito. 'La
vita non e' un genere accanto agli altri e neppure il genere sommo al di
sopra degli altri, bensi' il genere semplicemente, e anzi con
riferimento al fatto che il genere e' l'unico accadere in cui la vera
universalita' si realizza in modo vero, l'unita' unificante si specifica
in diverse forme reali senza essere spezzata' [...]." (35). In
questo senso, l'essere cbe noi attribuiamo alla forma e' dunqce una pura
idealita', una coerenza logica ma non reale di elementi che sone invece
in continuo movimento. E' questo l'unico vero essere: la vita.
"Nessuno saprebbe dire che cosa sia veramehte questo essere che
distingue l'oggetto reale dal suo contenuto [...] meramente logico.
Questo essere [...] appare come la corrente calda della vita, che si
versa negli schemi dei concetti delle cose [...] senza badare al fatto
che il loro contenuto e il loro comportamento siano diversi e
reciprocamente ostili." (36). Il conflitto potrebbe allora a questo
livello essere considerato analogo al contrasto tra inteltetto e Leben
inteso schopenhauerianamente come Volonta' che tutto riassorbe e
travolge. "La totalita'
si scinde nella contrapposizione polare tra [...] le rigide forme [...]
da una parte, e l'incessante infrazione delle forme appena irrigidite,
il costante mutamento [...] dall'altra." (37). Secondo tale
lettura, il riferimento a Bergson e' per Simmel la possibilita' di
andare ancora piu' indietro nell'esperienza (38): se il neokantismo e
l'oggettivazione lo allontanavano dal realismo conoscitivo per approdare
al simbolo, Bergson e il flusso vitale lo allontanano dal simbolo per
approdare al suo fondamento, il Leben. Cosi', se, come si e' or ora
visto, ponendosi al livello del Leben il conflitto e' risolvibile, se ci
si pone a livello di Erleben, ossia non di vita come
flusso universale inteso alla maniera bergsoniana, ma di vita
vissuta individuale, il conflitto tra vita e forme diviene
insanabile, diviene tragedia, perche' si gioca sul livello
empirico del singolo individuo, sul livello storico-psicologico (39),
(anche se e' necessario sottolineare che nell'ultimo Simmel il conflitto
non si situera' piu' solo al livello di Erleben, ma si polarizzera'
ontologizzandosi a livello metafisico: tutta l'oggettivita' da una parte
e tutta la soggettivita' dall'altra). In tal senso il conflitto potrebbe
venir considerato analogo al contrasto
tra universalizzazione e individualizzazione,
norma e liberta', sostanza e funzione, oggettivita' e
soggettivita'. Cosicche', mentre l'umanita' tutta riesce attraverso la cultura a
dominare sempre piu' la natura, il singolo non riesce a dominare la
cultura. Livello universale - metafisico - e livello individuale -
empirico - danno ognuno del contrasto vita-forme une propria lettura
secondo prospettive diverse, ma, come sempre in Simmel, non esclusive:
dal punto di vista del Leben, il contrasto assume un significato e un
contenuto diversi che dal punto di vista dell'Erleben.
Questa deviazione del discorso in direzione metafisica mi consente
di aprire a una possibile lettura in questa
chiave di tutto il percorso sin qui esperito
nel pensiero simmeliano. In tal senso appaiono illuminanti alcune
riflessioni di Kracauer. Nel suggerire che la tensione verso il
"dominio della totalita'",
sotteso a tutto il pensiero simmeliano, e' propria sia della
metafisica che dell'epistemologia, il critico infatti afferma che
Simmel: "[...] per raggiungere il suo scopo percorre due vie: la
via della teoria della conoscenza e quello metafisica. La prima lo porta
al relativismo negatore dell'assoluto, alla rinuncia di una sua propria
comprensione della totalita' e alla raffigurazione di molteplici
immagini tipiche del mondo. La seconda sfocia in una metafisica della
vita, in un grandioso tentativo di analizzare il mondo dei fenomeni a
partire da un principio assoluto." (40). Per Kracauer dunque
epistemologia e metafisica sono due metodi paralleli e non
esaustivi per
abbracciare la totalita' del reale, metodi di cui il primo ha appunto
condotto a quel prospettivismo conoscitivo cui qui si e' piu' volte
concluso nell'esaminare la teoria della conoscenza di Simmel. Dopo esserci dunque garantiti sulla liceita' di una tale dualita'
di letture del pensiero simmeliano, si puo' ora per brevi cenni tentare
di indicare alcune possibili linee
di lavoro per un itinerario in chiave metafisica nell'opera qell'Autore,
e concludere cosi' la nostra ricerca epistemologica.
Nel parallelo tra Simmel e Spinoza fatto nel terzo capitolo a
proposito di essere e valore come i due modi nei quali si estrinseca una
stessa sostanza, non si e' approfondito ulteriormente l'argomento.
Infatti si sarebbero potuti indagare sia il significato che
Simmel attribuisce a tale sostanza, sia il movimento secondo cui essa si
estrinseca. Anche se in Simmel non si riscontra, come ad esempio in Hegel, un
movimento della sostanza assoluta secondo stadi fissi e
immutabili che racchiudono la ricchezza del reale in un sistema - e cio'
rientra perfettamente in quell'asistematicita'
e apertura di pensiero che lo caratterizzano -, pure e' forse
possibile individuare una legge di movimento che determina i gradi
attraverso i quali quella sostanza si estrinseca. Ma prima di tutto e' necessario, per poter proseguire questa
lettura di un Simmel forse inconsapevolmente metafisico in tutta la sua
opera e non solo nell'ultima fase del suo pensiero, esplicitare a quale
sostanza Simmel si riferisca quando propone un parallelo con Spinoza:
quest'inconoscibile che nell'oggettivarsi "si fa" mondo e' il
Leben, il vero simbolo metafisico, il flusso vitale inarrestabile che
nella sua stessa essenza e' movimento puro. Il processo di oggettivazione cui sin qui il mio lavoro ha fatto
riferimento leggendolo in chiave epistemologica puo' quindi essere letto
in chiave metafisica come processo di oggettivazione del Leben. E' possirile dunque forse individuare nel dualismo tra essere e
valore il primo passaggio della legge di movimento della sostanza che
conduce alle forze del reale.
In quest'interpretazione essere e valore sarebbero cosi' i due modi
attraverso i quali avviene ia passaggio
dal livello
metafisico del Leben al livello empirico dei molteplici Erleben. A loro volta essere e valore, che al livello del Leben sono i modi
del suo estrinsecarsi, al livello degli Erleben devono ulteriormente
specificarsi in categorie o norme
originarie degli Erleben - estetiche, religiose, giuridiche, ecc. -
perche' ciascuno di essi
possa costituirsi la propria visione del mondo. Con queste forme
avverrebbe cioe' il passaggio dall'unita' dell'Erleben alla
molteplicita' degli Erlebnisse. Mentre
dal punto di vista del processo, del movimento, le forme
sono categorie psicologiche originarie, dal punto di vista
dell'oggetto, del risultato, secondo il modo dell'essere danno vita al
diritto, alla religione, ecc., secondo il modo del valore costituiscono
le forme oggettive della cultura attraverso le quali si oggettiva il
Leben inafferrabile. L'irrigidimento cui questa lettura conduce il pensiero simmeliano
viene forse attenuato dalla considerazione che la legge di movimento qui
solo intuitivamente abbozzata indicherebbe non gia' i contenuti, ossia
gli stadi fissi di Hegel o
di Cassirer (41), ma soltanto i gradi
di oggettivazione
del Leben (42). Il passo che segue sembrerebbe poter confermare
quanto fin qui supposto: "La cultura non avviene per un fine che la
'comprende'. Cassirer vede bene nella Fenomenologia hegeliana
quell'unificazione che in realta' divide in quadri, atti, pieces il suo
insieme. [...] L'introduzione di una necessita' che fonda ed esclude
richiede che essa sia a sua volta pensata 'fuori' o 'piu' in la''. E' il
segreto di ogni metafisica che gradualizza, gerarchizza. Ma se questo
luogo fuori mostra d'essere superfluo, un debito teologico che la
coscienza filosofica decide che e' saldato, allora l'oggetto necessitato
diviene auto-teleologico. Nel caso della cultura cadono le gradualita' -
arte, religione, filosofia - e restano le variabili come coesistenti. Le
forme sono 'formazioni storiche che non accolgono mai in modo
assolutamente adeguato la totalita' di quanto il mondo contiene', ma
sono certamente tutto cio' che ha senso in un'unita', indederminata, di
tempo, anche se, proprio per il fatto di non essere esaustive delle
possibilita', sono variabili." (40). Cio' esclude il pericolo di
trovarsi di fronte ad una filosofia della storia:
Simmel non
ha una
concezione della
storia finalisticamente intesa, che procede in modo lineare con stadi
fissi individuabili con precisione, come avviene invece in Cassirer e
Hegel. La storia e' per lui soltanto un continuo divenire, un processo
di differenziazione verso forme sempro piu' complesse, una forma il cui
contenuto non e' predeterminato ne' predeterminabile aprioristicamente,
ed e' quindi un risultato sempre aperto: essa procede asintoticamente.
In questa impostazione, oltreche' nella polarizzazione metafisica
tra vita e forme, consiste la modernita' del pensiero simmeliano.
Tra
metafisica e psicologia si inserisce dunque l'epistemologia: tra Leben e
Erleben le forme, nel loro contenuto logico, hanno costituito il nucleo
focale del mio itinerario di ricerca. Ora puo' forse emergere in tutte
le sue sfaccettature la legittimita' di una lettura epistemologica del
pensiero simmeliano.
Abstract: La logica dell'oggettivazione del valore e la logica
dell'oggettivazione dell'essere: l'interrelazione con la vita e il
movimento interno alla conoscenza come forma-valore. Forme oggettive
della cultura e terzo mondo popperiano. L'intersoggettivita' della forma
culturale e la sua dinamicita'. Valore della forma (culturale) e valore
del suo contenxto (logico). Logica culturale e logica concettuale:
l'oggetto come essere-per-noi e come essere-per-se'. Scambio e
formazione del valore: il valore come sacrificio. Simmel in rapporto
all'assolutezza del valore: il relativismo fondato nel Giudizio di un
soggetto empirico-trascendentale. Oggettivita' e intrinsecita' del
valore come risultati di un processo di oggettivazione: un paragone con
Rickert. La trasformazione della forma culturale da ponte a limite per
il soggetto: la tragicita' del rapporto vita-forme. Il piano del Leben:
il contrasto vita-forme come rapporto di antitesi dialettica e il
rimando a Hegel. Il piano dell'Erleben: il contrasto vita-forme diviene
irrisolvibile. Simmel filosofo della totalita' asistematica,
epistemologicamente e metafisicamente: la legge di movimento della
sostanza come legge di oggettivazione del Leben. I gradi
dell'oggettivazione: essere e valore a livello del Leben come modi,
dell'Erleben come forme. La differenza con Hegel e con Cassirer: i gradi
dell'oggettivazione nelle forme sono variabili nel loro contenuto. La
legittimita' di una lettura epistemologica tra metafisica e psicologia:
le forme nel loro contenuto logico tra Leben e Erleben.
Note al
capitolo quinto
1: Si puo' fare
riferimento, tra gli altri, agli
scritti:I problemi della filosofia della storia cit., Einleitung
in die Moralwissesschaft. Eine Kritik der ethischen Grundbegriffe,
Hertz, Berlin, 1892-1896, Schopenhauer e Nietzsche, Paravia,
Torino, 1923, Il conflitto della cultura moderna e altri saggi
cit., Brucke und Tur. Essays des Philosophen zur Geschichte,
Religion, Kunst und Gesellschaft, Koehler, Stuttgart, 2: Tra la bibliografia critica su questo argomento vorrei
ricordare, oltre alle introduzioni spesso illustri apposte alle opere
simmeliane, come quelle di Banfi: Bauer I., Die Tragik in der
Oxistenz des modernen Menschen bei Georg Simmel,
Duncker&Humblot, Berlin, 1962, Calabro' G., "Situazione e
decisazione. Sui conflitti morali in Georg Simmel", in AA.VV., L'etica
della situazione, Guida, Napoli, 1968, Cassirer E., Sulla logica
delle scienze della cultura, 3: Simmel considera il reale una forma, una categoria della vita
accanto al concettuale, l'artistico, il valutativo, ecc. Cfr. Simmel G.,
Intuizione della vita cit., p.171 sg.
4: Idem, Il conflitto della cultura moderna cit.,
p.105.
5: Idem, Filosofia del denaro cit., p.636 sg.
6: Cfr. Cavalli A., Introduzione a Ibidem, p.31 sgg.
Nel chiarire l'accezione epistemologica in cui si assumeva in questa
sede il concetto dd oggettivazione, si era gia' fatto riferimento al
diverso significato datogli da Cavalli. Vedi cap.III, par.3.1 del
presente lavoro.
7: Cassirer E., Sulla logica delle scienze della cultura, 8: Ibid., p.106.
9: Cfr. Simmel G., Arte e civilta' cit., p.92, e in gen.
pp.90-97.
10: Ibid., p.103.
11: La si e' ampiamente descritta nei capp.III e IV di questo
lavoro. Simmel afferma che
nella creazione di un'opera il soggetto guarda al significato obiettivo,
all'idea di quell'opera, e
non al suo valore culturale.
Cfr. Ibid., p.107.
12: Cavalli A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del
denaro cit., pp.22-39.
13: Cfr., anche per il proseguimento del discorso, Simmel G., Filosofia
del denaro cit., pp.129-137.
14: Ibid.,
p.131.
15:
Ivi.
16:
Ibid., p.106.
17: Ibid., p.119.
18: Ibid., p.513. 19: Partendo proprio dal contrasto vita-forme, Dino Formaggio da'
una nuova lettura di Simmel come filosofo della controprassi,
rappresentata dalla forma che si oppone alla prassi della vita sino a
ucciderla. La vita avrebbe dunque dentro di se' un impulso di morte,
un'antivita che le si opporrebbe come nella freudiana lotta tra Eros e
Thanatos. Cfr. Formaggio D., Introduzione a Simmel G., Arte e
civilta' cit., pp.10-12.
La conferma
simmeliana a
questa strana interpretazione e' nel bellissimo saggio "Metafisica della
morte", in cui Simmel tra l'altro dice che la forma, come
confine della cosa, ha rapporto con il suo Non-piu'-essere. Vedi
Simmel G., Arte e civilta' cit., in partc. p.67.
20: Cfr. Ibid., p.100.
21: Cfr. Idem, Intuizione della vita cit., p.112.
22: Le forme oggettive della cultura di cui parla Simmel sono state
paragonate da molti suoi critici allo
spirito oggettivo di Hegel. Tra gli altri, Racinaro, che, riferendosi al
Simmel dei Problemi fondamentali della filosofia, considera lo
spirito oggettivo di Hegel la categoria che rende possibile a Simmel
l'individuazione del concetto di vita come mediatore tra gnoseologia e
metafisica. Cfr. Racinaro R., Il futuro della memoria cit.,
p.231, e piu' in gen. le pp.232 sgg.; e ancora Cfr. Cavalli A., Introduzione
a Simmel G., Filosofia del denaro cit., p.31 sg.
23: Cfr. Simmel G., Filosofia del denaro cit., p. 634 sg.
24: Come si e' gia' ricordato nel cap.IAI, n.1, a questo tema
dell'alienazione e al rapporto Simmel-Marx Cavalli dedica un paragrafo
della sua introduzione alla Filosofia del denaro. Cfr. Cavalli
A., Introduzione a Simmel G., Filosofia del denaro cit.,
p.31-37.
25: Cfr. il saggio di Simmel G., "La metropoli e la vita
mentale", contenuto in Wright Mills C., Immagini dell'uomo
cit., passim.
26: Cfr. Cassirer E., Sulla logica delle scienze della cultura
cit., p.100 sg., e Arpn J.P., La philosophie critique de l'histoire.
Essai sur une theorie allemande de l'histoire (oppure:la theorie de
l'histoire dans l'Allemagne contemporaine), Vrin, Paris, 1966, cap.III
pp.159-218 e nota p.307.
27: E' questa la critica che Simmel muove a Bergson. Cfr. Simmel G., "Henry Bergson"
cit., p.91 sg. A proposito di questo saggio, Raymond Aron, nell'op. cit.,
afferma che l'influenza di Bergson su Simmel si arresta alla centralita'
del concetto di vita, e non comprende anche l'inclusione all'interno di
tale concetto del contrasto vita-forme come necessario modo della vita
di esistere. Per questo rapporto tra forma e attivita', e per la
necessita' dell'oggettivazione in una forma, vedi cap.III, par.3.5
28: Mi sembra interessante ricordare che dal punto di vista
sociologico Simmel da' al conflitto un valore positivo:
rappresenta anch'esso una forma di associazione, una forma di
interazione reciproca tra individui, perche' e' dotato di un'unita' di
senso che soltanto l'apparenza non svela. Cfr. Simmel G., Sociologia
cit.
29: E' questa quella che viene considerata la svolta matafisica
dell'ultimo Simmel, il Simmel dell'Intuizione della vita.
30: Cfc. Simmel G., Intuizione della vita cit., p.111 sg.
31: In cio' il Leben potrebbe esser considerato analogo
all'universale.
32: Cfr. Calabro' G., Introduzione a Simmel G., L'etica e
i problemi della cultura moderna cit., p.22.
33: Introducendo implicitamente una lettura dialettica del rapporto
vita-forme, Calabro' sottolinea che e' necessario "escludere ogni
sintesi risolutrice e pacificatrice". Cfr. Ibid., p.28.
34:
Cfr. Jankelevitch V., "Georg Simmel. Philosophie de la vie", in Riv. "Revue de Metaphisique et
de Morale", 32, pp.213-257 e pp.373-366.
35: Papi F., Prefazione a Simmel G., I problemi
fondamentali della filosofia cit., p. XXXV. 36: Cfr. Simmel G., Filosofia del denaro cit., pp.692-697,
pp.714-718 e citaz. p.699.
37: Cfr. Kracauer S., La massa come ornamento cit., p.50.
38: Vedi Racinaro R., Il futuro della memoria cit., p.233.
39: In riferimento alla n.29, questo e' invece il livello che
include anche le analisi sociologiche di Simmel, a partire dalla Filosofia
del denaro.
70: Cfr. Kracauer S., La massa come ornamento cit., p.49 e,
per la citaz., p.50.
41: Vedi lo sviluppo delle forme simboliche in Cassirer E., Filosofia
delle forme simboliche, 42: Nonostante cio', Papi afferma che nelle forme oggettive di
Simmel "Non c'e' reale indipendenza teorica sul modello concettuale
dell'idealismo hegeliano." Cfr. Papi F., Prefazione a Simmel
G., I problemi fondamentali della filosofia cit., p.XXXVII.
43: Cfr. Ibid., p. XXII.
Nota
bibliografica
Per le opere dell'Autore, si e' seguito il solo criterio
cronologico, lasciando alle regole bibliografiche usate il compito di
rendere possibile la distinzione tra saggi, articoli, opuscoli e volumi.
Si e' pero' contemporaneamente voluto dare rilievo a quei saggi,
articoli e opuscoli tradotti in miscellanee italiane, anche se cio' ha
provocato a volte la ripetizione di alcuni titoli in originale, perche'
inclusi in piu' miscellanee. Cosi', si sono citati i titoli in lingua
originale, seguiti dalla sede della loro prima pubblicazione, ma,
proprio per dare risalto alle
raccolte disponibili in lingua italiana, si e' preso, come riferimento
cronologico per la posizione nell'elenco bibliografico, il primo titolo
che compare nel volume in italiano, a cui fanno seguito tutti gli altri
secondo il loro ordine nel medesimo volume. Cio' ha comportato che
spesso alcuni saggi, opuscoli o articoli pubblicati in lingua originale
in anni piu' tardi si trovino nell'elenco, per la loro presenza in tali
miscellanee italiane, in posizione avanzata rispetto ad altri, scritti
invece dall'Autore in precedenza. Per quanto riguarda il titolo in italiano di saggi, opuscoli
o articoli confluiti in volumi miscellanei ovviamente nella nostra
lingua, lo si e' riportato soltanto nei casi in cui il volume
miscellaneo nel quale compaiono comprende non solo "pezzi"
dell'Autore, ma anche di altri. Yorrei precisare, inoltre, che la bibliografia delle opere di
Simmel, cosi' come quella sulla letteratura critica che a lui fa
riferimento, qui di seguito riportate, comprendono non soltanto i titoli
consultati, ma anche numerosi altri, pur non volendo tali bibliografie
risultare in alcun mido esaustive del materiale a disposizione degli
studiosi, che e' vastissimo in ognuno dei due settori. Per maggiori
approfondimenti, si rimanda percio' all'accurata "Nota
bibliogracica" di Lucio Perucchi, inclusa nella Filosofia del
denaro, oppure al classico Buch des Dankes an Georg Simmel, a
cura di Michael Landmann e Margarithe Susman. Infine, vorrei segnalare, tra la letteratura critica, un
recentissimo volume sull'epistemologia simmeliana di cui mi e' giunta
voce, ma di cui pero' posso soltanto sfortunatamente fornire il luogo di
pubblibazione, Monaco.
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